Questa sera, nella sfida contro il Villareal, il Real Madrid può matematicamente fare spazio in bacheca per La Liga numero 34, la quinta da quando Sergio Ramos ha messo piede nel mondo madrileno. Era il lontano 2005 e l’allora difensore spagnolo, diciannovenne, approdava dal Siviglia con 25 milioni di motivazioni – tanto il costo del cartellino – per scrivere il futuro più roseo possibile per club e giocatore.
Fascia al braccio
Ci sono vite che capitano e vite da Capitano. Sergio Ramos ha preso la seconda strada, forse quella più difficile. Il tempo gli ha dato ragione e il talento gli ha dato del tempo per metterlo in atto. Ad oggi, superata la soglia dei trent’anni da quattro stagioni, il difensore spagnolo può ritenersi non soddisfatto di ciò che ha raggiunto – la fame è ciò che lo contraddistingue -, ma sicuro di essere uno dei difensori più forte al mondo. Non vogliamo snocciolare numeri, statistiche e record – tra l’altro sia di presenze con la maglia della nazionale che di cartellini, rossi o gialli che siano. Preferiamo celebrare il Sergio Ramos uomo – prima – e professionista – poi.
La cattiveria agonistica
Uomo e professionista si fondono insieme dentro di lui. L’ha mostrato lui stesso in un docu-film sulla sua carriera nonché vita privata – “El corazón de Sergio Ramos”, disponibile su Amazon Prime. Racconta il dietro le quinte di un pluri-campione come lo spagnolo: tante comparse, pochi attori protagonisti e molti abiti da cambiare per ogni scena, sempre diversa. Ciò che diventa difficile, e che agli occhi dei tifosi può sembrare la cosa più banale da fare, è dividere i comportamenti del campo da quelli tenuti fuori dal rettangolo verde. Se di lui si conosce la sua cattiveria agonistica tra i due fischi più lunghi di un arbitro, finita la partita quella rabbia va rinchiusa dentro lo spogliatoio in attesa del match successivo. Compito non facile, ma che Ramos svolge bene, tanto da venerare il calcio posizionandolo al di sopra della famiglia. Un episodio raccontato da Paqui Ramos, madre del calciatore spagnolo, rende bene l’idea:
NASO ROTTO – «Sergio e suo fratello maggiore René hanno giocato contro una sola volta. Ricordo che era una partita amichevole. Nel primo duello in area Sergio gli ha rotto il naso e René gli ha urlato: ‘Sono tuo fratello”. Ma lui gli ha risposto: “Nel calcio non esistono fratelli‘».