Simone Caso, videoanalista cognitivo dell’Ajax: «Così gestiamo il talento»

by Lorenzo Cascini

Se una persona, proveniente da una qualsiasi parte del mondo a parte l’Olanda, arrivasse al De Toekomst – centro sportivo dell’Ajax a due passi dall’Amsterdam Arena – e si mettesse a vedere una partita qualunque dall’Under 8 alla prima squadra, noterebbe immediatamente una cosa. «Nessuno butta mai via la palla, tutti alzano la testa e sfruttano il campo in ampiezza. Anche i bambini». Questione di educazione e fondamentali, ancor prima che di formazione tecnica. Johan Cruijff diceva che «Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia» e qui gli allenatori lo insegnano dal primo giorno. Semplicità al potere. Se non c’è spazio, si gira e si ricomincia. Dalle partite dei pulcini alla Champions League, i principi sono gli stessi. 

La parola d’ordine è educazione. Valorizzare, insegnare e far crescere i ragazzi, il calcio viene dopo. E quindi diventa imprescindibile l’analisi dei comportamenti. «Viene fatto uno studio accurato di come i ragazzi si pongono, sia in campo con i compagni che in spogliatoio». Il racconto è affidato a Simone Caso, video-analista cognitivo dell’Ajax. Dall’under 8 alla prima squadra. Con l’addio di Lucca, andato all’Udinese, è tornato a essere l’unico italiano nello staff del club. «Pensa che sui ragazzi più piccoli vengono studiati anche comportamenti come la risata o la predisposizione a stare in gruppo, per evitare che possano sfociare in atteggiamenti di bullismo. A qualunque età c’è molta attenzione alla salute mentale». 

Da Haller a Antony, miglioramenti di comportamenti negativi

Un caso esplicativo è quello di Haller, osservato da Simone Caso nei comportamenti appena venne acquistato dal West Ham. «Guardando i filmati degli allenamenti noto che aveva la tendenza a lamentarsi molto per gli errori, a sbracciare e a non supportare i compagni. Aveva un linguaggio del corpo negativo. Sono andato allora a vedere i suoi video e ho visto che lo faceva anche in Inghilterra. Con Ten Hag lo abbiamo preso da parte e lui ha capito che doveva cambiare atteggiamento. Da lì ha iniziato a segnare a raffica». Metodo vincente. Fatto di studio, analisi e attenzione al dettaglio. Ma quello dell’attaccante ivoriano non è l’unico episodio. «Un altro capitò con Antony. Io dai video delle partite mi ero accorto che, pur non essendo stato visto dall’arbitro, aveva scalciato un avversario da terra. Lo ha poi rifatto altre volte così. Con Ten Hag lo abbiamo richiamato e gli abbiamo detto che questi comportamenti venivano notati e che non dovevano più ripresentarsi. Anche lui ha capito al volo. Certo avevo un po’ paura di essere visto male dai giocatori, ma penso capissero che era un programma volto a farli crescere. E oggi il primo è al Dortmund e il brasiliano al Manchester United, quindi direi che il merito è anche nostro che li abbiamo fatti crescere. Non solo dal punto di vista tecnico ma anche sotto l’aspetto umano». 

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Crescita dei ragazzi e plusvalenze

L’obiettivo è quello di creare diamanti, perseguendo un duplice scopo. Da una parte quello di generare plusvalenze, dall’altro quello di occuparsi della crescita dei ragazzi, che spesso fanno tutta la trafila del settore giovanile fino ad arrivare in prima squadra. «C’è un elemento che racconta al meglio la filosofia del club. Tutte le squadre, a partire dai pulcini, giocano con il 4-3-3. Così quando sali di categoria i fondamentali sono gli stessi. E poi si tende a far giocare i ragazzi in tutti i ruoli, così sono pronti ad adattarsi a qualunque sistema o situazione troveranno in futuro. Un esempio? De Ligt che faceva il centrocampista centrale o Dest che giocava mezzala. Ma te ne potrei fare tantissimi. Anche De Jong trequartista o Van De Beek seconda punta. Si provava tanto, sperimentando» aggiunge Simone Caso. All’Ajax conta più quello del risultato. Si punta a dare ai ragazzi un know-how completo, inteso come esperienza, vissuto e adattabilità.

A volte poi i numeri ci danno l’idea di come funzionasse lo studio dei dati applicato ai comportamenti della squadra. «Hai presente il numero di applausi che ci sono in campo o di conversazioni tra i giocatori durante una partita? Ecco, sono solo alcuni dei tanti parametri che influenzano risultati e prestazioni». E lo dicono i numeri. «Quando i ragazzi in campo comunicano e si aiutano la squadra vince e gioca meglio. In caso contrario spesso non fa punti – più si abbassa il numero di “connessioni” tra i giocatori in campo, più i risultati non arrivano – e comunque non offre un bel gioco a livello di spettacolo».

«Ma i giocatori lo sanno?»

In molte società d’Europa il reparto video svolge un lavoro parte, all’Ajax invece lavora in simbiosi con la squadra. Si analizzano gli allenamenti, gli atteggiamenti in spogliatoio e così via. «Ti faccio un esempio per spiegarti quanta importanza diamo ai dati e quanto coinvolgiamo i calciatori. Napoli, Stadio Maradona, giochiamo lì dopo aver perso 6-1 all’andata. Quella era stata una delle partite con meno interazioni della stagione. Al ritorno allora dicemmo a Klaasen e Tadic di parlare molto, di comunicare con i compagni. La squadra moltiplicò le interazioni e migliorò di gran lunga la qualità del gioco, nonostante poi il Napoli fosse in ogni caso più forte». 

Si dice che il livello di fiducia nelle tue idee si vede nei momenti difficili. L’Ajax ha saputo aspettare e costruire, non ha raso al suolo il suo progetto dopo le prime sconfitte e da ormai anni ha una rosa assolutamente competitiva ad alto livello. Il tutto seguendo una politica dichiaratamente orientata sui giovani, producendo in casa molti dei suoi talenti, o acquistandoli prima della concorrenza per poi valorizzarli. «È un lavoro che parte dal basso. Vengono fatti allenamenti e sessioni specifiche per i bambini, facendoli migliorare individualmente nei fondamentali. Gli insegniamo a far correre il pallone e a giocare di prima». Memorizzare, tornerà utile nel tempo. Il lunedì tutti lavorano sulla costruzione del gioco dalla difesa, il martedì su gestione e sviluppo del possesso, il mercoledì sulla fase difensiva e via così. In più, diverse riunioni con tutti gli staff: ogni venerdì per programmare, ogni martedì per il lavoro a settori. «Solo così crei una mentalità. Dando alla squadra un modo inconscio di giocare. Un ragazzo lo impara a 8 anni e non se lo dimentica più» conclude Simone Caso. Imparano a portare il pallone a testa alta, così vengono create le basi del futuro. Pietre grezze, che diventano diamanti. E brillano alla luce del sole. Con educazione e formazione come stelle polari.