Quello che l’Arabia Saudita sta facendo nel mondo del pallone, gli inglesi lo chiamano Sportwashing. Ovvero l’idea di usare lo sport come mezzo per ripulirsi e rendersi presentabili al mondo, e in particolare all’Occidente. Il Paese è giovane, il 70 per cento dei 36 milioni di sauditi ha meno di 35 anni, e approva la campagna acquisti di bin Salman. Il football serve, quindi, anche per il consenso interno. A raccontarlo è Diego Longo, che in Arabia ha allenato per due anni come vice di Lucescu. «Conosco bene le dinamiche e il livello del campionato. Ora inevitabilmente si alzerà, ma quello che farà la differenza saranno le motivazioni».
«Il futuro sarà questo. È un progetto che punta in grande»
L’obiettivo è arrivare pronti all’Expo di Ryad del 2030. Preparatevi a qualcosa di straordinario. Grandi campioni, strutture e allenatori top. «Il futuro sarà questo. È un progetto che punta in grande. Ronaldo, Benzema, Kanté, Milinkovic e Brozovic sono solo i primi di una lunga serie».
Un’altra cosa su cui bisogna concentrarsi è l’assenza di cultura calcistica. È vero, l’Arabia Saudita non è il Qatar e sono anni che investe nel calcio, ma un boom di campioni così, devi essere in grado di gestirlo anche a livello tecnico, non solo con il portafoglio. «Per questo dico che investiranno anche su allenatori di grande livello. Sarà una nuova frontiera del calcio. C’è da crescere molto, ma siamo solo all’inizio».
LA LISTA AGGIORNATA DEI GRANDI GIOCATORI CHE HANNO SCELTO L’ARABIA SAUDITA
Fuga di giocatori in Arabia: tra spettacolo e poca tattica
Si punterà tanto sullo spettacolo, sui dribbling e su partite che faranno divertire gli spettatori. Show, prima che pallone. Restano però delle grandi lacune, da colmare, a livello di ritmo, tattica e intensità. «Si cercherà tanto lo spettacolo, i giocatori tecnici e la voglia di fare sempre un gol in più degli altri. Su schemi e organizzazione tattica c’è tanta strada da fare. Ma vedrai che cresceranno molto anche da quel punto di vista». A oggi il calcio è lo sport più popolare del paese insieme alla pallamano, ma la sensazione è che verrà sempre più usato come mezzo politico e sociale. Prepariamoci quindi a tanti arrivi. Ronaldo&co non sono stati altri che i pionieri dell’esodo verso l’El Dorado.
L’interpretazione di Diego Longo
Un fattore poi sarà il contesto in cui i top player si andranno ad inserire. Perché vanno bene le ville lussuose, le macchine e i soldi, ma bisognerà capire che effetto avrà l’adattamento a tradizioni e usanze completamente diverse. «Credo che lo potranno soffrire nelle piccole cose di ogni giorno. Non potersi bere una birra all’aperto, non poter mangiare fuori durante il Ramadan o combattere quattro mesi di caldo atroce, con temperature che superano i 50 gradi. Tutto questo può essere un limite». E pensare che fino a qualche anno fa le donne non potevano guidare ed erano obbligate a portare il velo. Piccoli passi in avanti, ma chissà se saranno abbastanza. Basteranno per far sì che quello Arabo non sia solo un vento di passaggio?
Da qui al 2030, quando ci sarà l’Expo a Ryad, dobbiamo aspettarci quindi di tutto. Senza dimenticare variabili e limiti. Prepariamoci a qualcosa di straordinario. Ronaldo, Benzema, Kanté, Milinkovic e Brozovic probabilmente saranno solo i primi di una lunga lista. L’Arabia tra campioni che verranno, spettacolo e strutture sta mettendo su un evento così grande e maestoso che nessuno potrà ignorarlo. La domanda è cosa resterà nella sabbia, una volta che il tendone si sarà sgonfiato.