Se il calcio è sempre stato una straordinaria fonte d’ispirazione per la musica italiana, dai classici inni delle squadre alle varie canzoni d’autore (da “La leva calcistica del ’68” di Francesco De Gregori in poi), non si può dire lo stesso per Sanremo: forse anche per l’esigenza di ricorrere a temi tradizionali per accontentare il grande pubblico, il calcio non è praticamente mai stato contemplato in nessuna delle 71 edizioni del Festival.
Scorrendo rapidamente le oltre mille canzoni portate all’Ariston e in tutti gli altri teatri in cui si è svolta la manifestazione, troviamo davvero solo una canzone che parli di pallone, e nemmeno in maniera troppo convinta: sfortunatamente non è passata alla storia Cieli Azzurri di Pupo, che nell’edizione 1983 aveva intenzione di ammiccare tra le altre cose all’Italia di Bearzot campione del mondo: nuovi cieli azzurri/sopra il mondo intero/dopo il fischio brasiliano/era azzurro ogni mio pensiero… Finì in 26^ e ultima posizione con appena 1.931 voti, uno in meno della canzone classificatasi penultima, una certa “Vita Spericolata” di Vasco Rossi.
Sono invece quattro le canzoni di Sanremo che citano un calciatore realmente esistente: curiosamente, nessuno di loro è italiano. Procediamo in ordine cronologico inverso e iniziamo dalla più recente, E invece sì di Bugo (2021) che dopo il famoso episodio che l’aveva visto involontario protagonista nel 2020 fu “risarcito” con una partecipazione in solitaria in cui veniva citato anche Cristiano Ronaldo, all’epoca ancora fuoriclasse della squadra del cuore del cantautore torinese.
Vorrei pensare che Ronaldo non sia perfetto
Vorrei essere onesto ma non timbro il biglietto
Era del 2019 la citazione del più irregolare e meno forte del quartetto, nonché probabilmente l’unico citato per motivi non essenzialmente calcistici: parliamo di Paul Gascoigne, l’ex fantasista di Lazio e Tottenham che finisce nel testo di Rolls Royce di Achille Lauro, rivelazione di quell’edizione con un ottimo nono posto e soprattutto un grande successo di pubblico.
No non è un drink è Paul Gascoigne
No non è amore è un sexy shop
Abbiamo citato Ronaldo, ma poteva mancare Leo Messi? Infatti “la Pulce” fu evocata all’Ariston addirittura nel 2012 da uno dei maggiori cantautori italiani degli ultimi decenni, il bolognese Samuele Bersani che in Un pallone usa la metafora calcistica come forma di sopravvivenza alla tristezza, alla depressione e a “un ambiente malato in cui è sempre lunedì”. Non è il miglior Bersani, ma arrivò comunque nono.
Un pallone rubato
E’ dovuto passare
Dalla noia di un prato all’inglese
A un asfalto che fu Garibaldi a donare,
Dalle scarpe di Messi
Alle scarpe ignoranti
E infine il pezzo migliore dei quattro, un piccolo capolavoro di fantasia e provocazione che portò per la prima volta il rap sul palco dell’Ariston. Merito degli Aeroplanitaliani, un sestetto di Vercelli in gara nella categoria Nuove Proposte che ruotava intorno alle idee del vocalist Alessio Bertallot: Zitti Zitti (il silenzio è d’oro) si apriva con una serie di citazioni dai tg dell’epoca, da Alberto Tomba alla P2, dall’emergenza-albanesi alla Guerra del Golfo, e nel “blob” iniziale trovava spazio anche Diego Armando Maradona, che in quei mesi stava ancora scontando la squalifica per doping incassata nell’aprile 1991. Pezzo bellissimo, avanti di almeno dieci anni, passato alla storia del Festival per i clamorosi venticinque secondi di assoluto silenzio al centro dell’esecuzione: un colpo di scena che non venne per nulla compreso dalle giurie, che lo eliminarono alla prima serata. Ma vinsero il Premio della Critica.
A voi la linea, allarme ambiente
crisi del golfo, bombe intelligenti
guerra, tempesta, Maradona
la strage del sabato sera