Il giorno prima del suo decimo compleanno Franco Lepore, al rientro a casa insieme al fratello, scopre tra le lacrime strazianti della madre di aver perso suo padre. «La prima cosa fu correre in camera e abbracciare le scarpette da calcio che mi aveva regalato qualche giorno prima. Ricordo che pensai: ‘Ti prego non andartene, devo farti vedere come so giocare a pallone’». Beh, oggi più che mai l’Italia intera ha visto quanto è forte Checco. A 37 anni (38 ad agosto) si è ritrovato, dopo cinque campionati vinti, a disputare i playoff con il ‘suo’ Lecco, in cui partendo da terzino destro ha fatto quasi tutti i ruoli. Una cavalcata meravigliosa, guidata da capitano e da leader, conclusasi nell’apoteosi del Rigamonti-Ceppi. Il rigore decisivo davanti ai 15000 di Cesena, la punizione da 30 metri ‘nell’inferno’ dello Zaccheria e la doppietta decisiva nella finale di ritorno. Questi sono i momenti più importanti dell’annata storica di Lepore, che lui stesso ricorda con grande gioia ed entusiasmo.
Al contrario, quando ripercorre le tappe della sua vita, nel ricordo della famiglia, la sua voce è chiaramente flebile; troppi ricordi; troppe emozioni contrastanti. Lui è un uomo semplice, umile, che ha sempre creduto nella forza dei valori e del sacrificio. Oggi, dopo l’ennesima impresa, ha un motivo in più per guardare verso il cielo con orgoglio, con la consapevolezza di chi ha fatto di tutto per rendere fieri i propri cari.
Le imprese di Franco Lepore
La sesta promozione raggiunta, la prima conquistata attraverso i playoff, ha un sapore speciale per Lepore. «Ai playoff ci hanno sempre dato per vinti. Gli unici a crederci siamo sempre stati solo noi. L’ho detto anche ieri nel discorso prepartita ai miei compagni. Lo dovevamo a noi stessi, per tutti i sacrifici fatti durante l’anno». Per mano del Lecco sono ‘cadute’ squadre ben più blasonate come Pordenone, Cesena e lo stesso Foggia. Nella semifinale di Cesena, in un Manuzzi strapieno e carico di passione, è stato proprio il rigore decisivo di Lepore a portare il Lecco in finale. «È stato bellissimo vincere davanti a tutta quella gente. È stato però ancor più speciale ricevere, subito dopo la partita, a mezzanotte, la chiamata del dottor Galliani. Mi ha chiamato da Villa Germetto, casa del Presidente, per dirmi che aveva seguito la partita ed era felicissimo per me». Le lacrime versate, dopo la vittoria della finale di ritorno, probabilmente racchiudono anche un pensiero e un ricordo proprio di Silvio Berlusconi: «Era un visionario. Un uomo di altri tempi. Io ho avuto la fortuna di condividere momenti con lui grazie alla mia esperienza a Monza. Tuttora, spesso mi tornano in mente i grandi discorsi che ci faceva negli spogliatoi, nel prepartita. Eccezionali. Sapeva toccare le corde giuste, per farci concentrare al massimo e, allo stesso tempo, era in grado anche di sdrammatizzare il momento, di smorzare la tensione».
Dei sei campionati vinti questo è sicuramente uno dei più belli per Checco, per come è arrivato e soprattutto per le aspettative iniziali. «Il più speciale per me sarà sempre quello di Lecce. Da capitano, nella squadra della mia città, quando, dopo sei anni di Lega Pro, tornammo in B. La vittoria di quest’anno però avrà sempre un posto speciale nel mio cuore. Inaspettata. Arrivata a 37 anni, con tre gol in finale. Questa squadra la sentivo ‘mia’; i ragazzi mi hanno sempre seguito e questo mi ha dato responsabilità e determinazione per continuare a dare il massimo».
