The Chosen One’ ce l’ha fatta. 1097 partite dopo, il prescelto di Sir Alex Ferguson. Nella Fortuna Arena di Praga, la Fiorentina ha perso l’occasione di porre fine a un digiuno di successi lungo 22 anni. Il 2-1 contro il West Ham sa di beffa per il modo in cui la Viola di Italiano ha condotto la gara e per le modalità con cui è arrivato il gol vittoria: al 90’, dopo un rimpallo perso, per la fede nel gioco e nelle idee coraggiose del tecnico.
Mentre l’Italia perde la 2a delle sue 3 finali europee di questa stagione, in Inghilterra il West Ham festeggia. 43 anni dopo l’ultima volta. E c’è chi si è tolto, forse una volta per tutte, un’etichetta che ne ha compromesso la carriera.
Il peso di un’eredità
26 agosto 2013. L’Old Trafford è teatro della prima partita casalinga della stagione dello United. Davanti c’è il Chelsea. Il settore dello Stretford End espone uno striscione prima del fischio d’inizio: ‘The Chosen One’, il prescelto.
Un riconoscimento che da un lato è attestato di stima e fiducia, dall’altro porta con sé il peso inquantificabile di un’eredità. Quella di Sir Alex Ferguson. La leggenda dei Red Devils ha appena lasciato la panchina dopo 27 anni indicando come suo successore David Moyes. Scozzese anche lui, reduce da 11 stagioni alla guida dell’Everton, Moyes sembra l’uomo giusto. Al primo appuntamento della stagione, 15 giorni prima, ha risposto presente vincendo il Community Shield contro il Wigan. Le premesse fanno ben sperare. Così come i 6 anni di contratto appena firmati.
Poi il crollo. 9 mesi dopo di Moyes non c’è già più traccia: ‘The Chosen One’ viene esonerato dopo un ko contro quello che era stato il suo Everton fino alla stagione prima. 10 mesi fallimentari con il Man United praticamente fuori da tutto e con la dirigenza che pur di salvare in qualche modo l’annata affida la panchina alla bandiera del club Ryan Giggs.
Il fallimento: prima e dopo
Quel fallimento, dopo essere stato scelto da Ferguson, ne comprometterà forse gli anni a venire. Era arrivato ai Red Devils nell’estate del 2013 dopo 11 all’Everton.
Aveva preso i Toffees dalla zona retrocessione nel 2002, ad appena 24 anni, e li aveva portati nel corso stagioni successive a centrare 4 qualificazioni alle competizioni europee: 3 in Coppa UEFA, 1 in Champions League. In più aveva centrato una finale di FA Cup nella stagione 2008/09, persa 2-1 con il Chelsea. I 10 mesi allo United hanno ridimensionato la sua figura in Inghilterra, ma non all’estero. In un primo momento. Per una stagione e mezza vola in Spagna alla Real Sociedad dove chiude prima al 12° posto e poi viene esonerato a metà del 2° anno in una situazione di classifica complicata.
La stagione successiva torna in Inghilterra, al Sunderland, dove però prosegue la sua parabola discendente con l’ultimo posto in Premier League e la retrocessione in Championship. Un’annata da dimenticare, la cui unica cosa che verrà ricordata con piacere sarà l’aver ispirato la serie ‘Till I die’ sulla stagione seguente.
La rinascita con il West Ham
Poi inizia la sua avventura al West Ham. Prima una breve parentesi nella stagione 2017/18, con gli Hammers che chiudono al 13° posto. Piazzamento che però non evita a Moyes l’esonero a giugno. Dentro al suo posto Manuel Pellegrini, in un West Ham che verrà rivoluzionato.
Il 1° gennaio 2020, però, l’annuncio: «David Moyes torna sulla panchina del club». Gli Hammers sono in crisi dopo un girone d’andata con appena 19 punti. Quello che si ripresenta è un Moyes diverso: «Il mio ritorno è un’ottima cosa per entrambi. Per me, perché torno a fare quello che amo. E per il West Ham, perché hanno un grande allenatore. Quando ero più giovane dicevo «Va bene così, può capitare». Ora no. Voglio tornare il David Moyes del Preston o dei primi anni all’Everton quando i giocatori piangevano dal lavoro». La missione salvezza gli riesce: a fine anno è 16°.
All’avvio della Premier League 2020/21 è un altro West Ham. Moyes centra il miglior piazzamento degli ultimi 40 anni con un 6° posto che significa Europa League. Anzi, forse c’è anche un po’ di rammarico, visto che gli Hammers chiudono a -2 da un piazzamento in Champions. Gli uomini, però, sono quelli giusti. Nessuna campagna di mercato faraonica ma innesti precisi, voluti e sensati da quando è tornato nel gennaio 2020. Tra tutti, Souček dallo Slavia Praga e Bowen dall’Hull City, dopo 3 stagioni consecutive in doppia cifra.
Proprio quel Jarrod Bowen che ieri ha scritto una pagina di storia col West Ham. Non un nome altisonante, senza un appeal internazionale, ma dannatamente decisivo. Per gli Hammers. Per David Moyes. Che 1097 partite dopo ha vinto il suo primo trofeo importante da allenatore, restando sempre fedele alla sua idea. Un 4-2-3-1, all’occasione 5-4-1, più adatto a contenere che a creare. Più fisicità, meno possesso. Estremizzazione della verticalità, difesa bassa. Declan Rice e company ne sono la più alta espressione del suo credo calcistico.
E la Fiorentina ne ha fatto le spese. «Abbiamo reso fantastica una stagione fin qui deludente. Non mi piace il termine ‘leggenda’. Ho 60 anni, non è sempre bello essere allenatore. Ma momenti come questo rendono speciale il mio lavoro. Su quel pallone ho corso con Bowen. Non una corsa pazza stile Mourinho, ma lungo la linea. E Dio quanto ho sperato che non fosse fuorigioco!». David Moyes ce l’ha fatta, 1097 partite dopo.