Grazie a Nike, Cronache di Spogliatoio ha avuto l’opportunità di intervistare 4 coppie formate da un campione del Mondo e da un talento della Nazionale di oggi. Un giovane del presente che incontra il proprio idolo. L’ultimo contenuto realizzato è stato quello insieme a Gianluca Zambrotta e Leonardo Spinazzola: il campione del Mondo ha raccontato la propria carriera, dispensando consigli per l’esterno della Roma.
IL MANCINO PURO – «Terzini destro mancini ce ne sono stati pochi fino a oggi. Ricordo Cabrini, Roberto Carlos, Grosso: mancini puri che con il destro salivano solo le scale o premevano l’acceleratore. Credo sia dovuto a questo, il mancino puro ci nasce e difficilmente si adatta. Il destro riesce ad adattarsi a sinistra, ci possono riuscire tutti con l’impegno e con la dedizione ma il mancino puro nasce così e non si può snaturare».
ALLENAMENTI – «Chi è abituato a giocare in fascia, o il centrocampista che si inserisce e poi deve difendere, è un giocatore che difficilmente sente la fatica e tutti i lavori aerobici. Il classico allenamento del martedì pomeriggio, quando la settimana era dal martedì alla domenica, era lavoro aerobico. In ritiro estivo lavoravamo sugli 800-1000 metri, poi si faceva fondo. Questo lavoro oggi è cambiato, le grandi giocano ogni 3-4 giorni e il lavoro atletico è diverso rispetto a 3 anni fa. Non facevo fatica a fare lavoro di corsa, era la mia caratteristica principale, sono dovuto migliorare sotto l’aspetto tecnico. Mi sono dovuto adattare a sinistra, se un destro lo fa e imposta dal basso deve cercare di ricevere con il sinistro, cercare il passaggio giusto col sinistro. C’è un lavoro di allenamento dietro. Uno come Spinazzola usa molto il destro, lo vedo raramente impostare con il sinistro, anche se lo usa sul fondo. Migliorare sempre fa parte del professionista e del grande giocatore. Lavori che ho odiato sono quelli come la navetta, dove arrivavi a vomitare. Quelli erano i più tosti, i lavori sul fondo erano meno impegnativi perché avevo la corsa come dote principale».
CAMBIO DI RUOLO – «Quando sono arrivato alla Juventus Lippi mi ha spostato, come Bisoli con Spinazzola a Perugia. Ricordo che io a Como in Serie C giocavo da attaccante esterno o da seconda punta, a Bari ho fatto la seconda punta in Serie A e poi mi hanno spostato dietro. Quando arrivi in una grande squadra e inizi a sbagliare in partita due o tre palle che devi dare a Ibrahimovic o a Del Piero, alla quarta non la giochi più. Dopo ti mandano a quel paese. Giocare con grandi campioni ti genera il fatto di stare sempre sul pezzo e fermarti mezz’ora dopo in allenamento a fare tecnica, lanci e cross di precisione. Questo ti permette di migliorarti giorno dopo giorno».
SCARAMANZIA – «È un po’ dappertutto, non solo nel calcio. C’è sempre stata e ci sarà sempre, non costa niente essere scaramantici. Se ti va bene lo farai sempre, se ti fa male cerchi di cambiare qualcosa. Ricordo gesti scaramantici da Gattuso ai Mondiali che si è tenuto la felpa da allenamento con 35 gradi, sia in campo che in ritiro aveva questa felpa che faceva quasi la schiuma dal caldo. Ricordo Pippo Inzaghi con la bresaola e la pasta in bianco e una piccola parte col pomodoro. La maglietta bucata intima sotto la maglia da gara, sono cose che fanno spogliatoio. Io non avevo un gesto particolare, poteva capitare che mi allacciassi prima la scarpa sinistra e poi la destra. Facevo alcuni riti prima di entrare, se andava male evitavo di farlo e lo facevo la partita successiva».
INFORTUNI – «Per fortuna non ho avuto gravissimi infortuni, quello più lungo è stato la quasi rottura dell’adduttore al Mondiale 2002 contro la Corea. Lì sono stato fermo quasi 3 mesi e mezzo. È stata dura ma ricordo che da piccolino, nel settore giovanile del Como, l’infortunio più difficile è stato una distorsione alla caviglia. Avere la famiglia vicino che ti dà supporto aiuta, ma soprattutto devi essere seguito da un professionista bravo a darti i consigli giusti. Questo è fondamentale, è il consiglio che do ai ragazzi. Quelli che giocano nei settori giovanili professionistici sono più seguiti, ai dilettanti consiglio di andare sempre da un professionista per curare un infortunio. Quello che ho avuto ai Mondiali, era il 2002 e avevo 25 anni circa, non ha creato particolari problemi. Sei giovane e hai voglia di recuperare, sei con il fisioterapista ogni giorno. Prima del Mondiale 2006 mi ero fatto male in un’amichevole a Coverciano, salto la partita inaugurale con il Ghana e anche lì mattina e pomeriggio con il fisioterapista, cure su cure, seguire l’alimentazione, seguire quello che ti dice il medico o il fisioterapista, cercare di recuperare il prima possibile».