Questa è la storia di un ragazzo di trent’anni che ha vissuto una serata incredibile in campo e un momento indimenticabile sugli spalti, grazie a Thiago Silva. Si chiama Sébastien Flochon, centrocampista classe 1993 dell’US Boulogne, squadra capolista del campionato National 2 (quarta divisione francese) ed ex capitano de Les Herbiers, squadra semi-professionistica che l’8 maggio 2018 ha giocato la finale di Coppa di Francia contro il PSG di Mbappé, Di María, Cavani e tutta la scuderia di campioni. Una squadra di terza divisione in finale contro le stelle del Paris Saint-Germain. Sì, tutto vero: è una delle più belle storie della Coppa di Francia e ce la siamo fatta raccontare proprio da Flochon in persona.
Flochon ci parla con un ottimo italiano. È molto legato all’Italia perché lì sono le sue origini. Parte della sua famiglia viene da Orani, provincia di Nuoro. Sébastien ama l’Italia ma di questo ne parleremo più avanti. Prima gli abbiamo chiesto tutto sulla finale di Coppa di Francia del 2018: «Una sensazione incredibile. È stato un match pazzesco. Era difficile realizzare sul momento ciò che stavamo facendo e con chi stavamo giocando. Eravamo davanti a 80mila persona, davanti alle nostre famiglie e alla Francia intera. Nonostante questo, noi dovevamo essere concentrati sulla partita. Non potevamo pensare troppo a Mbappé, Cavani, e tutti gli altri. Dovevamo stare sulla partita e non è stato facile. C’era tanta tensione nel giocare contro quei campioni. Un po’ di paura anche. Però allo stesso tempo questo ci dava motivazioni per fare bene».
«Entrate in campo con loro»
La prima cosa difficile è stata la gestione dei giorni precedenti a un evento per cui i ragazzi de Les Herbiers non erano pronti né preparati: «I giorni prima ci scrivevano tutti. Amici, parenti. Ricordo che non risposi a tutti, altrimenti mi sarei deconcentrato. È stato difficile. Ho provato a stare in una bolla». E finalmente arrivò il giorno: «Prima di entrare in campo per il riscaldamento, il nostro allenatore ci aveva detto: ‘Entrate in campo insieme a loro’. Quindi siamo arrivati nel corridoio e li abbiamo affiancati. Siamo stati qualche istante lì, noi da una parte, loro dall’altra e ci siamo guardati negli occhi. È stato un modo per fargli capire che sì, sapevamo quanto fosse dura, ma che avremmo giocato guardandoli negli occhi».
Flochon: «La palla l’abbiamo vista poco»
Riscaldamento allo Stade de France. Che mano a mano si riempiva, come nelle serate di Champions League, fino a essere stracolmo al momento dell’inizio del match: «Nel discorso prima di entrare in campo avevo detto ai miei compagni che un momento così si vive una volta sola nella nostra vita. E che quindi avremmo dovuto goderci la partita. Per quanto possibile. Infatti la palla l’abbiamo vista poco».
La coppa con Thiago Silva
Flochon scherza, ma la prima vera occasione da gol della partita l’ha avuta lui: «Ho tirato, ma Thiago Motta ha deviato il pallone. È stata un’azione che ci ha dato fiducia». Se fosse entrata non immaginiamo neanche cosa sarebbe potuto succedere. La partita è finita 0-2 per il PSG (Lo Celso, Cavani), ma poco importa. I ragazzi de Les Herbiers avevano appena vissuto una serata veramente unica. Senza retorica. Ma con un rammarico: «La verità è che non ce lo siamo goduti fino in fondo, perché di lì a tre giorni abbiamo avuto la partita decisiva per non retrocedere. E ci è andata male. Siamo retrocessi in quarta divisone. Questa cosa è stata la parte più brutta di tutta questa storia. Infatti se vedi bene ero parecchio triste quando ero con i giocatori del Psg al momento di alzare la Coppa».
«Ma sei matto? Vai subito!»
Ed eccoci arrivati al momento ancor più bello: «Thiago Silva e Zoumana Camara (il 2° di Emery), mi hanno proposto di venire con loro ad alzare il trofeo. Ricordo che io esitai, perché avevamo perso e non ero sereno. Non sapevo che fare. Ho chiesto al mister: ‘Che faccio?’, e lui: ‘Ma sei matto? Ma vai subito’. Quindi sono andato, però si vede sulla mia faccia che non sapevo come reagire. Ricordo che sul podio ho parlato anche con Verratti. Gli ho chiesto la sua maglia. Lui era infortunato ma era lì. Abbiamo parlato un po’ insieme».
Caro Umtiti, aveva ragione Flochon
Prima di salutarci, Flochon ci regala altri due aneddoti. Uno sul suo migliore amico speciale. Samuel Umtiti. Sono cresciuti insieme a Lione, prima nel Ménival (squadra locale) e poi nel settore giovanile dell’OL (uno dei migliori d’Europa), da cui Umtiti poi ha preso il volo: «Essendo appassionato dell’Italia, seguo spesso il calcio italiano. Quando eravamo ragazzini, mi ricordo che gli dicevo: ‘Vedrai che per te l’Italia sarebbe un posto giusto, per crescere nel ruolo, nella tattica ecc’. Lui però scherzava, mi diceva: ‘Ma non è vero’. Poi è andato a Lecce e ha ammesso che avevo ragione e che l’esperienza a Lecce gli aveva permesso di migliorarsi ancora».
Flochon: «L’Italia è il mio sogno»
L’Italia, per Flochon, resta un pallino. Qualcosa di più di uno sfizio che si vuole togliere. In campo o fuori: «Sto studiando per il mio post carriera. Mi piacerebbe lavorare molto in Italia, magari come direttore sportivo, oppure come agente, o anche come scout sulla Francia, terra sempre piena di talenti. Se ho un rammarico nella mia carriera è il fatto di non aver mai giocato in Italia». Flochon ha solo trent’anni, e ancora qualche anno davanti. Sembra rassegnato, ma la possibilità di giocare da noi potrebbe non ancora essere svanita del tutto: «Spero che qualcuno ti stia ascoltando. Anche giocare in Serie C italiana sarebbe comunque un sogno». Seb, noi incrociamo le dita e facciamo il tifo per te.