Immagino il creatore del football seduto al tavolino con carta e penna, intento a sognare scontri epici in tutte le zone del campo.
“Che il centravanti e il difensore centrale scatenino la loro rabbia a suon di gomitate e capocciate, nell’eterna sfida a chi salta più alto, a chi tiene meglio botta, a chi non si lamenta per una trattenuta e vuole arrivare primo sulla palla. Che i centrocampisti trovino gloria personale nel conquistare centimetri vitali nel cuore del prato, missionari del recupero palla e della costruzione del gioco. Che gli esterni dipingano traiettorie di seta, non disdegnando di usare la clava se necessario, nelle rincorse senza tempo sulla fascia che sarà la loro migliore amica finché le gambe riusciranno a sorreggerne la forza e la velocità. Che i portieri possano gareggiare sfiorando il cielo ad ogni tuffo, così lontani ma così vicini, eterni osservatori di uno spettacolo che li vede protagonisti come lampi all’interno di una tempesta perfetta.”
Ecco cosa proviamo quando affrontiamo la partita: siamo protagonisti di un sogno troppo più grande di noi, viviamo per non far spegnere il sacro fuoco che si rinvigorisce ogni volta che un calciatore di provincia si allaccia gli scarpini e comincia a correre. Bisogna metterci il cuore ed avere il coraggio di non rinnegare mai l’amore per il calcio, soprattutto quando ci volterà le spalle. Bisogna andare più forte della sfortuna. Bisogna crederci.
Tu non fermarti, mai.