La favola di Roberto De Zerbi è appena iniziata

by Redazione Cronache

di Andrea Sperti 

Coraggio e personalità.
Due parole semplici da affiancare ad un tecnico giovane ma già esperto. Roberto De Zerbi sintetizza questi due concetti meglio di chiunque altro nel mondo del calcio, perché da una parte ha un coraggio quasi sfacciato nel proporre le proprie idee e dell’altra ha la personalità giusta per far in modo che queste siano recepite dai suoi giocatori e rispettate da tutti gli addetti ai lavori.

Certo, gli alti e bassi ci sono stati, ci sono e ci saranno. È la vita dell’allenatore che li genera e non può essere altrimenti, soprattutto se alla prima esperienza in Serie D retrocedi con la prima squadra che ti concede un’opportunità.
Era il 2013, il club il Darfo Boario, un club con poche ambizioni che, però, è servito all’attuale tecnico del Sassuolo per capire se da grande avesse davvero voluto vivere ancora di calcio.

Il primo amore non si scorda mai

Dopo quell’esperienza è arrivato il Foggia, un’avventura travolgente, forse l’amore della vita, quello che non dura per sempre ma rimane nel cuore al di là di come vada a finire. Foggia è stato il posto giusto al momento giusto, la vetrina dove mettersi in mostra insieme alle sue idee. La piazza conosceva il calciatore ed ha imparato ad apprezzare il tecnico. Un uomo diretto, schietto, che appena ha visto le sue ambizioni non andare di pari passo a quelle della società ha scelto di andare via, di rescindere il contratto, per non essere complice di un fallimento sportivo, a suo dire, scontato. Qualche giorno fa è stato ospite della Bobo Tv ed in quell’occasione ha ribadito quanto sia stato difficile ma allo stesso tempo emozionante lavorare in una piazza calda come Foggia:

«Io a 34 anni ho allenato il Foggia e in C non puoi passeggiare. Hai più pressioni a Foggia in C che a Sassuolo in A tra stampa e tifosi. Se fai questo lavoro devi sentirti pronto. Poi devi fare la conta con il materiale che hai a disposizione e le condizioni in cui ti mettono. Ogni tanto l’allenatore deve avere la forza di dire di no, non per paura perché i giocatori sono più importanti nell’andare a prendere il risultato ma non per sminuire la mia figura».

Eppure gli anni in Puglia hanno rappresentato una palestra di vita e di calcio. Il suo 4-3-3 ha iniziato a diventare famoso ed i video dei gol dei rossoneri ad essere virali, nonostante i Satanelli fossero nel girone C di Serie C. Si parla di quella maglia e di quella città e subito riaffiorano alla mente gli anni d’oro di Zdenek Zeman. De Zerbi, in recente intervista a La Gazzetta dello Sport, ha voluto ribadire, però, quanto il suo 4-3-3 sia stato diverso da quello del boemo, nonostante alcuni principi tattici fossero simili:

«Zeman è un grande maestro di calcio. Ma rispetto alla mia idea il suo gioco è più verticale, ed è codificato. Io preferisco far tenere quanto più possibile la palla tra i piedi dei miei giocatori. Io e Zeman siamo agli opposti».

Palermo e Benevento, ‘fallimenti’ fondamentali

Dopo la risoluzione consensuale con i rossoneri, De Zerbi ha accettato altre due proposte, altrettante complicate ma anche molto stimolanti. Lo abbiamo detto prima: personalità e coraggio. Sono bastate queste due per auto-convincerlo a firmare prima con il Palermo e poi con il Benevento. Con i rosanero l’epilogo sul campo è stato quasi disastroso, a causa delle sette sconfitte consecutive rimediate dopo l’unica vittoria contro l’Atalanta. Con i sanniti, invece, l’impresa era disperata ma i 18 punti conquistati nel girone di ritorno hanno rappresentato un bel biglietto da visita per il suo futuro. Tra l’altro, come ribadito in alcune dichiarazioni rilasciate a calciobresciano.it, De Zerbi ha vissuto l’esperienza più bella della sua carriera da allenatore sulla panchina del club campano e non si tratta certo di un momento nel quale ha alzato un trofeo:

