Berni a cuore aperto: «Mi mancherà la panchina di San Siro ed io mancherò a lei»

by Redazione Cronache

Tommaso Berni, ex portiere dell’Inter, ha rilasciato una lunga intervista a GianlucaDiMarzio.com, nella quale ha raccontato diversi aneddoti della sua esperienza in nerazzurro.

LA FIGLIA DEVA – «È nata il 3 marzo, pochi giorni prima che il coronavirus chiudesse l’Italia. Ho vissuto tutte le 18 ore di travaglio, è stata un’esperienza unica».

ADDIO ALL’INTER – «Era nell’aria, sapevamo che sarebbe tornato Radu. Ho vissuto un sogno, mai da bambino lo avrei immaginato. Ho condiviso lo spogliatoio con grandi campioni e non smetterò mai di ringraziate Zhang, Marotta e Piero Ausilio. Adesso serve qualcuno che mi voglia».

NUOVA AVVENTURA – «So che non sarà facile trovare una squadra, ma non ho la presunzione di diventare di colpo protagonista. So quale è stato il mio ruolo negli ultimi anni e credo che rimarrà quello».

RITIRO – «Non ci ho proprio pensato, sto meglio adesso di quando ne avevo 20».

RUOLO DA TERZO – «L’ego è una brutta bestia. C’è un obiettivo superiore, cioè che la squadra vinca, poi c’è la passione, per il ruolo e nell’aiutare i compagni in difficoltà. Io arrivavo al campo con il sorriso. L’Inter per me era un sogno e cercavo di trasmettere questa gioia».

VOGLIA DI GIOCARE – «La voglia di giocare ce l’ho sempre avuta. Ogni martedì arrivavo al campo con l’obiettivo di allenarmi al massimo per giocare la domenica. Anche a 10 anni ero l’ultimo ad andarmene per la disperazione di mia madre. A volte i tifosi non mi riconoscono neanche, questa è la fortuna di non essere tanto famoso».

SOCIAL – «Li uso solo per ricordarmi i compleanni dei compagni. Avrò al massimo 4 foto di me in campo, per me la vita non è solo calcio».

TANTA PANCHINA – «Quando giochi, resti concentrato e non noti nulla, da fuori, invece, vedi tutto. Accumuli adrenalina che però non puoi scaricare e quando ti ritrovi l’arbitro li..Le due espulsioni? La prima volta sbagliai e chiesi scusa a tutta la terna. La seconda, però, fu eccessiva. Non feci niente di offensivo, ma con lo stadio vuoto si sentiva tutto. Dissi solo un porca t***. Per questo, dopo la partita con il Parma, andai nello spogliatoio dell’arbitro con fare minaccioso Gli dissi: ‘Ora mi offri da bere. E fidati che, quando bevo, bevo tanto!’ Scoppiarono tutti a ridere. Ai compagni poi regalai un paio di AirPods».

SALUTO AI COMPAGNI – «Tanto ho ancora tutta la mia roba ad Appiano, quindi ho la scusa per tornarci. Mi piacerebbe organizzare una cena, offro io».

DA BAMBINO – «Ero l’unico a non avere paura di tuffarmi sulla terra o sul cemento e allora finii in porta, anche per imitare mio fratello. Iniziai a fare provini su provini e arrivò l’Inter. Che emozione, dopo gli allenamenti sfidavo il gelo e mi mettevo a guardare i vari Ronaldo, Vieri e Recoba da dietro i cartelloni pubblicitari. Rischiavo di tornare a casa con 40 di febbre, ma non mi importava».

NUOVAMENTE INTER – «Ero al Torino, dove non mi avevano mai dato una possibilità. Chiesi al mio procuratore di poter andare a giocare altrove. Un giorno mi chiama e mi dice dell’Inter: ‘Dai ,non mi prendere in giro, trovami qualcosa. Va bene anche in B’» Ok, mi fa. Probabilmente non ci credeva nemmeno lui. Poi mi chiamò ancora e mi disse che mi volevano davvero».

PANCHINA DI SAN SIRO – «Comunque vada sarà un successo, è sempre stato il mio motto. Dispiace lasciare l’Inter, anche perché sono convinto che presto alzerà trofei importanti. Mi mancherà la panchina di San Siro. E io mancherò a lei. Non ci sarà più un matto che esulta ad ogni gol o che si faccia buttare fuori».