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Dall’Emilia alla sua Lecce, attraversando ’Italia
La carriera di Lepore, che oggi vanta quasi vent’anni di professionismo, tra C e B, è partita da lontano, dai campi di periferia, dall’Eccellenza e dalla Serie D, quando Checco coniugava il lavoro in fabbrica agli allenamenti serali. «A 18 anni mi trasferì alla Virtus Castelfranco, in Emilia Romagna, lontano da casa. Gli allenamenti iniziavano alle 19 di sera. Per passare le mie giornate iniziai a lavorare otto ore al giorno in una fabbrica dove producevano supporti di plastica per saponette. Poi tornavo a casa per riposarmi e di nuovo fuori per andare ad allenarmi. Vivevo in un garage adibito a casa ma non mi sono mai lamentato anzi, oggi ricordo con piacere quel periodo. Quei momenti difficili mi sono serviti per imparare a dare il giusto valore alle cose. Non ho mai dato niente per scontato e ciò che ho ottenuto me lo sono guadagnato col sudore». Il viaggio di Lepore è continuato, girando l’Italia, tra Varese, Paganese, Vicenza e Nocerina; fino al ritorno nella sua amata terra, a Lecce. Già all’esordio, nella stagione 2009/2010 aveva realizzato il suo sogno, segnando sotto la sua curva, levandosi la maglietta e mostrandone un’altra con su scritto ‘Ultrà Lecce’. La prima esperienza in giallorosso però è durata poco, giusto il tempo di fare 15 apparizioni per poi tornare a ‘girare lo stivale’. Nel 2014 torna in Salento e ci rimane fino al 2019. Da capitano, cinque anni fatti di 134 partite e 18 reti, guidando la squadra alla promozione tanto attesa.
Rappresentare la sua gente, difendendo i colori della sua città, è sempre stato il più grande sogno e obiettivo di Lepore. È amato dal popolo leccese per la sincerità e la trasparenza con cui si è sempre posto nei confronti del Lecce. Di fatto è uno di loro. Per questo tra i tanti complimenti ricevuti dopo la vittoria contro il Foggia, uno in particolare ‘risuona’ forte nella testa di Checco: «Sei un orgoglio leccese. Questo è ciò che mi ha scritto Sticchi Damiani, presidente del Lecce e leccese come me».
La cura del corpo e la duttilità di Lepore
Il calcio continua a regalargli emozioni indelebili e Lepore, consapevole delle sue potenzialità e al tempo stesso dei suoi punti deboli, cura maniacalmente il proprio corpo per dimostrare che, a volte, l’età è solo un numero. «Da anni mi affido a grandi professionisti del settore dell’alimentazione e della preparazione atletica. Il primo è stato Tiberio Ancora, che ha affiancato Antonio Conte in nazionale, al Chelsea e alla Juventus. In seguito, dopo averlo conosciuto a Monza, mi sono affidato al dottor Sorrentino; gli mando sempre i miei esami del sangue e lui mi aiuta a correggere i valori che non vanno bene. Insieme a lui, oggi, anche i preparatori Robustelli e Brasetti sono di fondamentale aiuto per me. Mi piace chiedere molti consigli e quest’anno gli ho chiesto aiuto per preparare al meglio i playoff. Faccio anche pilates una volta a settimana e mi aiuta tantissimo a stare bene». La forma fisica, abbinata all’apertura mentale, è stata la chiave che gli ha permesso anche di diventare un ‘tuttocampista’, per fortuna dei tifosi del Lecco che lo hanno visto in azione come terzino, braccetto difensivo e anche come mezzala. «Da giovane la vedevo in modo diverso; pensavo di poter e dover giocare esclusivamente nel mio ruolo. Più avanti sono maturato e ho capito che la disponibilità tattica è un fattore importantissimo per la crescita di un giocatore. Un giocatore duttile è una risorsa per la squadra e per l’allenatore e quindi io in questi anni mi sono dedicato anche a questo. Ho cercato di farmi trovare sempre pronto, a prescindere dalla mia posizione».
Il ricordo del papà, tra passato e futuro
Checco, come lo chiamano i compagni, ora si godrà le meritate vacanze insieme alla famiglia. Il suo sguardo però, è già rivolto al prossimo anno, determinato a ripartire più consapevole e più carico che mai.
Nei prossimi giorni, quando tornerà a Lecce, per stare insieme alla madre e ai fratelli, potrà tornare nella sua vecchia casa. Potrà tornare nella sua cameretta, per stringere a sé, ancora una volta, quelle scarpette; in fondo è lì che tutto è iniziato. Potrà guardarsi indietro e vedere che di strada ne ha fatta tanta. Potrà pensare a tutti i tifosi che, negli anni, hanno gioito insieme a lui. Ma soprattutto potrà pensare a suo padre, che sarà sicuramente fiero del calciatore e dell’uomo che è diventato suo figlio.