Il rapporto tra Danny Buijs e Cyril Ngonge nasce da una litigata in allenamento, colpa di una battuta di troppo fatta nel momento sbagliato. «Gli dissi che con me c’erano delle regole da rispettare. Mi bastò uno sguardo per farglielo capire». Tirata d’orecchie e messaggio ricevuto forte e chiaro.
Contesto. Cyril è la stellina del Groningen, squadra dell’Olanda del nord più vicina a Brema che ad Amsterdam, gioca sia esterno che trequartista, fa il sette e il dieci contemporaneamente. Buijs è invece l’allenatore, un sergente di ferro che lo ha aiutato a diventare grande. Il Verona oggi ringrazia. «Era già uno dei più forti, andava solo un po’ formato. Doveva crescere». Bastone e carota. «Sotto l’aspetto caratteriale è un ragazzo non semplice da gestire. O meglio, andava capito. Io l’ho allenato per tutta la scorsa stagione e credo di avergli insegnato a gestire bene le situazioni, perché molte volte non capiva quando era il momento di scherzare e quando di essere seri e concentrati». Questione di mentalità.
«Abbiamo parlato molte volte delle nostre vite, quasi mai di calcio»
Il presente dice Hellas Verona, due squilli in tre partite al debutto in Serie A. Impatto devastante. «Ti sembrerà scontato ma me lo aspettavo. Gliel’ho detto anche a lui per messaggio, sia dopo la firma con l’Hellas che dopo il primo gol. Ci sentiamo sempre nei momenti importanti. Ora però viene il bello, dovrà confermarsi. È il momento di correre sempre più veloce e non guardarsi indietro». Per Cyril non è mai stato un problema. Lui che a 19 anni ha debuttato in Champions con il Bruges contro l’Atletico Madrid, buttato nella mischia a sorpresa. Se l’è cavata bene. Poi tante tappe tra Eindhoven, Waalwijk e appunto Groningen. «Abbiamo parlato molte volte, ma non solo di calcio, anzi a dir la verità di calcio quasi mai. Per quello c’era il campo. È fuori invece che ho conosciuto Cyril, mi ha raccontato tutte le difficoltà incontrate nel momento in cui è andato via di casa in cerca di fortuna nel pallone. Ci raccontavamo episodi di vita. Una volta mi disse una cosa che non dimenticherò mai». Qui Danny si ferma, sorride e riparte. «Mi ripeteva che voleva seguire l’esempio del papà, che è arrivato a giocare in Premier League con Watford, Huddersfield e QPR. Ha iniziato a giocare a calcio per questo. Michel, il padre, è stato per lui modello, riferimento e guida. Ora ha una bella opportunità in Serie A, credo che possa fare bene e arrivare davvero in alto. Ci vorrà però la testa giusta».
Cyril Ngonge, tra gol di scorpione e sgridate
A un certo punto della chiacchierata Buijs apre lo scrigno dei ricordi e tira fuori una cartolina. Una di quelle che conservi con cura e che ti piace riguardare, se capita. «Arriva una palla dalla sinistra, Cyril si coordina in area e con lo scorpione la mette all’incrocio. Un gol assurdo. Davvero una roba mai vista, di quelle che vedi una volta nella vita. La sua migliore qualità è quella di stupire, inventa giocate quando non te lo aspetti. Spesso è decisivo e risolve le partite». Poi un altro flash. «Era uno che parlava sempre durante gli allenamenti. Anche se non giocava, diceva la sua. Di solito chi gioca meno non parla durante le sedute video o in spogliatoio. Non lui. Se una cosa non gli piaceva alzava la mano e interveniva. Ma è fatto cosi, devi saperlo prendere». Avviso a Zaffaroni e personalità al potere. «Ogni tanto l’ho ripreso, sgridato. Ma sa che l’ho fatto per lui. E ancora oggi mi ringrazia. Mi fa piacere sapere di aver avuto un ruolo nella sua crescita».
L’Hellas e una salvezza che rappresenta l’El Dorado
Oggi Ngonge, 23 anni a maggio, è l’oro del Verona, arma in più fondamentale nella lotta per non retrocedere. Serviranno gol e guizzi. «Spero di riscrivergli tante volte da qui a fine anno!» In ogni tappa c’è della sua vita c’è un messaggio di Danny, ormai amuleto a ogni traguardo raggiunto ma che gli ricorda anche di volare basso e tenere i piedi per terra. Step by step. «Lo seguo sempre, ormai l’SMS è diventato un rito». Nella speranza che il prossimo arrivi dopo la conquista della salvezza. Per Cyril e l’Hellas restare in A rappresenta l’El Dorado.