Tredici anni fa il Milan conquistava la sua settima Champions League, nella finale di Atene contro il Liverpool. Il protagonista assoluto di quella cavalcata fu il brasiliano Kakà, che ha ricordato quella vittoria in un’intervista concessa a MilanNews. Kakà ha parlato delle emozioni di quella gara, soffermandosi anche sulla semifinale:
SU MANCHESTER – «Furono due partite spettacolari. A Manchester la ribaltammo con una mia doppietta, il secondo gol lo considero uno dei più belli della mia carriera. Rooney però segnò il 3-2 all’ultimo minuto e vinsero loro. Dovevamo vincere il ritorno in casa: li mettemmo subito sotto pressione, segnai il primo gol a inizio partita, poi fecero gol Seedorf e Gilardino. Molti la considerano la partita perfetta, in effetti è una delle partite più belle della storia del Milan»
LA FINALE – «Era un segno divino, non era una coincidenza. Non mi piace definirla una vendetta, è troppo. Era qualcosa di meraviglioso, di magico. La squadra era diversa, non c’erano Shevchenko, Stam e Crespo. Ma l’ossatura era la stessa, c’erano quasi gli stessi giocatori. Fu una finale diversa, c’era la paura che potessero batterci di nuovo. Fu meraviglioso, una sfida passata alla storia».
I GOL DI INZAGHI – «Pippo iniziò a correre senza guardare la palla. Lui sperava in una respinta del portiere: Pirlo batte e lui sta già correndo per prendere la respinta. All’intervallo non ricordo le parole di Ancelotti, ma c’erano indicazioni tattiche. Eravamo ben messi in campo. Nel secondo gol si può vedere che in attacco c’eravamo solo io e Pippo. Io conoscevo perfettamente i suoi movimenti. Sapevo già cosa avrebbe fatto. Mi sono preparato per l’assist, fu tutto così preciso. Si allargò per avere più spazio per calciare, è una questione di dettagli. L’intesa con lui era incredibile, ma ho avuto feeling con tutti gli attaccanti con cui ho giocato. Pippo era un grande attaccante, spesso imprevedibile. Non ti facEva mai capire come calciava».
GOL DI KUYT – «Fu una sensazione terribile. I fantasmi del 2005 tornarono, fu una guerra di nervi. Quella sensazione che potesse succedere di nuovo mi condizionava. Il morale era basso. Ci pensai subito appena segnarono. Abbiamo stretto i denti. Quella partita è stata una guerra di nervi. Dovevamo tenere duro e alla fine abbiamo festeggiato».
FESTEGGIAMENTI – «Tutti avevamo emozioni diverse. Per me era la prima Champions. Pensai di essere finalmente riuscito a realizzare uno dei miei sogni. Per Paolo era la quinta, e i suoi festeggiamenti erano diversi rispetto a chi la vinceva per la prima volta. Fu bellissimo, era la chiusura del cerchio perfetto: abbiamo fatto la storia ed è stato bellissimo».