Sull’edizione odierna del Fatto Quotidiano si trova un’interessante inchiesta sull‘AIC, l‘Associazione Calciatori Italiani, presieduta da Damiano Tommasi. Ufficialmente l’ex giocatore della Roma e gli altri responsabili non sono retribuiti, ma in realtà percepiscono uno stipendio tramite AIC Service, la società di servizi dell’assicurazione. Così a Tommasi vanno 180mila euro lordi, mentre ai consiglieri 30mila: a queste cifra vanno aggiunti i rimborsi spesa.
Dall’inchiesta emerge anche di come ci sia praticamente una conduzione familiare dell’Assocalciatori. Nell’ufficio legale, infatti, lavora Alessandro Calcagno, fratello del vice-presidente Umberto. Il direttore generale Gianni Grazioli, invece, è circondato dagli affetti: c’è suo cognato e anche altri due collaboratori, provenienti dall’attività personale della moglie. Basti pensare che solo nel 2018, AIC e AIC Service hanno speso complessivamente un milione e mezzo di euro per i dipendenti.
Non finisce qui: l’Assocalciatori spende 600mila euro all’anno in consulenze e 250mila in viaggi e trasferte. Inoltre, Tommasi e Calcagno si sono auto-assegnati anche un’auto aziendale e quando lasceranno l’azienda, riceveranno anche il Tfr.
L’AIC non accumula soltanto i soldi, ma li investe anche. Negli ultimi dieci anni, il patrimonio complessivo è cresciuto dell’80%. Senza dimenticare degli investimenti finanziari e immobiliari per un totale di 4,6 milioni di euro. Inoltre, c’è il fondo di accantonamento delle indennità di fine carriera, il salvadanaio in cui i giocatori incassano una parte dello stipendio per ritirare l’assegno al momento del ritiro. Parte di questi risparmi sono stati usati investendoli nel mondo del mattone, acquistando degli immobili e mettendoli a rendita. Sono intestati alla Sport Invest 2000, una società che dovrebbe contribuire al futuro dei giocatori e degli allenatori. E che invece è in perdita, intaccando così il suo patrimonio (e il fondo che ne detiene la proprietà.