«La partita più bella della mia vita da allenatore fu proprio con il Benevento. Dovevamo affrontare il Milan sapendo che anche una vittoria non sarebbe bastata per la salvezza. In riunione dissi ai ragazzi che se dovevamo entrare nella bara dovevano chiuderla bene altrimenti saremmo saltati fuori. Tenevamo tantissimo a quella sfida, giocammo nell’anticipo del sabato e vincemmo. I ragazzi piangevano di gioia negli spogliatoi. Il giorno dopo l’Udinese vinse e fu Serie B, ma se ripenso a quella vittoria la considero più importante di un trofeo».

De Zerbi Sassuolo

Sassuolo, la sua creatura

Infine Sassuolo, la prima vera grande occasione della sua vita e soprattutto una creatura formata a sua immagine e somiglianza, nonostante magari non sia facile lavorare con tanti giovani, spesso attratti dalle fastidiose voci di mercato.
Con i neroverdi, in ogni caso, il suo gioco ha vissuto un’evoluzione tattica. L’allenatore bresciano ha scoperto la difesa a 3, sebbene non la proponga spesso, ed anche un nuovo sistema di gioco, il 4-2-3-1, con due centrocampisti bravi nelle due fasi e tre trequartisti abili nell’inventare gioco e mettere la punta nelle migliori condizioni possibili per colpire.
I principi del suo calcio sono difficili da assimilare subito, ma lavorare con lui è divertente e stimolante, anche perché nel 70% delle sedute di allenamento il pallone è un fedele compagno di viaggio di tutti i calciatori.

I principi tattici

Costruzione dal basso con coinvolgimento del portiere, occupazione simmetrica degli spazi offensivi, rotazioni posizionali, pressing alto, rapido fraseggio ed utilizzo del terzo uomo per la progressione. Sono questi i concetti di base del suo gioco, un gioco basato sugli scambi posizionali puntuali, con l’intento di attirare i difensori avversari fuori posizione per smarcare i propri giocatori offensivi.

Questa idea di calcio comporta un grande dispendio di energie fisiche e mentali ed attuarla con giocatori giovani, come quelli presenti nella rosa del Sassuolo, non è facile e a volte costa punti e critiche.

De Zerbi è uno dei maggiori fautori della costruzione dal basso. Iniziare l’azione dalla propria area di rigore fa parte della sua filosofia di gioco, nella quale buttare la palla è un concetto che non esiste. Proprio di questo ha parlato nel suo intervento alla Bobo Tv, spiegando come i suoi principi tattici non debbano mai venire meno:

«Perché la costruzione dal basso viene fatta? Perché, per me, buttare la palla e andare allo stacco di testa, e andare a recuperare su un rimbalzo, è scommettere. E siccome a me non piace scommettere, preferisco allenare la squadra a uscire, se si può, palla a terra. Lì è lavoro. E siccome credo più nel lavoro che nella scommessa, allora faccio questo. Le mie squadre hanno avuto sempre giocatori di qualità. La palla non voglio fargliela arriva nei denti, ma cerco di fargliela arrivare sui piedi. La faccio sempre? No. Se siamo in parità numerica, la parità numerica non andiamo a giocarcela vicino alla nostra porta, ma andiamo a giocarcela più avanti. Certamente non buttando il pallone».

In realtà, però, nelle varie esperienze vissute sulle panchine della sua carriera, De Zerbi ha sempre ricevuto complimenti anche dai giocatori che non allenava più. Bakary Sagna, ad esempio, è stato allenato da grandi allenatori ed ai tempi del Benevento ha paragonato il mister bresciano a Guardiola:

«Il mister Roberto De Zerbi è come Pep Guardiola, lui vuole che la squadra giochi bene a calcio e che si dia tutto per la squadra. Il suo allenamento è simile a quello facevo al Manchester City, per me è un grande allenatore».

