Con il gol forse più facile della sua carriera, Cristiano Ronaldo si porta a quota 750 marcature in carriera. Una cifra mastodontica, spropositata e quasi surreale, ma che non lascia sagomare appieno la grandezza di questo giocatore. Un interprete infinito, agonisticamente affamato e legittimamente arrogante nel gioco, nei numeri e nei comportamenti.
Pelé e Romario sono nel mirino, il primo a 11 reti di distanza e il secondo a 22: ma ormai si possono già reputare superati e macinati. Una fame di fama ben sostenuta dalle sue dimostrazioni di onnipotenza calcistica, che a suon di gol e prestazioni abbacinanti lo catapultano nell’Olimpo dei più grandi. Il suo obiettivo, però, non è solo quello di scalare la montagna, ma anche di guardarvici tutti gli altri dall’alto al basso, con la consapevolezza e lo sguardo beffardo di chi sa di essere il più grande di sempre.
Un semidio nei panni di un atleta portoghese, nato in mezzo all’Atlantico da padre alcolizzato e da madre che solo per sbaglio non lo ha abortito. Fin dall’infanzia di Madeira, la mano divina che lo tenne in vita lo portò 35 anni dopo ad alzare troppo in alto l’asticella dello sport più bello al mondo.
Il portavoce di un’etica di sacrificio, il calciatore perfetto, l’Atlante moderno che si è sempre voluto tenere il peso del mondo sulle spalle. E non solo: con quel mondo ci ha anche palleggiato, insegnato, costruito e fatto innamorare.