Atlético Bucaramanga ha sconfitto la “maledizione del gallo nero”: campione di Colombia per la prima volta dopo 75 anni!

by Giacomo Brunetti

Il fatto che ci fosse una maledizione sul conto dell’Atlético Bucaramanga, si capisce dal fatto che per alzare lo Scudetto sono serviti 14 calci di rigore e una prestazione da fuoriclasse del portiere Aldair Quintana. Ma dopo 75 anni, è finalmente arrivato il primo titolo della storia dopo una doppia finale rocambolesca contro l’Independiente di Santa Fe.

L’Atlético Bucaramanga era rimasto l’unica società storica colombiana a non aver mai vinto lo Scudetto. E tutti erano d’accordo: colpa della “maledizione del gallo nero”. Alla fine dello scorso secolo, un calciatore anonimo aveva raccontato al giornalista Felipe Zerruk di aver assistito ad un rituale di stregoneria. Ovvero? Era stato sacrificato un gallo nero e il suo sangue che era stato versato sulla divisa da gioco del Bucaramanga. Non solo. Negli anni ’80, un’altra maledizione avrebbe colpito il club: quella “del leopardo“. Era l’11 ottobre 1981 e dopo una decisione arbitrale che non era andata giù ai tifosi, questi decisero di fare invasione di campo. L’immediato intervento dell’esercito, che sparò in aria con l’obiettivo di disperdere la folla, però, anziché riportare l’ordine, aumentò la confusione e generò il caos. Il risultato furono 4 morti e 29 feriti. Ogni anno, per commemorare l’evento, si celebra il Leopard Fan Day.

Da quel momento, una tetra aura di morte avrebbe continuato ad aleggiare sullo stadio di Bucaramanga. Soltanto un’altra scomparsa avrebbe potuto fermare: i tifosi hanno pensato a José Américo Montanini, miglior bomber nella storia del club, venuto a mancare lo scorso novembre, un mese prima dell’arrivo di Dudamel in panchina. Ma è stata comunque una vittoria a metà per Carlos Henao, difensore di 35 anni. Esplosa la festa dei calciatori in campo, è stata guastata da un increscioso episodio, quando un tifoso ha scippato con destrezza la medaglia che era appesa al collo del calciatore, scappando. Il delinquente sarebbe stato identificato grazie a un selfie scattato da lui stesso con la medaglia in questione, ma anche al cappellino ben riconoscibile nel video dello scippo.