di Lorenzo Semino
«Dentro e fuori, rischiamo e vinciamo». Tradotto in maniera grossolana, era questo il motto dei mercanti di passaggio nella città di Brema.
Discesa libera
Un decennio di lento declino ha portato il Werder fino alle soglie del baratro della Bundesliga, per loro fortuna senza mai finire oltre. È capitato a una nobile decaduta come l’Amburgo, squadra che proprio i biancoverdi hanno superato nelle partecipazioni al massimo campionato tedesco: 56 in 57 anni di Bundes. Tutto grazie alla vittoria nello spareggio salvezza contro i vampiri dell’Heidenheim. E pensare che nell’aprile del 2009, Amburgo e Werder si giocavano un posto in finale di Coppa UEFA. Passano gli anni, restano Claudio Pizarro e i ricordi di una squadra d’altri tempi. Quelli che hanno anticipato la nascita del decennio di duelli fra Bayern Monaco e Borussia Dortmund, quelli in cui sognare di alzare un Meisterschale non era proibito. «Rischiare e vincere», appunto. Nel 2007 toccò allo Stoccarda e nel 2009 al Wolfsburg di Dzeko e Grafite: 54 gol in due, meglio della coppia Messi-Eto’o al Barcellona, che quell’anno vinse la Champions League.
A Brema c’erano riusciti già nel 2004, ma il Werder che salta più agli occhi è nato qualche anno dopo. Il primo titolo nel nuovo millennio arriva sotto la gestione Thomas Schaaf, uno che di coppe e campionati con quella maglia ne aveva vinti anche da calciatore. Nei suoi 14 anni in sella, al Weserstadion ne ha visti passare di ogni tipo. Da Klasnic a Micoud, da Valérien Ismaël all’italo-canadese Paul Stalteri. Ha persino lanciato Charisteas alla vigilia dell’Europeo con la maglia della Grecia. All’epoca fu convocato da Otto Rehhagel, leggenda guarda caso proprio della storia biancoverde con 3 campionati e 7 titoli conquistati in 5 anni di gestione.
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Fantasia al potere
Negli anni a seguire, se la squadra non ha smesso di brillare anche senza vincere, sarà stato anche per quei due: Diego Ribas da Cunha e Mesut Özil, gol da 63 metri (contro l’Alemania Aachen) e passaggi millimetrici, due numeri 10 sulla bocca di tutti nel 2010. Il brasiliano da talismano in Germania a delusione con la Juventus, il turco-tedesco un colpo del Real Madrid dopo un Mondiale da protagonista in Sudafrica. Oggi gioca all’Arsenal, dove ha ritrovato Per Mertesacker, colonna portante della difesa martoriata da troppi infortuni. Hummels o Subotic? Naldo o Mertesacker?
Bestia nera
Dannato Werder, dalle stelle della Champions agli spareggi salvezza nel giro di un decennio. Dannato come una punizione del difensore brasiliano, un tiro da fuori di Torsten Frings, un inserimento da lontano di Aaron Hunt.
Per non parlare di attaccanti: i tifosi del Milan hanno digerito a fatica i gol di Hugo Almeida e Claudio Pizarro in semifinale di Coppa UEFA, quelli della Samp hanno visto Rosenberg frantumare i sogni di accesso in Champions League proprio all’ultimo respiro e dopo una rimonta sontuosa targata Cassano-Pazzini. Nel 2006 alla Juventus era servita una svista di Wiese per poter tirare un sospiro di sollievo. Ailton? Capocannoniere di professione, e al diavolo qualche chilo di troppo. Dalla finale di Istanbul persa ai supplementari, contro uno Shakhtar molto brasiliano, allo spareggio salvezza contro un Heidenheim tutto tedesco, vinto a testa bassa dopo un campionato da buttar via.
Futuro
Come se non bastasse, i giovani più promettenti (Rashica) e i più esperti (Klassen) potrebbero lasciare nelle prossime settimane. Alcuni si sono già svincolati, come Langkamp e Bargfrede, diretti verso altre piazze.
La scritta dei mercanti di Brema, quella resta incisa sui muri del mercato. Dannato Werder, tu che fine hai fatto? Squadra senza sosta e senza mezze misure, nel bene e nel male, in casa e in trasferta. «Dentro e fuori, rischiamo e vinciamo».