Il tecnico dell’Everton, Carlo Ancelotti, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di The Athletic. Ecco un estratto delle sue parole.
COVID – «Siamo tutti stanchi per la pandemia, di vivere in questo modo. Ma quando tutto finirà, anche le cose più piccole ci sembreranno incredibili. Andare al ristorante con due amici sarà come partecipare a una grande festa. Immaginate segnare un gol in uno stadio pieno, oppure vincere nuovamente il derby ad Anfield con i tifosi che ti aspettano dietro la porta per abbracciarti. Sarà tutto più bello».
ASSENZA DEL PUBBLICO – «Senza il rumore dei tifosi è più facile comunicare con i calciatori in campo: non possono dire di non aver sentito. C’è un però: sono costretti anche a sentire tutte le c*****e che gli allenatori dicono durante le partite».
ARBITRI – «In Inghilterra sono molto più bravi che altrove. In Spagna e in Italia sono sottoposti a un’enorme pressione. Qui no, sono più calmi e quindi sbagliano meno».
STRESS – «Dopo 26 anni di carriera lo accuso di più, è normale. Ma lo stress, quello vero, lo prova chi si alza alle 4 del mattino per guadagnare molti meno soldi di me. Oppure chi fa un lavoro che non ama. Io alleno, vivo il calcio ogni giorno: sono un privilegiato».
PRESSIONE – «Mi motiva. Quando perdi un paio di partite, pensi costantemente a quello che è successo. Non riesci più a dormire. Fare l’allenatore è una sfida fisica, oltre che psicologica: gestire ciò è la parte più impegnativa del mio lavoro. Cerco di concentrarmi sulle cose che possono dipendere dal mio operato. Il risultato di una partita non è sicuramente una di queste».
PRANDELLI – «Il suo messaggio è positivo per tutto il movimento calcistico. In passato era un tabù andare dallo psicologo, esprimere le proprie insicurezze: era come parlare di sesso con mamma e papà, impossibile. Adesso i calciatori sono seguiti e si sentono più liberi di affrontare questi problemi».
FPF – «Con il fair-play finanziario solo i grandi club possono investire. Così facendo si crea un distacco dalle prime della classe e si perde interesse per i campionati nazionali. Se non sei il City o lo United di turno, hai poche chance di vincere la Premier. Se arriveremo al punto in cui un tifoso dell’Everton si rassegnerà all’idea che la sua squadra non potrà mai battere i top club, allora i fan inizieranno a guardare sempre meno le partite. Solo in uno scenario del genere avrebbe senso la Superlega».