Anche Giacomo Raspadori, prodotto del settore giovanile del Sassuolo, ha recentemente elogiato il calcio di De Zerbi, spiegando come sia ideale per una punta:

«Il calcio di mister De Zerbi devi capirlo, non devi avere solo delle qualità, non è semplice, è anche difficile. Per noi attaccanti è importante saper alternare le fasi, saper venire a cucire il gioco, saper andare in profondità, essere in grado di leggere i momenti della partita, non tutti i momenti sono uguali, avere la mente aperta».

La crescita incredibile di Locatelli e Djuricic

Tanti giocatori stanno crescendo al suo fianco. I vari Berardi, Traorè, Muldur, Boga, lo stesso Raspadori, ma soprattutto Manuel Locatelli, un nome ormai sulla bocca di tutti e sul taccuino di tanti top club europei, cresciuto grazie agli insegnamenti tattici del suo mister. Prima di De Zerbi l’ex Milan era una mezzala capace anche di svolgere il ruolo da regista, seppur con qualche affanno, mentre adesso rappresenta il prototipo di centrocampista moderno, abile nelle due fasi e capace sia di costruire che di rompere gioco. Non è escluso che durante la prossima estate, se De Zerbi dovesse andare via dal Sassuolo, potrebbe voler portare con sé il suo centrocampista, magari chiedendolo come garanzia per il nuovo progetto tecnico che andrebbe a cominciare.

Un altro giocatore che è sbocciato definitivamente con l’aiuto di De Zerbi è, senza dubbio, Filip Djuricic. Il talento serbo, cresciuto nell’Heerenveen, è stato sempre un diamante grezzo, capace di alternare grandi giocate ad errori madornali, anche tecnici.
I due si sono conosciuti a Benevento ed il tecnico bresciano ha deciso di puntare su di lui anche al Sassuolo. De Zerbi ha costruito una squadra intorno alle potenzialità di Djuricic ed ha cambiato il suo modulo, per permettere al trequartista di agire dietro la punta, nella sua posizione preferita.
Vedendo la classe del fantasista nato nel 1992 non ci si può stupire dell’intuizione dell’ex allenatore del Foggia, ma andando ad analizzare le stagioni precedenti del serbo si può capire bene quanto abbia influito De Zerbi per la sua crescita sia tecnica che umana.
Il loro rapporto è basato sul classico bastone e carota, complimenti e sgridate, perché Roberto conosce Filip e sa che elogiandolo soltanto non farebbe il suo bene.

Insomma, lo scorso anno il Sassuolo ha chiuso all’ottavo posto in classifica, con 51 punti totali frutto di 14 vittorie, 9 pareggi e 15 sconfitte, con 69 gol fatti e 63 subiti. L’ultima statistica, quella delle reti incassate, è l’unico reale campanello d’allarme del gioco di De Zerbi, a volte troppo votato all’attacco, e probabilmente anche l’aspetto sul quale l’ex allenatore del Foggia dovrà lavorare di più.
In questa stagione, invece, dopo 30 giornate il Sassuolo ha ottenuto 43 punti e si trova ancora all’ottavo posto, una posizione di classifica che non permette ai neroverdi di sognare l’Europa ma garantisce loro tranquillità in chiave salvezza. L’obiettivo, più volte dichiarato nelle ultime settimane, è quello di superare i punti della scorsa stagione e magari guadagnare qualche posizione in classifica, nonostante la Roma settima sia distante ben 11 lunghezze.
Chissà che il prossimo anno De Zerbi non compia uno step successivo e vada ad allenare una squadra che punti a vincere anche nel massimo campionato italiano. Lui, partito dalla D, è arrivato in Serie A e adesso è apprezzato da quasi tutti. Manca solo un trofeo per convincere gli altri, quelli che criticano e forse un po’ invidiano la personalità ed il coraggio di questo giovane allenatore.