Da ragazzino non giocava, ora sogna di vincere l’Europeo, Coppola: ‭«Tutto partito da Verona»

by Giacomo Brunetti

Diego Coppola è giovane, ma il suo nome circola ormai da più di tre stagioni. Nato nel 2003 e cresciuto nell’Hellas Verona fin da piccolo, è arrivato in Serie A con la stessa maglia e adesso è uno dei protagonisti della Nazionale under-21 che sta preparando l’Europeo di categoria in programma a giugno. Su cui, Diego, ha grande fiducia: «Siamo un gruppo non solo di qualità, ma anche di bravi ragazzi: non ci sono mai screzi in allenamento, nessun battibecco. Alcuni di noi si conoscono da tanto tempo, avendo giocato insieme nelle varie under. E anche il mister ha già allenato sia alcuni 2003 che i 2002».

Adesso due amichevoli, poi appuntamento a fine stagione: «L’Olanda è una delle favorite all’Europeo, mentre la Danimarca è una grande squadra: abbiamo buone sensazioni, sappiamo di essere forti». Saranno queste due amichevoli a schiarire le idee e dare una linea più definita di quella che sarà la rosa che affronterà la competizione, in programma in Slovacchia. Con un occhio già al girone: «Conosciamo la Spagna, anche loro sono tra i favoriti, mentre la Romania dobbiamo ancora studiarla. La Slovacchia è la nazionale che ospita, ne ho parlato anche con Suslov a Verona, che è nella maggiore, e mi ha detto che sono molto bravi nell’u-21 e che ci batteranno, anche perché hanno lo stadio a favore. Io ho giocato in Slovacchia quando abbiamo partecipato all’Europeo u-19 e vincemmo 1-0, ma ci misero sotto soprattutto con i tifosi di casa che li incitavano». Ma tra le più forti c’è sicuramente la Francia, affrontata in amichevole lo scorso novembre a Empoli: «Ha una qualità altissima ed è tra le favorite. Vedremo all’Europeo… speriamo di beccarli in finale».

Hellas Verona fin dalla nascita

Diego ha già 70 presenze in Serie A e questa è la stagione in cui sta trovando tanta regolarità. Una continuità che contraddistingue tutta la rosa degli Azzurrini e che si pone come trend diverso dagli ultimi anni. L’Hellas ha dimostrato di essere un ottimo posto dove crescere per un difensore: «Le prime presenze le ho fatte con Tudor, nella stagione successiva ho iniziato a giocare con regolarità ma mi sono stirato un tendine e sono rimasto fuori per 3 mesi. Poi nella scorsa sono partito giocando un po’ meno e trovando la continuità in un secondo momento. Quest’anno è quello della consacrazione, diciamo così, mi sento meglio fisicamente e sento la fiducia di mister Zanetti e della società».

Lui, che nell’Hellas ci è praticamente nato e di cui porta tutto dentro: «Sono andato spesso allo stadio nell’annata in cui c’era Luca Toni in attacco. Nell’ultima partita di campionato della scorsa stagione contro l’Inter, siamo entrati in campo con le famiglie e mio fratello mi ha detto: ‘Come fai a giocare davanti a tutta questa gente?’. Era sempre stato in tribuna, non aveva mai visto la visuale dal campo. In effetti è un bell’impatto, mi chiedeva se davvero anche le proporzioni fossero così. Il nostro è uno stadio molto avvolgente, e soprattutto quelli con le tribune attaccate al campo mi stuzzicano: da San Siro a Marassi, ma anche quello di Cagliari che è più piccolo ma è una bolgia, senti di avere i tifosi attaccati».

Da ragazzino non giocava, poi l’esplosione

Uno spaccato di vita che lo ha portato fino in Serie A. Nelle giovanili, specialmente nei primi anni, Coppola non giocava molto, «praticamente mai, ero una riserva». Questo non gli ha impedito di farcela: «Ogni anno cambiava l’allenatore e puoi non ritrovarti tra le preferenze, vuoi per stile di gioco o per caratteristiche fisiche, oppure per come stai crescendo. Fino a 13 anni è stato così. Non ero ancora predisposto fisicamente, soprattutto, e infatti ero spesso giù per il calcio. Non pensavo neanche alla Serie A: era un sogno, ma proprio una cosa irraggiungibile, cioè neanche ci pensavo. Non dicevo ‘Ok, da grande farò il calciatore’». Ma è arrivata la svolta: «A 15 o 16 anni, che sono i primi che iniziano un po’ a contare di più, ho iniziato ad avere spazio. Mi è capitato di parlare con i ragazzini del settore giovanile e lo dico spesso: ‘Se non giocate oggi, non significa che non arriverete domani’. C’erano miei compagni a 11 anni che erano considerati grandi promesse e non sono arrivati neanche alla Primavera, io invece non giocavo e ora sono in Serie A e in Nazionale’. Io, ad esempio, a 15 anni ho trovato un allenatore che mi ha dato fiducia e da lì mi sono preso tutto».

Chi lo ha affrontato, ne ha parlato benissimo. Come Giovanni Simeone, ora al Napoli ma con un passato all’Hellas proprio quando Coppola si affacciava alla prima squadra. Proprio il Cholito disse che Diego era veramente difficile da affrontare, che preferiva non farlo: «Tudor ci chiedeva grande aggressività. A metà stagione andai in pianta stabile in prima squadra e giocavamo sempre addosso all’avversario, uomo a uomo attaccati, con pressing alto a tutto campo, quindi gli andavo forte da dietro. Poi Simeone è un ragazzo clamoroso, veramente bravissimo, anche adesso che abbiamo giocato contro di lui l’ho marcato standogli addosso e non si è mai lamentato di niente, così come in allenamento quando ero uno di 17 anni tra i grandi. Solitamente in allenamento ti chiedono di andare un po’ più piano, invece lui mi spronava a fare meglio e continuare ad alta intensità».

Il finale di stagione significa tutto per l’Hellas Verona, poi uno sguardo all’Europeo. In una rosa che ha saputo sorprenderlo: «Un ragazzo che mi ha colpito la prima volta che l’ho visto è Gnonto, dicevo: ‘Questo è un fenomeno’. Ma dico anche Palestra, non lo avevo mai sentito anche data la differenza di età, ma essendo due anni più piccolo mi ha impressionato: si vede che gioca nell’Atalanta, ha un motore veramente di alto livello e tecnicamente è forte».

Tocca a Diego prendersi tutto.

LEGGI ANCHE – ESCLUSIVA, GIULIANO SIMEONE A CRONACHE: «HO LOTTATO PER CONQUISTARMI L’ATLÉTICO»