Un giovane allenatore italiano sta lottando per portare una piccola squadra spagnola ne LaLiga

by Giacomo Brunetti

«Il Mirandés ha una filosofia particolare: punta per la stragrande maggioranza sui prestiti. Prende i giovani dai migliori settori giovanili e gli dà l’opportunità di svilupparsi. Quest’anno abbiamo iniziato con soltanto 4 calciatori di proprietà, mentre nella scorsa stagione erano 6», ci spiega Alessio Lisci. È arrivato a Miranda de Ebro due anni fa, quando il Mirandés lo ha cercato con insistenza: «A livello personale, dopo il Levante cercavo un progetto stabile. Il Mirandés mi ha cercato con convinzione e mi ha voluto fortemente. Credo che uno debba stare nei posti in cui lo vogliono davvero». Il Levante, a proposito.

La promozione all’improvviso sulla panchina della prima squadra

Era il 2011 quando Lisci, a 26 anni, lasciava Roma per diventare allenatore nelle giovanili del Levante. Una scalata, quella dentro al vivaio valenciano, che lo ha portato nella stagione 2021/2022 alla guida della prima squadra: dopo 0 vittorie in 15 partite, era stato promosso ad interim alla guida della prima squadra ne LaLiga, diventando il 10° allenatore italiano a sedersi su una panchina del massimo campionato spagnolo. Non era riuscito a evitare la retrocessione, ma sicuramente la sua impronta si era percepita.

La sfida del Mirandés è elettrizzante: «Anche questa stagione l’abbiamo iniziata in pochi: nel pre-campionato, a causa delle Olimpiadi, alcune società non lasciavano partire i calciatori e abbiamo affrontato le prime partite con 4 calciatori della prima squadra. All’esordio avevamo solo 11 calciatori di movimento tra i convocati», ci racconta. Eppure questo non gli ha impedito di portare la squadra nella zona play-off per la promozione ne LaLiga. In un campionato, la seconda divisione iberica, che quest’anno rappresenta una vera e propria sfida (pensate che dopo tantissimi anni, la Segunda è tornata nell’album delle figurine, talmente sono tante le grandi piazze presenti), il Mirandés si sta distinguendo con grande carattere.

Nelle ultime stagioni il Mirandés era salito alla ribalta per le sue imprese in Coppa del Re, dove aveva raggiunto in due occasioni la semifinale (2011/2012 e 2019/2020), fermandosi contro le basche Athletic Bilbao prima e Real Sociedad poi.

Ora la storia la sta facendo un italiano: «Al momento abbiamo eguagliato la miglior stagione del Club, valorizzando tanti giovani che sono arrivati da noi senza esperienza. La società era già arrivata in Segunda División una decina di anni fa, ma con una squadra impostata in modo completamente differente: una rosa molto esperta, mentre stavolta il ritorno in seconda serie lo hanno raggiunto con una società più stabile e attraverso i giovani. Abbiamo tanti calciatori che possono fare LaLiga». 

Una squadra che incarna la sua cittadina: «Mirandés è la squadra di un paesino di 3mila abitanti, dove il 10% è abbonato alla squadra. A Miranda il Mirandés è tutto. Si trova al confine con i Paesi Baschi, non vi è dentro ma culturalmente si percepisce. È una società familiare con poche persone che ci lavorano». Intanto, una piccola società dove l’allenatore «ha l’ufficio dentro lo spogliatoio e la maggior parte dei viaggi sono in pullman, abbiamo lo staff meno numeroso della categoria. Siamo partiti con l’ambizione di salvarci e ci siamo ritrovati in zona play-off grazie al lavoro».