Si è scatenato domenica all’ora di pranzo, nel derby emiliano col Bologna: prima l’assist a Scamacca (il suo 17° in stagione) e poi il gol (il suo 15°). Non è record solo perché Domenico Berardi aveva segnato 16 reti nel 2013/14, al suo primo anno di Serie A, e 17 la stagione scorsa, terminata la quale ha vinto l’Europeo con gli Azzurri. «Noi come Calabria ne abbiamo sfornati tanti di calciatori. Prendi Gattuso, è di un paese che dista qui 10 km, eh. Poi, onestamente, siamo una fucina di talenti perché c’è tanta fame. Il ragazzo qui che non si monta la testa ha più possibilità degli altri di emergere, perché sa che il calcio – soprattutto con i tempi che corrono – può cambiarti la vita a livello personale». A parlare è Alfonso Guerriero, il primo presidente di Berardi all’ombra della Sila, accanto a dove è nato Ciccio Cozza, a Cariati. E pure un altro campione d’Europa, Emerson Palmieri, ha origini qui: «Alfonso Palmieri, il suo bisnonno, è di Rossano. Tutti qui nel raggio di 15 km. Abbiamo Pancaro, l’ex Milan e Lazio, Fiore, Iaquinta… La Calabria è terra di talento. Il Padreterno ti può dare tutta la forza che vuoi, però prima di giocare con i piedi devi giocare con la testa. Se non hai la testa sei destinato a fare poca strada…».
Berardi, Cariati, Rossano
Berardi nasce a Cariati nel 1994 e nel 2007 arriva al Rossano, di cui Alfonso Guerriero è presidente: «Lui ha fatto i primi passi in una società limitrofa al Rossano, che si chiama A.c. Castello, una che faceva puro settore giovanile a livello locale a Mirto Crosia, un comune che dista 10 km da Rossano. Noi invece in quel periodo facevamo i settori giovanili ma a livello regionale. Siccome quell’anno mi ero avvalso della collaborazione di un mister di Mirto, che aveva appunto lavorato con l’A.c. Castello e aveva avuto Berardi, la prima cosa che mi disse era: “Presidente, noi avevamo un ragazzo a Mirto molto bravo…“», racconta a Cronache. Prima però precisa: «Berardi è originario di Longobucco, un paese in montagna nell’entroterra silano, però è nato a Cariati in virtù del fatto che era l’ospedale più vicino, diciamo». Quindi prosegue: «Abbiamo contattato questo ragazzo che è venuto poi a giocare con noi. E già dai primi passi ci siamo accorti che in effetti faceva la differenza coi pari età, ma era di gran lunga superiore. Arrivava dai Giovanissimi, ma noi l’avevamo già catapultato negli Allievi regionali. Con ragazzi di uno o due anni in più di lui, sembrava un veterano». Il passo successivo sono i 20mila euro che l’A.c. Rossano ottiene per la sua valorizzazione: «L’operazione la facemmo con la Juventus, che lo girò in prestito al Sassuolo». Ma c’è pure un retroscena di Floro Flores sul perché Berardi non abbia mai giocato in bianconero…
Primo calciatore calabrese (nato a #Cariati e cresciuto tra #Bocchigliero e #MirtoCrosia) a segnare 100 gol in @SerieA. A Domenico #Berardi @TgrRaiCalabria dedica la controcopertina nell’edizione delle 14:00#ioseguoTgr #Berardi100@SassuoloUS pic.twitter.com/Q6IP9j282x
— PasqualinoPandullo (@paspan14) March 19, 2022
«Questo è forte, ma va messo in riga»
Al Rossano, l’allenatore di Berardi si chiama Pino Toscano. La prima cosa che dice ad Alfonso Guerriero è: «Questo è forte, ma va messo in riga». Risate. «Mah, come tutti i fenomeni a quell’età si rendeva conto di fare la differenza. Non era un fessacchiotto. Sapeva di essere indispensabile per quelle categorie, è normale che la squadra che giocava con lui avesse più chances di vincere e quindi un po’ Mimmo si sentiva la primadonna, non a caso in effetti lo era. Era chiaro che a livello caratteriale era sempre un pochino meno disciplinato rispetto agli altri, però era molto forte già da allora». Difatti, Pino Toscano non può fare a meno di Berardi. Gli assegna persino il numero 10. «Io ero uno di quei presidenti che seguiva prevalentemente il settore giovanile – ricorda orgogliosamente Guerriero – non a caso, dalla nostra società è uscito anche Canotto, oggi al Frosinone (assieme ad Alessio Zerbin, n.d.a). Per chi come me ha fatto calcio ed è votato ai giovani, Berardi è un successo. Io l’ho sempre detto, bisogna investire più nell’allenatore dei settori giovanili rispetto al tecnico della prima squadra. Con me a Corigliano abbiamo avuto Alenikov, ex nazionale russo, ex Juventus, che giocò in Coppa Uefa. A uno come quello, cosa ci insegni? Invece ai ragazzi, se si prende un allenatore che crede nei giovani, sicuramente si può insegnare molto».
«Un segnale dal Cielo»
All’A.c. Castello, l’allenatore Paolo Conforti racconta che Berardi si allenasse colpendo le traverse: «È vero – conferma Guerriero – era un piacere vederlo calciare. A fine allenamento, il mister lo teneva lì a battere punizioni. Prendeva la porta, difficilmente calciava fuori. Aveva un sinistro eccezionale, lo ha mantenuto tuttora. Poi è chiaro che anche lui è stato fortunato, perché in quella partita di calcetto s’è trovato al momento giusto con la persona giusta». Ed ecco l’aneddoto forse più famoso in assoluto su Berardi. La mitica partita di calcetto da cui è nato il contratto col Sassuolo. «Sai, io penso che nella vita ci siano sempre coincidenze e circostanze, farsi trovare al momento giusto nel posto giusto è un segnale che scende dal Cielo», conclude Guerriero a Cronache. «Berardi è stato bravo a farsi trovare nel momento in cui gli è capitata l’occasione. Tanti papà portano i figli in giro a destra e a manca, spendono soldi ma non raggiungono alcun risultato. Lì è bastata una partita di calcetto, vedi, la fortuna. Mancava un ragazzo per fare ‘sta partita, lui era lì, il compagno lo conosceva. “Gioca con noi”, gli ha detto. Alla partita s’è trovato l’osservatore… Sono una serie di circostanze che ti fanno girare la ruota giusta, e becchi il jolly. Lui è stato bravo a beccarsi il jolly ed è stato molto bravo a calarsi nella realtà. È diventato un idolo al Sassuolo, è diventato un idolo in Italia ed è un vanto per tutti noi del Sud, a prescindere di chi come me in prima persona ha avuto l’onore di essere suo presidente. Per tanti sportivi e tifosi è un vanto essere concittadino di Berardi».