Si ritira il ‘brasiliano strano’. Strano perché atipico, diverso, pochi doppi passi o tiri al volo. Il 9 alto e secco che non è Ronaldo, non è Neymar e non è Dinho, ma uno che dovunque è andato ha sempre fatto gol. Pure tanti. Il Brasile saluta Frederico Chaves Guedes, per tutti Fred, il bomber riccioluto che prima ha fatto piangere gli azzurri, doppietta contro di noi in Confederations 2013, e poi i suoi connazionali. Nel 2014, in Brasile, era la punta titolare di quel Titanic che fu la Seleçao di Scolari, il 9 dei sette schiaffi presi dalla Germania a Belo Horizonte. La sua ultima partita in nazionale: «Ho incassato insulti e critiche da tutte le parti. Era come se in campo, quel giorno, ci fossimo solo io e l’allenatore».
Depressione e rinascita
Fred dirà basta a 38 anni a fine campionato. Insegue il gol numero 200 con la Fluminense, il club della sua vita, e prima di togliersi la 9 ha segnato l’ultima rete davanti ai suoi tifosi in un Maracana strapieno. La sua gente l’ha salutato come un Dio, l’uomo dei due campionati vinti e dei guizzi sottoporta. Fred è nato lontano dal mare, a Teófilo Otoni, un pugno di case basse a 700 chilometri da Rio de Janeiro. In Brasile ha giocato con America Mineiro, Cruzeiro, Atletico Mineiro e Fluminense, mentre in Europa ha vinto con il Lione. Nel 2009 ha lasciato la Francia per problemi personali. Depressione: «A fine allenamento andavo sempre a bere, il calcio non mi divertiva più». E quindi vino, birre, alcool, nottate passate in giro per locali. Fred si separa dalla moglie e inizia a non vedere più la figlia, nata il giorno di una notte di Champions finita con un gol al Psv Eindhoven. Si circonda di maschere dimenticando i volti: «Mi sentivo svuotato».
Sorrisi e incubi
Il calcio l’ha rimesso in riga. Nel 2011 salva la Fluminense e l’anno successivo vince il campionato con 34 gol. Lo spettro dell’alcol ogni tanto torna a tormentarlo, ma stavolta lo tiene a bada usando l’ironia. Nel 2011 la stampa viene a sapere di una notte brava con il suo amico Rafael Moura. Si parla di 60 caipirinhas scolate in un locale fino a tardi, anche di più, ma Fred prende tutti in contropiede e convoca una conferenza. «Allora, ci tengo a dire che sono tutte bugie: le caipirinhas non erano 60, ma 28». Nel 2013 vince la Confederations Cup da capocannoniere: due gol alla Spagna in finale, uno all’Uruguay e altri due agli azzurri nella fase a gironi. Sembra l’inizio di una storia a lieto fine partita in Germania nel 2006, durante il Mondiale, gol al secondo pallone toccato contro l’Australia. Diventerà un incubo.
Fred è l’uomo dei record
Il 2014, secondo la stampa brasiliana, ha due colpevoli: Fred e Scolari. Il primo perché non segna – un gol solo in 6 partite al Mondiale -, l’altro perché l’ha fatto giocare. L’ultima gara in nazionale resta quel 7-1, ma la sua carriera è proseguita discretamente: Fluminense, Atletico Mineiro, Cruzeiro e ancora Fluminense, dove chiuderà la carriera. Tuttora è il secondo miglior marcatore del campionato brasiliano dietro a Roberto Dynamite, vecchia punta del Vasco da Gama, e il capocannoniere della Copa do Brasil con 37 squilli (più di Romario). In nazionale, nonostante gli alti e bassi, ha messo a segno 19 reti in 39 partite, prendendo parte a due mondiali. E con i suoi 199 gol resta il miglior bomber della storia della Flu. Il 21 luglio dirà basta, ne manca uno per chiudere come si deve. Fred ha sempre saputo come si fa.