Aquilani: «Vi racconto i miei 5 trofei da allenatore, e gli scherzi con De Rossi»

by Redazione Cronache
Aquilani

«Ho le idee chiare, so quello che voglio, so come arrivarci con il lavoro. Un lavoro che deve essere molto ampio: di campo, di testa, individuale. Ho l’Idea di una squadra che deve avere un’identità ben precisa, ma il calcio è continuamente in evoluzione. I principi sono gli stessi, però sei obbligato a fare cambiamenti. Ogni anno esce qualcosa di nuovo, non è semplice quindi dire che tipo di allenatore sono». Con queste parole, Alberto Aquilani, 38 anni, ha provato a spiegarlo in un’intervista sul canale Twitch di Cronache di Spogliatoio. Il centrocampista ex Roma e Liverpool oggi allena la Fiorentina Primavera, con cui ha già vinto cinque trofei tra la Coppa Italia di categoria e le ultime due Supercoppe consecutive. Alzandola al cielo proprio qualche giorno fa contro l’Inter.

Aquilani e il campionato Primavera

«C’è un abisso tra campionato primavera e Serie A» ci dice. «Ci saranno 5 categorie di differenza, e questo non è un bene. Ti prepara a un campionato minore, come la C e non alla A. La seconda squadra è il progetto che ti avvicina di più, invece. Mi ricordo che quando giocavo all’estero contro le seconde squadre ti dovevi impegnare altrimenti rischiavi di fare figuracce. In Italia il risultato è in prima linea, e la cosa non mi piace troppo. È una cultura, è una mentalità che è difficile da cambiare. Non mi piace che il risultato venga prima di ogni cosa. Noi abbiamo vinto 5 coppe ed è tanto, ma a me riempie di orgoglio come le abbiamo vinte. Nella finale di Supercoppa contro l’Inter e avevamo 6 toscani in squadra, sono orgoglioso di questo». Parole simili a quelle di un altro centrocampista, ex capitano della Fiorentina, Marco Donadel che abbiamo intervistato in questi giorni.

A proposito di come arrivare al risultato, il tecnico della prima squadra del suo club è un ‘giochista’. Con Vincenzo Italiano, dice Aquilani, «c’è grossa stima reciproca. È un grande allenatore. Ma il rapporto, se devo essere sincero, non c’è. Ci alleniamo in campi diversi, con ore diverse, ecc. questo ti toglie un po’ il tipo di rapporto che si potrebbe creare».

Tra passato e futuro

«Se mi immaginavo di diventare allenatore? Diciamo che le ultime esperienze le ho fatto guardando in ottica futura. Sono andato in Spagna per questo, volevo capire cosa facevano là. Avevo bisogno di sperimentare. È un ruolo completamente differente, quindi dovevo capire se mi piaceva. Cosa farò tra 5 anni però non lo so, potrei dirti qualsiasi cosa. Il sogno è quello di riuscire ad allenare ad alti livelli».

Se gli chiedi cosa significa allenare a livello giovanile, la prima cosa che risponde è: «Responsabilità». «Hai dei ragazzi minorenni – spiega – quindi hai anche la responsabilità di trasmettere qualcosa. Stanno seguendo un sogno e loro vedono in me un aiuto per arrivare fino a là. Io sono esigente nei loro confronti, ma solo perché sono responsabile, so cosa sono per loro. L’aspetto psicologico è quello determinante, chi riesce ad isolarsi può andare più in fondo rispetto anche a chi è più bravo tecnicamente». Il gap dal colmare rispetto ai Paesi stranieri è più nelle «infrastrutture», commenta. «Il centro sportivo non ti fa vincere i campionati ma, come dicevo prima, ti avvicina alla prima squadra. Non c’è dispersione di tempo. Commisso, in questo senso, ha fatto un centro sportivo incredibile, gli vanno fatti i complimenti. Non ho mai visto niente del genere».

Il rapporto con Daniele De Rossi

Ad Aquilani abbiamo anche chiesto se si sarebbe aspettato che il suo ex compagno Daniele De Rossi, ora tecnico della Spal, diventasse allenatore: «Si, me lo immaginavo. Era già allenatore in campo, poi suo padre lo è da 30 anni. Mentre giocava diceva che non gli sarebbe piaciuto, ma io già sapevo che lo sarebbe diventato. Lui ha voluto cominciare subito con i grandi, si sentiva pronto. Io pensavo fosse importante cominciare con i giovani perché dovevo capire se mi piacesse o meno questo mestiere».

«È un ragazzo simpatico. Quando ci sono i docenti che parlano a Coverciano ogni tanto se ne esce con una battuta e ci fa ridere – racconta -. Quando eravamo giovani c’era Rosi che si era innamorato di una ragazza, e noi facemmo finta che eravamo l’ex di questa ragazza. Mi ricordo ancora la sua faccia spaventata». Chissà che di aneddoti come questo, un giorno, non ne riparlino da avversari su panchine ancora più prestigiose.