A Belo Horizonte lo chiamavano ‘Bolt’ e lui sorrideva appena, un po’ si vergognava, perché a vent’anni in fondo ci sta. Il carattere introverso ha fatto il resto: «Parlava poco, se ne stava per conto suo, ma quando entrava in campo era un’altra persona». Gleison Bremer, nuovo difensore della Juventus che l’ha strappato all’Inter, era così, stakanovista vero che correva come Usain. Un velocista del pallone diventato colonna del Torino. Rivelazione della scorsa Serie A, dove non c’è stato nessuno come lui. «Nei test atletici era sempre il primo: 60, 80, 100 metri. Finiva davanti a tutti in ogni ripetuta». Parola di Thiago Larghi, uno dei suoi primi allenatori all’Atletico Mineiro, annata 2018/19: «La prima volta che l’ho visto era nelle giovanili. Aveva giocato una decina di partite in prima squadra e faceva avanti e indietro con l’Under 19. Appena sono diventato allenatore ho detto alla dirigenza: ‘ascoltatemi, lui sarà titolare».
Bremer, l’infaticabile
Thiago è nato vicino Rio, risponde dal Brasile ma parla italiano: «I miei genitori sono di Carrara, lì ho diversi parenti. In più ho preso il patentino da allenatore in Italia». Nel 2017, quando Bremer ha esordito tra i professionisti, era il vice di Oswaldo de Oliveira in prima squadra, poi ha preso il suo posto alla guida dell’Atletico Mineiro. Gleison colonna portante: «Quando penso a lui mi viene in mente un ragazzo ossessionato dal lavoro. Cercava di farsi strada con fame, voglia e i famosi occhi della tigre. Mi chiedeva sempre di restare un po’ di più per migliorare qualcosa». Stakanovista: «Non è mai stato un ragazzino irrispettoso. Da ‘cresta alta’, insomma. In un anno non l’ho mai rimproverato. È stato uno dei pochi a salvarsi».
«Ma non ti stanchi mai?»
Il vizio del gol c’è sempre stato però: «Ricordo il suo primo squillo tra i pro’. Maggio 2018, a fine primo tempo perdiamo 1-0 contro l’Atletico Paranaense, così appena rientro negli spogliatoi do una strigliata a tutti. Dissi ai giocatori di rientrare in campo e mostrare ‘fame’. Beh, vuol sapere chi segnò il primo gol? Ovviamente Bremer, di testa». Ormai in Serie A non fa più notizia, tre squilli in 26 partite. Fin qui ha dato filo da torcere a vari bomber, tra cui Vlahovic e Immobile: «Nei test di velocità e resistenza era sempre il primo. ‘Ma non ti stanchi mai?’, gli dicevo. Ha una capacità di recupero assurda. Non si tira indietro. E poi quando ti sta addosso non riesci a liberarti dalla marcatura. Ti segue ovunque». Neanche se c’è da giocare fuori ruolo: «Una volta gli ho fatto fare il terzino. Mi serviva uno in quella posizione e lui si offrì. Andò bene».
Blindato dal Toro
Petrachi l’ha portato a Torino nel 2018. Bremer aveva giocato una trentina di partite con l’Atletico Mineiro. Ora, dopo tre stagioni ad alto livello, ha deciso di voler giocare in Champions League. Detto fatto: ci riuscirà con la maglia della Juventus. «Per le capacità che ha può giocare ovunque». Gleison e Thiago non si sentono più, hanno preso strade diverse, ma l’affetto resta: «È un ragazzo intelligente, sveglio, concentrato. Il suo senso del lavoro l’ha portato in alto, ma fidatevi di me: può crescere ancora». Intanto corre già più veloce di tutti.