A cuore aperto. Così Franck Ribery ha parlato nella lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Il francese ha avuto modo di toccare molte tematiche: dalla difficile infanzia ai trionfi con il calcio, dall’esperienza fiorentina al var.
INFANZIA: «Eravamo una famiglia povera, la difficoltà mi ha sempre accompagnato. Quando sono diventato professionista ho fatto sì che mio padre smettesse di lavorare. Nonostante tutto, ho nostalgia di quegli anni. Quando si creano quelle circostanze, senti il vero calore umano. Non posso dimenticare le mie origini».
WAHIBA: «Ci siamo conosciuti a Boulogne-sur-Mer, la nostra città. Avevamo 16 anni quando ci siamo messi insieme e dopo tutto questo tempo siamo ancora legati. Lei è franco-algerina, perciò abbracciare l’islam per me è stato un passo quasi naturale».
FIORENTINA: «Sappiamo di non poter ambire ai primi posti, ma dobbiamo sempre uscire dal campo felici per la vittoria e arrabbiati per la sconfitta. Nelle prime settimane sono stato in silenzio perché ero arrivato tardi. Ho aspettato di recuperare una condizione buona per dare una mano alla squadra e iniziare a farmi sentire. Non mi piace aprire la bocca se non ho nulla da dire».
FIRENZE: «Ho scelto questa città e questa squadra perché non so stare senza sentire la pressione. Qui fare calcio è ideale perché la gente vive la squadra. Aspetto sempre ogni trasferta in pullman, ogni vigilia, l’ambiente dello spogliatoio. Questo è il calcio vero, tutto il resto arriva dopo».
VAR: «Come Michel Platini, non apprezzo il Var. Mi adeguo ma non riesco a farmelo piacere. Io soffro tutte quelle interruzioni per rivedere i filmati. Preferivo com’era prima, ma adesso la regola c’è e va rispettata. Sulla squalifica posso dire di aver sbagliato. Non vedo l’ora di tornare in campo».