Fabio Grosso si racconta: «Chiedo tanto ai miei giocatori. Il mio percorso dall’Eccellenza al 2006…»

by Giacomo Brunetti

La carriera di Fabio Grosso rappresenta un unicum nel calcio italiano. Dall’Eccellenza al tetto del Mondo, con tanto di rigore decisivo. L’attuale allenatore del Sassuolo, secondo in classifica in Serie B e protagonista assoluto in questo campionato, sta lavorando duramente con l’obiettivo di riportare i neroverdi in A. Dopo aver stravinto nella stagione 2022/2023 con il Frosinone, adesso prova a ripetersi: «La storia racconta di difficoltà enormi per le neo-retrocesse in B dalla A. In tante recentemente hanno fatto male», qualcuna ha rischiato addirittura di andare in C. «Grazie alla disponibilità dei ragazzi e alla solidità della società siamo stati bravi a riavvicinare i pezzi e farli stare vicino. Se metti delle fondamenta solide è più facile tirar fuori le qualità dei ragazzi e le nostre sono importanti, ma senza fondamenta rimarrebbero perse nell’aria e anche controproducenti»: il Sassuolo è partito positivamente e non ha accusato il colpo. 

«Dobbiamo continuare a fare un grande lavoro, è un campionato tremendo e difficilissimo, ogni stagione ci sono due squadre che non ti aspetti che stanno ai vertici e tolgono il posto a quelle che invece ti aspetti che stiano su. Vogliamo tirare fuori le qualità dei ragazzi», in un campionato che comunque nasconde insidie dietro ogni angolo: «Pretendendo molto da me, pretendo tanto dagli altri. Mi piace dare tanto ma anche chiedere tanto. Per me intensità è anche sudore, ma pure quella tecnica: devi saper migliorare la qualità dei gesti per renderli in gara. C’è anche l’intensità mentale per essere presenti durante una partita. In Serie B trovi tanti ragazzi che attraversano la Serie B e poi diventano protagonisti in A. In tanti ne hanno. Vedi cose che non ti aspetti da squadre di B ma le fanno perché dentro hanno ragazzi che non sono noti ma che lo diventeranno».

La missione per riportare in A il Sassuolo

Fabio Grosso è ripartito anche dalle motivazioni di una rosa rinnovata, ma che comunque mantiene lo scheletro della passata stagione in A. E che non nasconde grandi ambizioni. Il Grosso allenatore è estremamente metodico, ha alte aspettative e punta molto sullo studio dell’errore, prendendo anche spunto, ad esempio, da partite di Champions League che poi riporta durante le sedute con la sua squadra per analizzare le situazioni: «Le esperienze vanno riportate per evitare gli errori, se i giocatori sentono che hai voglia di dedicarti a loro, questo ti arriva in cambio. Anche a livelli altissimi accade ciò che raccontiamo noi in allenamento, con ritmi e velocità diversi». Anche l’attenzione ai singoli è alta: «Se vedo che qualcuno, durante il suo percorso, cerca di non rischiare per non sbagliare, cerco di fargli capire come affrontare i momenti». Nella prima parte della settimana «lavoriamo su di noi, nella seconda metà anche sui nostri avversari». Plasmare una squadra «richiede tempo, che non significa in quantità ma di qualità». 

«Se in campo sei generoso, poi lo hai indietro: non vuol dire che devi inibirti per la squadra, ma esaltarti nel contesto di gruppo», e inoltre Grosso lavora molto con i riferimenti: «Ogni ragazzo ha un bagaglio che porta con sé, ma quando va in campo è un mio obiettivo ampliargli la veduta. Puoi rappresentare tutte le situazioni che vuoi in campo, ma nel weekend ci sono avversari veri e devi saper riconoscere il momento in cui ti trovi, saper superare qualunque scenario ed essere allenato per farlo. Mi piace arricchire».

La Serie B non è un campionato facile, neanche per una corazzata come il Sassuolo: «In Serie B ci sono molti giocatori che attraversano la categoria prima di andare in A. Tante squadre hanno questo tipo di calciatori e da tante squadre non ti aspetti proposte o giocate che invece arrivano proprio perché hanno questi elementi. È un campionato interessante anche per questo, in cui ogni partita ha una storia ha sé e l’approccio alla gara è fondamentale».

