Roccio, il Cacciatore di stadi: «613 in 43 Paesi. Sono un pazzo, ma che spettacolo»

by Redazione Cronache
Federico Roccio, il Cacciatore di stadi

«Noi groundhopper siamo imprevedibili». Federico Roccio, meglio noto come il Cacciatore di stadi, è un uragano. Ha una passione, nella vita. Si chiama groundhopping e cosa sia lo spiega bene lui: «Molti credono che sia “solo” un seguire ovunque la propria squadra del cuore. In realtà c’è molto di più, c’è andare a trovare, scoprire quelle tradizioni, le passioni diverse dalle nostre. Per questo viaggio per gli stadi. A volte da solo, per staccare la spina da periodi no. A volte con amici, ora con mia figlia e mia moglie». Manco a dirlo, la proposta di matrimonio alla sua Eleonora l’ha fatta… in uno stadio! Di tutti gli impianti che visita, e cerca di visitarne il più possibile, Federico Roccio tiene traccia. Ha condensato in un libro le sue avventure, si è raccontato pure alla FIFA ma continua ad aggiornare i numeri: «Contando il weekend trascorso a Maiorca la scorsa settimana – in cui ho visitato due stadi di Tercera División più quello del Maiorca – siamo a quota 613 stadi in 43 paesi diversi. Onestamente faccio fatica a ricordarli tutti, per fortuna ho un’applicazione che si chiama Footbology in cui me li segno», racconta a Cronache.

 

Federico Roccio e Klaas-Jan Huntelaar

Ma partiamo dall’inizio: «È il 2009, io ho vent’anni e vado a vedere il Milan in trasferta a Catania, in aereo. Pensa che non sapevo ci fossero restrizioni sui liquidi, quindi all’aeroporto mi sono fatto trovare con tipo dodici birre. Ce le siamo bevuti alla goccia lì…». E ride: «Poi allo stadio vedo un mio amico, Piero, che smanetta sul cellulare. Mi dice che c’è un sito chiamato Football Ground Map in cui sta registrando il suo stadio numero 80. Io ero a malapena al mio decimo. Così ho detto: “Io sono del 1989, ho cinque anni in meno di lui, voglio superarlo”. Da lì è nata la mia caccia agli stadi». Difatti, lo chiamano il Cacciatore di stadi. Il nome non è ovviamente casuale: «Ti ho detto della trasferta a Catania. Bene, quella partita la vince il Milan 2-0 e fa doppietta Klaas-Jan Huntelaar, soprannominato The Hunter, il Cacciatore». Nomen omen: «La mia prima stagione di caccia è la 2009/10, sono a 36 partite su 38. Le uniche due che salto sono le trasferte a Napoli e Genova, e solo perché sono vietate ai tifosi del Milan…».

«San Siro, Parigi, la proposta di matrimonio»

Federico Roccio ha un entusiasmo contagioso. Lavorava come cuoco, «ma ora faccio l’idraulico, dal primo lockdown il sistema della ristorazione è stato falcidiato. Non è stato semplice, per me, all’inizio era un’agonia ma non torno sui miei passi». Prima ancora, il 20 maggio 2018, chiede a Eleonora di sposarlo. Dove lo fa? In uno stadio, naturalmente: «Ricordo davvero bene quella data. Il mio sogno era fare la proposta di matrimonio a San Siro. L’alternativa era il Parco dei Principi di Parigi, la città dell’amore, che infatti è l’unico stadio di una capitale europea che non ho ancora visitato. Me lo tenevo per quest’occasione», sorride. «E invece l’ho fatto a San Siro, uno dei giorni più belli della mia vita. Ho preso accordi con la società, non ho voluto farlo a bordocampo ma sugli spalti, con speaker e maxischermo, avevo striscione, scritta e l’anello. Una figata, ho gli occhi lucidi a raccontarla. Mi sono inginocchiato e le ho messo l’anello, è scoppiata in lacrime» racconta. E dal matrimonio si passa al viaggio di nozze…

 

