Ciro e la Germania, storia di un amore mai sbocciato

by Redazione Cronache

Per Ciro in Germania è sempre stata questione di parole. Capite male o semplicemente non dette, perché, si sa, «il tedesco è una lingua difficile». Eppure avevo scelto il Borussia Dortmund proprio per altre parole, pronunciate da Jurgen Klopp. «Tu sarai il mio centravanti» gli aveva confessato l’allenatore in un facetime. Per quelle in napoletano, poi, era diventato un fenomeno virale, quando insegnato a dire Mmocc a chi te muort a Kevin Großkreutz, uno dal nome impronunciabile. Gliene hanno dette tante nella Rhur, è stato definito persino il «peggior acquisto nella storia del Dortmund» un club che prima di lui, come attaccanti, ha avuto anche Amoah o Ikpeba, non proprio Lewandowki o Riddle.

Tempo al tempo

«A volte i giocatori bisogna saperli aspettare» ha detto Ciro ieri sera. E ha ragione. Sembra strano che in un posto dove crescono talenti come i funghi, con Immobile non abbiano voluto insistere. Questione di soldi. Tutti, maledetti e subito, chiesti dal Torino per lasciarlo partire nell’estate del 2014, dopo i 23 gol della stagione precedente. A Dortmund se spendono 18 milioni vogliono vedere risultati e anche in fretta. Un po’ come a dire, se ti paghiamo poco, lavoriamo perché tu possa diventare un campione, ma se apriamo il portafoglio per noi un campione lo sei già. Peccato che Immobile ancora non lo fosse. Più che sul campo, i problemi del nove italiano sono sempre stati fuori. «Ho conosciuto il buio» ha raccontato a Repubblica. «Stavo male, il freddo, la lingua, l’assenza di calore umano, mai che un compagno mi invitasse a cena». Che i tedeschi non fossero il popolo più conviviale del mondo Ciro se lo poteva aspettare, soprattutto in quella zona del Paese, dove la sera c’è poco da fare. Sulla lingua, però, è stato poco tutelato dal club. Il tedesco non si impara da un giorno all’altro e se si deve spiegare uno schema, meglio che tutti lo capiscano.

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Immobile poi è arrivato nel momento sbagliato. Dopo la partenza di Lewandowski e Gotze, al BvB c’era aria di rivoluzione. Klopp riteneva di aver finito un ciclo e nonostante ci fossero in squadra Hummels, Kagawa, Mkhitaryan, Reus e Aubameyang la stagione era partita malissimo, con 7 sconfitte nelle prime 10 partite di Bundesliga. Gli obiettivi di agosto erano già sfumati a novembre e i gialloneri lottavano per la salvezza. Da gennaio 2015, poi, Klopp ha voluto lasciare la sua ultima eredità. Intuendo le straordinarie doti tecniche di Aubameyang, ha cominciato a spostarlo dalla destra verso il centro, facendone un centravanti abile nella costruzione e creando quell’intesa con Mkhitaryan che avrebbe fatto le fortune del successore Tuchel.

Le difficoltà di Immobile sono state anche tattiche. Il Borussia era abituato a un nove che venisse incontro e aprisse l’area, mentre Ciro era più portato a buttarsi negli spazi. Non è un caso, infatti, che nel rapporto partite giocate/gol segnati sia andato meglio in Champions, dove si gioca più in verticale. Ha realizzato 10 gol e 3 assist in 1.671 minuti, non poi così male. Ma ai giornali tedeschi non andava bene nulla, neanche la sua guida. Di rivincite il ragazzo di Torre Annunziata se n’è prese ormai molte, non aveva bisogno del gol di ieri sera per dimostrare che fosse uno dei migliori attaccanti in Europa. Eppure voleva ribadirlo ai tedeschi, quelli che non lo capivano, o forse non lo volevano capire.