Il campanello suona due volte. È quel sabato del mese. Sono le nove meno un quarto. Alla porta c’è un ragazzo di vent’anni, gioca a calcio e ne parlano bene. Ogni tanto da una mano in un’impresa edile per arrotondare. In passato ha fatto il muratore, il serramentista e ha riparato tetti, ma negli occhi ha solo San Siro, l’Allianz e l’Olimpico.
Rito tutto suo
«Ancora tu, Fede?». Graziano Pavesi, dirigente del Verbania, alza gli occhi al cielo ma gli vuole bene. Come il suo rito. «Dormo alla grande solo qui, mister». Dove non sente rumori. Verbania è piccola, dà sul Lago Maggiore, tutti conoscono tutti, e Federico Gatti è uno di quelli di cui si parla di più. Come delle sue abitudini: prima delle partite in casa va a dormire da un dirigente per riposare meglio. Lui, il «bel caratterino» che a volte va inquadrato, tenuto a freno, timido timido di fronte all’uscio di casa Pavese. Quando lo racconta Pietro Fassoli se la ride: «Federico è un ragazzo d’oro col cuore di un guerriero». Appena preso dalla Juve per la prossima stagione, dopo sei mesi al top con il Frosinone in Serie B.
Stretta di mano
Scoperto per caso grazie a un guizzo. Annata 2017/18, Gatti gioca con il Pavarolo a centrocampo e sfida il Verbania in Eccellenza. Fassoli, il vecchio d.s, se ne sta seduto sugli spalti ad appuntare qualche nome. «In mezzo era uno come tanti – racconta a Cronache – Buona tecnica, discreto passo, ma l’ultima giornata lo ritrovo centrale difensivo. Aveva 19 anni. Noi eravamo salvi, il Pavarolo già retrocesso in Promozione, lo vedo fare la guerra contro tutti con personalità. A fine primo tempo corro da Andrea Adamo, un nostro giocatore simbolo, e gli chiedo di fermare quel ragazzo a fine partita. Volevo parlargli». Intuizione vincente: «’Ti va di venire a Verbania?’, gli domando. ‘I tifosi ci seguono, ti diamo un appartamento, stabilità economica e uno staff di primo livello’. Ci stringemmo la mano in mezzo al campo». Promessa mantenuta.
Arte della Guerra
In panchina c’è Roberto Frino, arrivato sul Lago proprio grazie a… Gatti. Retroscena curioso: «Se ho vinto un campionato di Eccellenza lo devo a lui! Nel 2017 Federico segna al Verbania con il Pavarolo e io subentro al posto del vecchio allenatore, esonerato proprio dopo quel match. In estate ci ritroviamo insieme. Pietro mi dice di osservarlo bene, ma dopo 5′ avevo già capito tutto. Un predestinato». Destino. «Ci ha sempre creduto. Se penso a lui mi viene in mente ‘L’Arte della Guerra’ di Sun Tzu. C’è un passaggio che dice ‘i guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra’. Per me Federico resta questo. È l’urlo del combattente che svetta di testa più in alto di tutti. Gli occhi di chi ha fame di successo. A inizio anno mi ha mandato un messaggio emblematico che lo fotografa alla grande. ‘Mister, ho già in mente la Serie A’». Alla fine ci è arrivato.
Scaloppine al limone
Anche grazie alla gente di Verbania. A Roberto, a Graziano, a Pietro. Quello che l’ha sempre difeso: «Nel 2018 chiamano un paio di club di Serie C. Volevano vederlo e poi chissà, ma gli dico che uno così non va ‘visto’, ma preso e portato subito tra i pro’. Ne valeva la pena. Gli ho sempre detto che avrebbe sfondato, che sarebbe entrato nel calcio dalla porta principale, e lui chiedeva ogni volta di poter lavorare come faceva prima. Gli avevamo trovato un posto in un’impresa edile. Andava lì ogni tanto per arrotondare». Per Pietro è stato come un figlio: «Ricordo un ragazzo dalla buona forchetta! Lo invitavo a mangiare a casa con me e mia moglie. Ogni volta che veniva lei cucinava il doppio. Andava matto per le scaloppine al limone». Piatto porta fortuna: «Il suo sogno è anche il nostro, siamo fieri di lui». Stavolta Verbania fa rumore. Solo per Fede.