È sempre più acceso il dibattito su quanto sia meglio giocare su un campo d’erba naturale piuttosto che su uno di erba sintetica. I campi di “ultima generazione” hanno ormai preso il sopravvento su quelli di erba naturale, e i fattori che hanno permesso quest’ampia diffusione nel corso degli anni sono due: manutenzione e durata. È inoltre importante sfatare subito il mito per cui si pensa che i campi in erba sintetica siano cancerogeni: l’agenzia europea sulle sostanze chimiche (Echa) ha riscontrato che i livelli di sostanze, come i trucioli di pneumatici, potenzialmente pericolose sono risultate inferiori ai limiti di sicurezza.
I campi sintetici, nonostante nel tempo si siano riusciti a creare delle basi sempre più morbide e rispondenti alle sollecitazioni, restano molto più duri rispetto ad un campo in erba, sollecitando i muscoli e le articolazioni con vibrazioni e impatti. Conseguenza diretta è la più frequente insorgenza di tendiniti, talloniti, fasciti plantari e infiammazioni articolari, insieme alla rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio, addirittura più frequente del 50%. Gli infortuni sono però all’ordine del giorno anche nei campi d’erba naturale, dunque la cosa migliore da fare è prevenire questi eventi usando tipi di calzature specifici per ogni terreno (scarpa da sintetico o scarpa da erba naturale), compiere una giusta preparazione e lavorare sull’aspetto propriocettivo dell’allenamento.
Un campo in erba sintetica garantisce più ore di gioco sopportando intensità e agenti atmosferici, permettendo agli atleti di giocare senza rovinare il campo, e arrivando a durare fino a 15 anni. Rispetto all’erba naturale necessita di una quantità inferiore di acqua ed inoltre comporta costi di manutenzione minori (3/4.000 euro all’anno). Però il costo per la realizzazione di un campo in erba sintetica richiede una spesa non indifferente che si aggira intorno ai 300 mila euro. Ma soprattutto per far sì che sia un buon investimento, dovrebbe essere utilizzato per più di 1000 ore di gioco all’anno (vale a dire almeno 3 ore di allenamento, 7 giorni su 7 per tutto l’anno). Inoltre la gomma e la plastica utilizzate per creare il manto assorbono più calore solare rispetto all’erba naturale, causando temperature eccessive all’interno dell’area di gioco (in una giornata in cui la temperatura è di 37 gradi, sul campo se ne percepiscono 41).
Il campo in erba invece non comporta spese per lo smaltimento e soprattutto ha un costo di realizzazione che è decisamente inferiore a quello del sintetico. Ma va mantenuto costantemente e non può sopportare un numero troppo alto di ore di un gioco intensivo. C’è da dire però che, se curato bene, un campo d’erba è per sempre, non ha una durata limite come il sintetico.
Per quanto riguarda la sensazione di gioco, l’erba sintetica è perfettamente in grado di competere con l’erba naturale. I campi in erba sintetica sono progettati in modo tale che le loro caratteristiche si avvicinino moltissimo a quelle di un campo in erba naturale. Tuttavia ci sono elementi che differiscono tra erba sintetica e erba naturale: il rotolamento della palla, il punto di caduta della palla, le caratteristiche di scivolamento, lo sviluppo del calore, l’assorbimento degli urti e l’usura; e sono proprio questi fattori che fanno la vera differenza e orientano il calciatore a preferire nella stragrande maggioranza il campo in erba naturale.
È così che si delineano le differenze tra le due tipologie di terreni di gioco, le quali però hanno subito una forte diminuzione grazie all’introduzione dei campi “misti” erba e sintetico che stanno portando le sensazioni soggettive all’interno del terreno di gioco sempre più vicine a quelle di un campo in erba naturale. È dunque giusto aprirsi alle nuove tecnologie e migliorare lo sviluppo di questo sport o forse sarebbe meglio rimanere attaccati alle vecchie tradizioni? A voi la riflessione.