Come Jurgen Klopp ha cambiato la filosofia del Liverpool

by Cesare Ragionieri
Jurgen Klopp

di Cesare Ragionieri

L’8 ottobre del 2015 il Liverpool ufficializzava l’arrivo di Jurgen Klopp sulla panchina dei Reds. Ancora il club inglese non poteva saperlo, ma quella è stata la mossa che ha cambiato il futuro del club. Ma anche del calcio inglese, nonché di quello europeo. Durante questo lustro, il tecnico tedesco ha rivoluzionato la filosofia interna alla storica società d’Oltremanica. Con risultati ottimi.

Oggi i Reds non sono solo una delle squadre più forti e riconoscibili del pianeta, ma hanno anche un domani ben delineato: hanno acquistato e valorizzano giocatori giovani, rappresentano un brand dal potenziale economico enorme, hanno un legame intensissimo, quasi tribale, con la comunità della Merseyside, ma al tempo stesso la società è strutturata in maniera moderna, le strategie commerciali e mediatiche sono proiettate nel futuro, e sfondano in tutto il mondo.

 

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Il cambiamento

Quello che sarebbe stato era già stato immaginato e annunciato in modo molto diretto da Klopp. Durante la prima conferenza stampa da allenatore del Liverpool, l’8 ottobre di cinque anni fa, il tecnico tedesco si espresse in maniera molto chiara:

«Sono certo che tra quattro anni avremo vinto un titolo, se faremo le cose come si deve».

Klopp ce l’ha fatta, rispettando perfettamente le scadenze che lui stesso aveva indicato: quattro anni per vincere la Champions League, cinque per trionfare in Premier League.Il merito dell’ex allenatore del Borussia Dortmund è stato quello di non provare a trasformare i Reds in una copia della società della Ruhr. Il suo lavoro è stato, se possibile, ancora più difficile: Klopp ha ristrutturato il Liverpool andando in profondità. Ha capito quali erano i punti deboli, quali le certezze da cui ripartire e quali le novità da introdurre. Sia sul mercato che a livello tattico.

E proprio sotto quest’ultimo aspetto, i Reds si sono evoluti tantissimo. Confermando alcuni principi di gioco, come il noto gegenpressing e gli attacchi in transizione, ma introducendone anche di nuovi. Come la capacità di gestire il gioco in modo più cerebrale e meno frenetico. Non a caso, nella prima stagione di Klopp sulla sponda rossa del Merseyside, la percentuale media di possesso palla dei Reds era poco sotto il 55%. Oggi invece, il dato è superiore al 60%.

Il turning point

Nella stagione 2016/17 il Liverpool conquistò il quarto posto in campionato, tornando così dopo diverse stagioni in Champions League. Il grande protagonista fu Philippe Coutinho, autore di 13 gol e 7 assist. Al termine di quella stagione, il brasiliano espresse il desiderio di andare al Barcellona. I Reds decisero di accontentarlo, a patto di rinviare l’addio alla finestra di calciomercato invernale. Così da potersi preparare al suo addio. A posteriori, si può dire che mai scelta è stata più azzeccata. Così, in quel mercato di gennaio, il Liverpool spedì l’ex talento dell’Inter alla corte di Lionel Messi. Per la modica cifra di 150 milioni di sterline. Una scelta voluto anche dallo stesso Klopp, che era convinto che il suo Liverpool rischiasse di diventare troppo dipendente da Coutinho e dalla sua creatività. Così, all’inizio di quella stagione, decise di cambiare modulo e passare al 4-3-3: una scelta fatta per togliere centralità al brasiliano, ma anche per cominciare a tracciare la strada per il futuro.

 

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La montagna di soldi incassata dal Barça è servita al Liverpool per acquistare Virgil van Dijk e Alisson, i giocatori che mancavano a Klopp per fare il definitivo salto di qualità. Due top player perfetti per una squadra che vuole avere il controllo della partita, difendere in modo ambizioso e attaccare con accelerazioni improvvise. Le vittorie conquistate negli ultimi anni hanno fatto crescere il fatturato, ma anche l’appeal del brand-Liverpool: in passato i Reds erano considerati una tappa intermedia prima del trasferimento nelle big del calcio europeo. Come dimostrano i casi di Suarez e Sterling, oltre che dello stesso Coutinho. Oggi invece, il Liverpool può legittimamente aspirare all’acquisto di Kylian Mbappé, forse uno dei pochi giocatori che potrebbe far crescere ancora l’ingranaggio perfetto costruito da Klopp.

I numeri e l’eredità

Bastano pochi numeri, riportati da Il Calcio Inglese, per capire l’impatto avuto da Jurgen Klopp al Liverpool. 272 partite giocate, 164 vittorie, 565 gol fatti e 107 clean sheet. Non bastano? Eccone degli altri. 55 avversari battuti su 59 affrontati, 88 giocatori utilizzati. I Reds, inoltre, non perdono ad Anfield Road da 61 partite.

E poi ci sono i trofei: una Champions League, una Supercoppa Europea, un Mondiale per Club e una Premier League. Il tecnico tedesco è l’allenatore più veloce della storia della sponda rossa del Merseyside a raggiungere quota 100, 200, 300, 400 e 500 gol, a vincere 100 partite di Premier e aver la miglior percentuale di vittorie (61,03%).

 

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Il percorso che ha portato agli ultimi successi resterà e caratterizzerà il Liverpool per tanti anni a venire, perché Jurgen Klopp ha dato una nuova identità a un grande club. E ha creato qualcosa che sopravviverà al suo stesso ciclo. La cosa più grande e più bella da fare, ma anche più rara e difficile, per un allenatore di calcio.