Ci sono delle giocate che non puoi spiegare, perché sono istinto e guizzo, escono dall’ordinario. Gaston Ramirez, quando ci racconta il gol segnato con l’Entella in coast to coast contro il Montevarchi, ha proprio quell’espressione lì, a metà tra il compiaciuto e l’imbarazzato. «Mi sono fatto dare il pallone dal portiere, ne ho saltati uno, due, poi il resto è venuto da solo». Questo ci dice tutto del nuovo Ramirez: da trequartista che era ora, a 33 anni a dicembre, è diventato una mezz’ala.
Quagliarella e Cavani. «Sceglierei sempre loro»
Una discriminante per la sua prossima avventura potrebbe essere il mare, magari senza neanche doversi spostare troppo. A Chiavari, con l’Entella in Serie C, ha ritrovato la continuità e il sorriso. Gli mancavano da un po’. «Non lo nascondo, tornerei molto volentieri alla Samp. Mi piacerebbe poter essere un fattore per il nuovo corso. Poi davanti c’è Quagliarella, con cui mi sono sempre trovato benissimo. Dovessi scegliere un attaccante da lanciare in porta, prenderei sempre lui. Magari in coppia con Cavani». A Genova qualcuno sorriderà, ripensando a Gaston con il 10 che imbecca Fabio e gli fa fare gol.
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Gaston Ramirez si è adattato a tempi e moduli. «Con Ranieri alla Samp facevo l’esterno alto in un centrocampo a quattro, ma ho fatto anche il centrale, la mezz’ala o la seconda punta». Tradotto: dove lo metti sta e rende bene. Anche per questo, quando gli chiediamo del 4-3-3 di Pirlo non si scompone, anzi gli scappa un sorriso. «Parliamo di vista. Aveva già una grandissima visione in campo, da allenatore cambia solo la prospettiva, ma gli occhi con cui vedi il calcio restano quelli. Lui è speciale, mi ricordo che quando me lo trovavo contro passavo 90 minuti a inseguirlo. Anticipava sempre la giocata. È una qualità mentale, ancor prima che calcistica. Sarebbe bellissimo incrociarlo di nuovo, da allenatore. Nel 4-3-3 posso fare sia la mezz’ala che l’esterno alto d’attacco. Poi per la Samp figurati, giocherei ovunque».
Gaston Ramirez e la vita nella ‘Fazenda’
L’altra parte, che completa il puzzle, è casa sua in Uruguay. Dipartimento di Rio Negro, terra di fiume e non di mare. Di carne e non di pesce. Pazienza. Lì Ramirez torna spesso e ha messo su una ‘Fazenda’, ovvero una fattoria, dove alleva maiali, mucche e cavalli. «Era uno dei miei sogni. È un luogo che mi fa staccare dal mondo. Stai a contatto diretto con la natura e con gli animali».Un numero 10 bucolico, atipico anche qui.
Non è facile riassumere e inquadrare la sua carriera, visto il talento pure che aveva nei piedi e nella testa. «A volte va tutto così veloce che non ti godi quello che hai e probabilmente non lo realizzi fino in fondo. Soprattutto quando sei giovane. Io tante volte mi sono chiesto come sarebbero andate le cose se fossi rimasto in Italia, invece di andare in Inghilterra, ma non ho assolutamente rimpianti», ci confida. Altri tempi. Anche se lo sguardo è rimasto lo stesso di allora, deciso e sicuro. «Dopo il primo anno a Bologna era tutto fatto con la Fiorentina, ma all’ultimo saltò tutto. Otto mesi dopo avevano bisogno di fare cassa e io ero uno dei pochi con cui la avrebbero potuta fare. Il Southampton fece un’offerta molto buona e andai, anche perché giocare in Inghilterra per me era un punto d’arrivo». Certo, non c’era il mare. Ora, riavvolgendo il nastro, la bussola potrebbe tornare a puntare verso la lanterna. «La Samp merita la Serie A, per la storia che ha e per i tifosi. Per me sarebbe un onore esserci».