In viaggio di nozze, dal Boca Juniors

Federico ed Eleonora partono per l’Argentina in luna di miele: «Buenos Aires è una bomba, il viaggio più bello che abbia mai fatto in vita mia. La Bombonera ha superato il Celtic Park ed è il mio nuovo stadio preferito. Ti dico, in viaggio di nozze abbiamo visitato 18 stadi in Argentina, più quelli in Uruguay, una decina se non ricordo male. Ho pagato 400 euro i biglietti ma appena atterriamo a Baires la compagnia da cui li ho presi mi dice che il Boca è stato acquisito da parte di Juan Román Riquelme che ha deciso di far entrare alla Bombonera solo argentini o comunque tifosi del Boca. Eravamo appena atterrati, immagina. Poi siamo riusciti a entrare, ho preso nuovi biglietti. “Ai tornelli non dite nulla, state zitti. Se gli steward vi scoprono, può darsi che non vi facciano entrare perché Riquelme non vuole stranieri allo stadio”. Tanta paura, ma ce l’abbiamo fatta. Io ed Ele eravamo dentro. Spettacolo, non hanno mai smesso di cantare. Bello, bello, bello!», dice Roccio.

Il Cacciatore di Stadi: «Ho visto Maradona…»

Ah, l’Argentina. «Buenos Aires mi ha colpito, è una città che vive di calcio, ogni quartiere ha la sua squadra, ogni squadra ha il suo stadio ed è pieno. Vedi case di mattoni e cemento, tetti di lamiera, niente acqua né elettricità, povertà assoluta». Poi Federico si fa serio. Il suo tono di voce cambia repentinamente: «Sai, io ho visto Maradona.  Era Independiente contro Gimnasia La Plata, ho la pelle d’ora a dirlo. Tutto lo stadio davanti a me piangeva quando è entrato in campo Diego Armando Maradona. Tutto lo stadio. E Diego era su un trono, da re». Insomma, la Bombonera ha scalzato il Celtic Park come luogo preferito dal Cacciatore di stadi: «Assolutamente, ho visto Boca Juniors-Godoy Cruz. Però oltre a questi due, voglio fare due menzioni speciali. Una al Signal Iduna Park, dove ho visto Der Klassiker tra Borussia Dortmund e Bayern Monaco, davanti al Muro Giallo. Dopo un gol, tutti hanno lanciato per aria la birra, mi sono fatto una doccia gelata! E poi la Türk Telekom Arena di Istanbul, teatro del Kıtalararası Derbi tra Galatasaray e Fenerbahçe. Ho la pelle d’oca se ci penso, un’atmosfera davvero pazzesca. Se ripenso a quella sera, mi fischiano ancora le orecchie», si emoziona Federico.

 

«Mi prendevano in giro»

Quando gli chiedi cosa voglia dire per lui la caccia agli stadi, la risposta che ottieni è molto meno mainstream di quella che temi. «Tante volte mi dicono che siamo malati – continua Federico Roccio a Cronache – e sì, è vero. Il groundhopping non l’ho inventato io, ma in Italia sicuramente l’ho un po’ importato. Tanta gente inizia dopo aver letto la mia storia. All’inizio mi prendevano tutti in giro. Ero a “soli” 150 stadi, andavo in Serie B e Serie C. Oggi è diventata una cosa figa, ma quando ho iniziato non lo era. Fino a 10 anni fa, la gente andava a guardare solo le partite della squadra che teneva. Se andavi a vedere le altre partite, eri un coglione. Io sono andato controcorrente, a me piaceva». Inestinguibile. «E poi per me lo stadio ha anche un significato scaramantico. L’estate scorsa ho visto gli Europei, ho visto 7 partite dell’Italia tutte con gli stessi boxer – ovviamente lavati – ride -, gli stessi pantaloncini, le stesse scarpe…».

Federico Roccio, il Cacciatore di stadi

«Della partita non mi frega niente…»

Quando invece gli chiedi cosa voglia dire la sua caccia agli stadi, non esita: «Il groundhopping per me è la famiglia, sono gli amici, passare giornate assieme, sfogarmi, stare con mia moglie. Domenica ho portato per la prima volta mia figlia di 6 mesi allo stadio, per vedere Maiorca-Rayo Vallecano. A me non fregava niente della partita. A me interessava lo stadio, vedere i tifosi. La partita doveva iniziare e io guardavo Milan-Atalanta, ha segnato Leao, poi al 2-0 di Theo stavo per scoppiare a piangere. Poi la bimba s’è addormentata… Quindi, ricapitoliamo. Noi ci troviamo con gli amici, a bere, etc., della partita non me ne frega veramente niente. A volte stiamo spalle al campo, parliamo, siamo lì per frequentare lo stadio e fare gruppo», confida a Cronache. E spiega: «A volte è solo una toccata e fuga. Tipo a Kiev, per una partita tra Dinamo Kiev e Olympiakos. Alle 18 atterro all’aeroporto. Da lì, stadio, birretta e ritorno a casa».

