Lo svizzero Blerim Dzemaili è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport e ha parlato della stagione passata più quella di ora, passando per la vicenda che ha colpito il tecnico serbo Mihajlovic.:
SULLA STAGIONE SCORSA – «E’ arrivato col sorriso e portando la serenità di cui necessitavamo. Ci disse: “Ragazzi, voi avete addosso una qualità pazzesca, non potete stare lì in basso, è assurdo”. E dal primo giorno ha dato un’idea di calcio.Posso dire che se fosse arrivato un mese dopo, oggi saremmo in B. Quando venne da me, disse: ”Devi farmi la differenza, sennò sei un giocatore perso”. Mi diede una scossa e una carica pazzesche.»
SUI FILM MOTIVAZIONALI – «Mai successo nella mia carriera che un allenatore ci facesse vedere un film. Mai. Quando ci fece vedere “Il volo della fenice”, a un certo punto stoppò tutto e ci chiese: “Voi quale personaggio vi sentite in questo momento?”. In 24 su 25 rispondemmo la stessa cosa, ovvero quello più egoista che pensava solo a se stesso. Morale: non eravamo un gruppo. Cosa che nel film hanno poi fatto, riuscendo a salvarsi la vita”.»
SUL MERCATO ESTIVO- «Nel pranzo di fine stagione gli ho detto: “Credo che non ci vedremo più, perché immagino che andrai in una squadra più forte”. Lui mi salutò, senza sbilanciarsi. Col calcio che avevamo fatto, tutti pensavamo che ce lo portassero via.»
L’INIZIO DELLA MALATTIA – «A Luglio rinizia la stagione e lui è sempre lo stesso, scherza, allena. Nella data stabilita noi partiamo per il ritiro: primo giorno, ci dicono che ha la febbre; secondo, uguale. Al terzo, l’ufficio stampa ci dice: il mister vorrebbe parlarvi. Non sappiamo nulla. Quel collegamento via skype ci rimarrà nella mente tutta la vita. Era il 13 luglio e piansi. Sa cosa dicevamo fra noi giocatori prima di quella botta? Che con lui avremmo mangiato il mondo. Ma ci arriveremo.»
SULLA STAGIONE IN CORSO – «Ci dicemmo che lui per noi aveva fatto cose straordinarie: meritava la nostra serietà. Tanjga, De Leo e lo staff hanno fatto un lavoro super, ci siamo tutti stretti più forte, noi senatori abbiamo sentito una responsabilità maggiore: “Ora sta a noi: abbiamo giocato da grande squadra grazie a lui, continuiamo.»
SULLA PANCHINA A VERONA – « Apro internet e leggo “Stasera Sinisa sarà in panchina”. Non ci credo, poi arriva l’ora della riunione tecnica, andiamo nella sala adibita e il monitor per skype è spento. “Ciao ragazzi, sono qui: non abbracciatemi, ma sono qui, ve lo avevo promesso”. S’è visto di tutto dalle nostre reazioni. Anche se non stava bene era lì: questo è lui.»
SULLA VISITA IN OSPEDALE – «Durante il viaggio, Bigon dice: “Ragazzi, andiamo a trovare Sinisa”. Applausi. Lì, nell’andare e nel vederlo alla finestra, si è visto il volersi bene.»
SULL’INTERVALLO DI BRESCIA – «Tramite il suo staff, ci disse anche di avere coraggio, di giocare. A me due giorni dopo disse: “Blerim, ascolta: la prossima volta non portare tuo fratello. Grazie”. Aveva ragione: avevo giocato male. Le sue capacità e credibilità sono aggreganti. Anche con lui questo ambiente è diventato una vera famiglia”.»
SULL’INFLUENZA DEL TECNICO – «Un giorno ci stiamo allenando non al meglio. Lui è in borghese e chiama Medel. Gli parla nell’orecchio. Medel torna e comincia a giocare come sa e uno alla volta anche noi ci rimettiamo nei binari giusti: è uscito un allenamento fantastico. Ecco cosa significa una sua parola e la sua vicinanza. Poi siamo andati a vincere a Napoli.»