Fabio Grosso è maturato come allenatore a Frosinone, dove ha vinto la Serie B due stagioni fa. In rosa aveva alcuni giocatori partiti dalle serie minori, proprio come lui da calciatore, come, tra gli altri, Boloca (ritrovato a Sassuolo) e Gelli: «Ripetevo sempre il concetto di sentire le farfalle nello stomaco per poter raggiungere risultati di livello. Martellavo su questo. Quindi in una delle ultime riunioni, a promozione acquisita, la squadra prese la parola: ‘Mister, le farfalle le abbiamo sentite eccome’. Tirarono fuori tantissime farfalle di cartoncino e le lanciarono in aria. I percorsi sono lunghi e faticosi, ma solo così arriva il bello. Ricordo con piacere quell’esperienza, ogni volta che incontro qualcuno di loro in pochi secondi si riaccende la fiamma di un percorso lungo».

Una carriera incredibile: dai dilettanti al tetto del Mondo

Come quello di Grosso da calciatore: «Ho fatto un percorso da calciatore lunghissimo. Raro, quasi unico. Sono partito con 3 anni di Eccellenza e sono arrivato a vincere un Mondiale. Ho vinto l’Eccellenza e sono andato in D». E qui ci regala un aneddoto ai tempi del Renato Curi: «Ero molto giovane, alla vigilia della nostra prima partita in Serie D, il mio allenatore chiamò i giocatori più rilevanti la sera prima della gara per le ultime informazioni. Quando chiamò a casa mia, però, non mi trovò. Ero fuori con i miei amici, vivevo tutto come un gioco, studiavo ancora. Mi sentivo ancora dilettante. Ma la sua fiducia era tanta. Mi chiamò mia madre per dirmi della telefonata. Era delusa anche lei. Il giorno dopo ci fu una riunione per parlare dell’accaduto, della delusione che avevo dato al mister. In partita feci tripletta e vincemmo 6-2, da quel giorno sono diventato un professionista». 

Grosso ci dice: «Sono convinto che nelle serie minori ci sia tanta qualità ma serve la lungimiranza per capire il potenziale del percorso di alcuni ragazzi. E da parte dei ragazzi, la tenacia di saper resistere alle difficoltà. Ne ho incontrati tanti con capacità e sono convinto da allenatore di aver provato a fargli fare quel percorso». 

Il punto più alto è sicuramente stato il Mondiale: rigore procurato contro l’Australia («Netto! Senza dubbio!»), gol in semifinale nel recupero contro la Germania e rigore decisivo per la vittoria in finale con la Francia. La Francia per lui rievoca anche momenti poco positivi: come quando, nel 2023, era tornato a Lione – «dove avevo giocato e la città mi aveva accolto benissimo» e aveva anche alzato tre trofei, tra cui una Ligue 1 – ma la sua avventura non è andata come auspicato. Prima di una gara contro il Marsiglia è stato colpito da una sassata da parte dei tifosi del Lione, in protesta contro il Club: «Ti rendi conto di quanto sei fragile, una brutta giornata. Me la porto dietro con grande cura. Lione è un posto che adoro, ho ritrovato persone belle. Non cambierei la scelta che ho fatto, come altre un po’ kamikaze, ma sono così, lascio i posti senza rabbia e con la consapevolezza che serva tempo per fare le cose bene. Quella sassata mi ha quasi colpito l’occhio, ho mosso il viso poco prima. Ho sentito un grande rumore, sono andato a terra. Avevo il volto pieno di sangue e mi sono ritrovato in ospedale».

Ora il Sassuolo per una tappa importante del suo percorso da allenatore, iniziato nelle giovanili della Juventus dove ha vinto tutto grazie anche ai gol di Moise Kean: «Ai giovani come lui dico sempre che le qualità da sole non bastano per fare certi percorsi. Lo vedo maturato e pronto nel fare quello che sta facendo alla Fiorentina. Lo vedo centrato sulle cose che vuole ottenere».

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