Il trequartista del Friburgo e della Nazionale italiana, Vincenzo Grifo, si è raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.
SERIE A – «Perché non ci ho mai giocato? Le occasioni ci sono state, ma forse non erano maturi i tempi. Lazio? Avevo 18 anni e Tare era intenzionato a tesserarmi per i biancocelesti, mi voleva a tutti i costi a Roma. Ma insieme ai miei parenti decisi che era meglio stare vicino alla mia famiglia. Ero troppo giovane. Era la prima volta che uscivo di casa e preferimmo la vicina Hoffenheim».
FIORENTINA – «È successo nell’estate del 2019: ero di nuovo all’Hoffenheim e quella proposta sulle prime mi sembrava interessante ma, mentre riflettevo, il club viola prese Ribery e Boateng. E a quel punto era meglio rimanere in Germania».
ITALIA – «Con Evani nell’Under 20 giocavo e segnavo ed è stato bello che contro l’Estonia ci fosse proprio lui in panchina. Devo tanto a lui, ma soprattutto sono grato al c.t. Mancini che mi ha voluto in questo bellissimo gruppo. Mi sono sentito subito in una famiglia e ora devo ripagare la fiducia di tutti loro».
SOGNO – «Spero di meritarmi la convocazione per l’Europeo. So che non è scontato e devo impegnarmi al massimo per raggiungere questo traguardo. Intanto nel Friburgo sono partito con due gol e quattro assist. Ce la metto tutta».
FUTURO – «Sono orgoglioso di essere italiano e mi piacerebbe giocare un giorno in Serie A. Ma a 27 anni devo essere razionale: cambio solo per un’opportunità vera. Insomma, se arrivasse una grande, mai dire mai. Per cambiare avrei bisogno di un progetto. In passato, almeno due volte, ho sbagliato a cambiare club. Perciò mi sono ripromesso di non farmi prendere dalla fretta. È fondamentale trovare un allenatore che creda in te. Con Mancini è andata proprio così».
INTER – «Se è vero che tifo per i nerazzurri? Avevo sette anni quando mio nonno e mio padre mi regalarono la felpa di Roby Baggio: quei colori nerazzurri mi stregarono subito. Ma ora sono un professionista, ho messo alle spalle le passioni da bambino».