 

Milan, Atene 2007 e Lecce

In tutto questo, abbiamo detto, Federico Roccio è uno sfegatato tifoso rossonero: «Il tifo per il Milan. Io ho avuto la fortuna di vedere un Milan con Sheva, Inzaghi, Kakà, Gattuso, Pirlo. Sono riuscito a vedere tre finali di Champions. Nel 2003 a Manchester avevo 13 anni, nel 2015 a Istanbul ne avevo 15 e Atene nel 2007, avevo 17 anni e 11 mesi. Atene è un colpo al cuore». Strano, per un tifoso milanista. Meno strano, se sei il Cacciatore di stadi e quel giorno non sei volato in Grecia: «Era tutto pronto. Io, mio papà e mio fratello, 2100 euro in tre. Poi però mio papà ha detto: “Con quei soldi porto l’intera famiglia una settimana in vacanza, non andiamo ad Atene“. Niente fuga. Quella partita manca nel mio cuore, ma lì scatta dentro di me una molla: appena divento maggiorenne, scappo. Compio 18 anni e prendo il mio primo Intercity per una trasferta a Lecce. Di notte, mille fermate, 14 ore andata e 14 ore ritorno. È stata un’agonia: 1-1, gol di Ronaldinho e pareggio al 90’ di Esposito, mannaggia…».

Federico Roccio, il Cacciatore di stadi

Il Cacciatore di Stadi, a Glasgow

Il viaggio prosegue, senza seguire una linea temporale precisa. Da Atene a Lecce, poi Scozia: «Ho vissuto 5 mesi a Glasgow, nel 2017. Il Celtic Park è stato per molti anni il mio stadio preferito. Per la prima volta ci sono stato nel 2013, per una partita di Champions col Milan. Se ripenso al You’ll Never Walk Alone cantato da 60mila persone con la sciarpa tra le mani, piango. Me lo ricordo benissimo, non c’era un buco libero. Nonostante la sconfitta del Celtic 3-0, a fine partita sono venuti tutti verso il settore ospiti e ci hanno lanciato le loro sciarpe. Anche ad Anfield ho sentito YNWA, in una semifinale di Champions contro la Roma, ma secondo me al Celtic Park di Glasgow i Bhoys in Green hanno una marcia in più. E poi ci sono gli Old Firm. Ne ho visti due, con polizia ovunque e uno stadio totalmente diviso. Da una parte tutto verde, dall’altro tutto blu. Ho vissuto tanti derby in Europa, ma questo è il più antico al mondo e secondo me pure il più acceso». «Di paesi in Europa – aggiunge – me ne mancano pochi. Nel Nord Europa sono stato in Svezia, a vedere il Djurgården, poi Trondheim dove la cosa assurda qui è il costo, fuori dallo stadio del Rosenborg una birra costava 13 euro. Quest’estate poi mi sono iscritto alla maratona di Helsinki, vedremo il classico di Finlandia tra HJK Helsinki e Haka il 20 agosto. E poi siamo stati a Mosca a vedere i Mondiali, il Luzhniki…».

 

«Il Cacciatore di stadi? Un pazzo»

E in Italia? Quale impianto attira la simpatia del Cacciatore di stadi? «Il Marassi mi piace molto, molto English style, incastonato tra i palazzi e col carcere a fianco. Poi il derby della Lanterna, che ho raccontato nel mio libro, è per me il derby più incredibile d’Italia. Emotivamente parlando dico Milano, perché sono patito di Milan, ma a Genova respiri ancora l’amore, la passione, il romanticismo di una volta». Perché Federico Roccio è soprattutto genuino. Quando gli chiedi di definirsi, però, preferisce un altro aggettivo. «Penso che il Cacciatore di stadi sia unico per la sua pazzia. Ci sono impegno, costanza, passione e determinazione, ma il Cacciatore di stadi è un pazzo. Quando una persona normale va a dormire si mette sotto le coperte, appoggia la testa sul cuscino e dorme. Il Cacciatore di stadi invece, che è una persona pazza, quando va a letto abbassa la luminosità del telefono e inizia a cercare i voli low cost. E vede se in quei voli low cost ci sono delle partite che giocano e più così costruisce e abbina i suoi viaggi tra partite, giorni, feste, lavoro o non lavoro».