di Giacomo A. Galassi
Alberto Brignoli nell’immaginario del calcio italiano rischia di essere ricordato soprattutto per quel gol al Milan all’ultimo minuto, quando in tuffo quella volta non parò un tiro, ma segnò il 2-2 che dette al Benevento il primo punto in campionato. Ma c’è molto di più, a cominciare dall’Empoli dove il portiere lombardo si appresta a giocare la seconda stagione da protagonista: «Ci siamo, sabato comincia un campionato che si prospetta piuttosto strano – ha raccontato in esclusiva a Cronache di Spogliatoio. Si è ridimensionato tutto, ma l’ambizione mia e dell’Empoli resta quella di tornare in Serie A. Anche se rispetto allo scorso anno non siamo più i favoriti, le carte sono molto più mischiate: la B è tornata combattuta e competitiva come non lo era da un po’ e per noi sarà importante prima di tutto salvarsi, poi puntare alla A».
Benevento tra passato e presente
Il viaggio nella storia del portiere classe ’91 non può non partire da Benevento, squadra che gli ha dato la possibilità di giocare una stagione da titolare in Serie A e che adesso si appresta a rigiocare il massimo campionato italiano: «Il progetto di ricostruzione cominciò già nel gennaio dell’anno in cui giocavo io, cambiando il direttore sportivo e chiamando Pasquale Foggia. Ha dato un’impronta diversa al club, più competitiva e ambiziosa. Ha fatto il mestiere di giocatore per vent’anni e conosce benissimo le esigenze delle squadre, oltre ad avere un ottimo rapporto con il presidente Vigorito, cosa non semplice. Il presidente è una persona di cuore ma aveva perso un po’ di fiducia in alcune persone e Foggia è stato bravissimo a fargli tornare l’entusiasmo giusto. Non è un caso che da quel momento i risultati sono radicalmente cambiati. Che si salvino quest’anno non mi sento di dirlo, però di sicuro è il loro obiettivo».
«Il gol? Festeggiai, ma neanche più di tanto»
Brignoli e Benevento sono associati anche per lo storico gol contro il Milan: «Forse mi rendo conto più adesso di quanto sia stato particolare quel momento. Lì per lì non pensai neanche che avrei fatto gol, anche se mentre salivo me lo stavo immaginando. Quando Cataldi stava per battere la punizione mi sono visto la scena di come poi è andata veramente, quello è stato davvero particolare. Il rientro negli spogliatoi fu bello, con tutti i compagni ed il presidente. L’ho apprezzato un po’ di più con il tempo però: in quel momento venivamo da un campionato terribile e non me la sentivo di festeggiare più di tanto. Il clima era difficile: eravamo in una situazione pessima, festeggiare non è stato facile ma è stato un momento storico».
L’esperienza alla Juventus
Andando a ritroso, nel calcio che conta fu portato dalla Juventus nel 2015: «Andai in bianconero dopo sei campionati di gavetta, a Torino è stato il coronamento del mio sogno. Ci sono stato poco perché c’erano sempre tanti portieri e non avevano bisogno di me. Quando è servito però ci sono sempre stato: nel 2015 ho lavorato con Allegri e me la sono goduta tutta. Mi ha impressionato per come gestisce i ragazzi. Lì, come anche alla Sampdoria, sono tutti professionisti che non sono lì per caso. Non c’è bisogno di spremere o allenare nel vero senso della parola: ogni giocatore è una piccola azienda al servizio della squadra. Ti alleni da solo, mangi bene e ti viene dato tutto per poi dare il meglio nella tua ora e mezza in campo. Per dire, non importa insegnare la diagonale. Io comunque me la son goduta tutta: arrivavo prima agli allenamenti e non mi perdevo un secondo perché mi sembrava di sognare».
Buffon, Chiellini e Barzagli come non te li aspetteresti
Chi lo impressionò? «Ovviamente Buffon. All’inizio della carriera con il talento che aveva non era fissato con la preparazione. Invece poi si è messo a lavorare e migliorare anche dal punto di vista atletico. Ma lui, come Chiellini e Barzagli, sono speciali per la disponibilità che mostrano. Sia nei confronti dell’allenatore ma anche nei confronti dei ragazzi: non dicevano mai una parola fuori posto. È stato bello vederli da vicino».
Dopo la Sampdoria vola in Spagna
«L’esperienza in Spagna è stata strana. Mi volevano già a gennaio, poi decisi di andarci l’estate dopo in Liga. Mi avevano promesso il posto da titolare, ma le cose quando sono arrivato non stavano proprio così. Probabilmente a quel punto ho un po’ storto il naso e potevo giocarmi meglio le mie carte. Come esperienza umana però in Spagna è molto diversa la vita di un calciatore. Lì lasciano vivere liberamente la vita privata. Se tu vuoi uscire la sera, a nessuno interessa a patto che ti alleni al massimo il giorno dopo: non ci sono tutti quei tabù che ci sono in Italia».
Tra techno e vita tranquilla: la vita privata di Brignoli
«Il Brignoli fuori dal campo è un ragazzo normalissimo. Amo molto la musica e mi piace anche farla, soprattutto la techno. Ho una stanza in casa tutta organizzata per i miei set e per fare musica. Per il resto vivo il calcio con tranquillità: mi piace, ma lo vivo come un lavoro, quando posso stacco». Ma c’è una squadra di A per cui tifa? «Non direi proprio che la tifo, però mi piace molto l’Atalanta. Essendo di Bergamo mi sono appassionato negli ultimi anni al loro progetto sportivo. Hanno fatto un qualcosa di incredibile».