Cesare Pavese diceva che non si ricordano i giorni, ma gli attimi. Antonio Junior Vacca, infatti, ricorda bene quel giorno e quella partita, ma ricorda ancora meglio quel discorso durato pochi minuti, sembrati un’eternità. È il 13 giugno 2016 e siamo negli spogliatoi dello stadio Zaccheria di Foggia, dove i ‘satanielli’ hanno appena pareggiato, ma perso nel punteggio totale, la finale playoff di Serie C contro il Pisa. «Noi giocatori eravamo distrutti, tutti a testa bassa, qualcuno piangeva anche. Roberto rientrò e fece un discorso, passando faccia a faccia con ognuno di noi, che è ancora impresso nella mia testa. Ci chiese di non mollare e di continuare a credere nel progetto, per vincere l’anno successivo. Quell’anno con lui si creò un rapporto magico».
Così Roberto De Zerbi è entrato nel cuore di Antonio Vacca, e non solo, gettando le basi per un rapporto di amicizia, diventato quasi fraterno: «Proprio dopo che venne mandato via dalla società, io e Vincenzo Sarno (altro ex Foggia), decidemmo di tatuarci le sue iniziali perché avevamo capito che le nostre strade non si sarebbero più incrociate. Lui era troppo forte. Roberto è speciale e ha cambiato la mia idea di calcio e, soprattutto, la mia vita».
La ‘setta’ da Foggia
Marcello Quinto era uno dei veterani di quel Foggia. Oggi è un assistente di De Zerbi. Vincenzo Sarno era il 10 di quella squadra, il fantasista. Oggi studia per diventare osservatore e in futuro sogna di entrare nello staff di Roberto. Nonostante siano passati quasi 10 anni da quella stagione, anche il rapporto tra RDZ e Vacca si è fortificato.
«Noi quattro siamo molto simili. Gli altri ci definiscono una setta. Qualche giorno fa ci siamo sentiti e lui scherzosamente mi ha detto: ‘ora volete lavorare tutti con me’».
I due parlano spesso, quasi quotidianamente, per telefono, del più e del meno, ma quasi sempre di calcio giocato. «Roberto per me è una persona unica, sincera e che ti dice sempre le cose in faccia. E poi ha quel modo di parlare che ti incanta, ti entra dentro, soprattutto se il tema è il calcio». Recentemente Vacca è stato ospitato dal suo ex allenatore per seguire una settimana intera di allenamenti a Brighton. Potete immaginare cosa significhi passare 7 giorni al fianco di De Zerbi, nel bel mezzo della stagione.
«Passare del tempo con lui è come stare con Belen. Lui vive per quello, è malato. Vi assicuro che pensa costantemente, anche quando dorme, al calcio. Una sera eravamo a cena con il suo staff on un bel ristorante. Lui però sembrava assente, immerso nei suoi pensieri. Dopo un po’ riprese la parola e iniziò a spostare posate e bicchieri come pedine di una lavagna tattica».
La suola, dalla strada ai campi di Premier
Quello che in pochi sanno è che proprio Antonio Vacca ha cambiato la visione di De Zerbi riguardo a un fondamentale che ora è diventato uno dei capisaldi dell’allenatore bresciano. Sicuramente se avete seguito recentemente qualche partita dei Seagulls avrete notato la capacità, e a volte l’esasperazione, con cui i centrali (Dunk e Webster su tutti) attendono pazientemente la pressione avversaria, gestendo il pallone con la suola: «Ci capitava spesso quell’anno a Foggia, di incontrare squadre che volevano salvarsi e che rispondevano al nostro giro palla semplicemente aspettandoci. Così proposi al mister di ‘provocare’ questo tipo di avversari, sfidandoli. Volevo stare fermo, con la palla sotto la suola, per far sì che la loro pressione fosse maggiore, così da trovare poi spazi alle spalle».
Oggi è normale vedere, soprattutto i difensori, mettere in pratica questo ‘trucchetto da strada’. De Zerbi, da quella chiacchierata con Vacca, lo ha fatto diventare uno dei principi fondamentali del suo calcio in fase di costruzione e così ha migliorato tanti giocatori. «Secondo me è impressionante vedere come ha trasformato alcuni calciatori. Prendete Dunk ad esempio. Uno che era abituato solo a difendere e spesso a calciare lontano il pallone. Oggi è uno dei difensori con più tocchi e passaggi della Premier League ed è stato addirittura convocato in nazionale inglese. Queste cose fanno capire la grandezza di Roberto».
Il futuro
A distanza di anni, le loro strade si sono divise. Antonio ora sogna di chiudere la sua carriera in Serie D, per giocare con il cugino vicino a casa sua. Roberto è diventato uno dei migliori allenatori al mondo e il suo nome è già stato accostato a tantissimi top club europei, dal Bayern Monaco al Liverpool, passando per il Barcellona. «Io so già qualcosa, ma non posso parlarne. Vi dico solo che credo che sia arrivato il suo momento di giocare partite contro City o Arsenal, ma ad armi pari».
Non sappiamo cosa riserverà gli riserverà il futuro, se potranno ritrovarsi e lavorare di nuovo insieme, magari con altri ruoli. Di sicuro però entrambi non dimenticheranno mai quella stagione, quel giorno e quegli attimi. Perché il calcio è vita.