L’allenatore della Pro Vercelli, Alberto Gilardino si è raccontato senza filtri in una lunga intervista sul canale Instagram del giornalista Nicolò Schira. Gilardino ha raccontato della sua panchina e del mondiale, passando per la lunga carriera in A:
CORONAVIRUS – «Sono a casa a Forte dei Marmi con la mia famiglia. È un momento duro per tutti, ma dobbiamo in questo momento rimanere a casa, solo facendo questo sacrificio possiamo aiutare chi sta in prima linea, chi sta soffrendo e chi sta battagliando con questo terribile virus. In questo momento è necessario stare a casa, spero che lo facciano tutti».
PRO VERCELLI – «Stiamo facendo un buon campionato in un girone non facile e giocando con tanti ragazzi giovani. A livello di età media e minutaggio in campo siamo con la Cavese la squadra più giovane di tutta la Lega Pro. Stanno crescendo tanti ragazzi insieme ad alcuni ragazzi di Vercelli come Graziano e Franchino, che essendo di Vercelli hanno rinforzato il legame con la città. La Pro è una società gloriosa: in estate abbiamo cambiato tanti giocatori, c’è stato un ringiovanimento della rosa rispetto alle stagioni precedenti. Mi sono trovato subito bene con il presidente Secondo e il direttore Varini, che in estate mi hanno cercato e voluto per affidarmi la guida della squadra. Finora abbiamo fatto un lavoro discreto, un’esperienza costruttiva e molto importante».
MODULO – «Non mi piace fossilizzarmi sui numeri. Credo sia più importante l’interpretazione rispetto ai moduli. Sono partito con il 4-3-3 mentre poi ho virato sul 3-5-2 che era più congeniale ai ragazzi a disposizione».
REZZATO – «Dopo aver preso il patentino volevo subito mettermi in gioco. Non ne facevo una questione di categoria, per questo ho accettato di scendere in Serie D a Rezzato dove c’era Luca Prina, che era stato mio allenatore alla Biellese nelle giovanili. Volevo provare per capire se potevo essere in grado di farlo e se mi piaceva. Mi sono appassionato e sono contento della scelta fatta. È stata un’annata importante e molto formativa conclusasi con la qualificazione ai playoff».
CAROSSO – «Mi ricorda Izzo e Cordoba. A livello di struttura Alessandro non è molto alto, ma è molto bravo nello stacco di testa e nell’anticipo. È solo un 2002, lasciamolo crescere ma ha potenzialità importanti».
GOL PIÙ BELLI – «Quello all’Inter con la maglia del Parma: mezzo sombrero a Cordoba e sforbiciata all’incrocio. C’era Toldo in porta. Per importanza scelgo quello a Liverpool con la Fiorentina che ci diede una vittoria storica e sempre in Champions quello in semifinale contro il Manchester United quando vestivo la maglia del Milan».
IDOLO DA BAMBINO – «Sono cresciuto in Piemonte e mio papà era tifoso juventino: andavo a vedere Gianluca Vialli, guardavo lui e le vhs di Platini e Marco Van Basten».
FIORENTINA – «Al debutto feci gol a Firenze sotto la Fiesole alla Juventus, credo non ci potesse essere debutto migliore. A Buffon poi ho segnato poco, ha fatto una carriera incredibile. Anche in allenamento ed in Nazionale si faceva fatica a fargli gol»
MIGLIOR COMPAGNO DI REPARTO – «Giocare con uno come Morfeo era una goduria, lui sapeva come mi muovevo e mi serviva sempre bene. Kakà e Shevchenko erano straordinari, ma diversi, più punte. Jovetic e Mutu, incredibili anche loro, ma due seconde punte. Diamanti a Bologna, un tuttofare in fase offensiva. Vazquez a Palermo, un mancino di valore. Palacio al Genoa, intelligentissimo, sapeva sempre dove andare. Mi sono trovato bene con tutti».
PRANDELLI- «Il mister e il suo staff a Parma mi hanno costruito come calciatore, con quel 4-2-3-1 lavoravamo a memoria. L’artefice era lui. Mi porto dietro la sua calma, il suo sapere dialogare con i giocatori».
ESULTANZA COL VIOLINO – «È nata un giovedì sera. Durante una cena con Marchionni decidemmo di fare l’esultanza del violino: io lo mimavo dopo il gol e Marco faceva l’inchino. Dopo tre giorni abbiamo ho fatto gol contro l’Udinese: abbiamo vinto 1-0, ha portato bene e da lì è diventata la mia esultanza».
PARMA – «50 gol segnati e tanti momenti da ricordare. Un’avventura fantastica. Anni stupendi: lottavamo per la Champions prima del crack Parmalat. Avevo un ottimo rapporto con la famiglia Tanzi e non me la sono sentita di abbandonare il Parma che era in difficoltà: l’ultimo anno fu molto sofferto anche se ricco di soddisfazioni. Nonostante le difficoltà, ci salvammo allo spareggio: segnai anche contro il Bologna e arrivammo fino alla semifinale di Coppa Uefa contro il CSKA Mosca. Peccato solo non aver giocato la semifinale a Mosca, ma Carmignani voleva preservarmi per lo spareggio…»
UNDER21 – «L’atmosfera olimpica è qualcosa di unico. Vivere nel villaggio olimpico ti riempie di orgoglio, disputarle ad Atene è stata una grande soddisfazione. Ho avuto un rapporto bellissimo con mister Gentile, un tecnico molto preparato e carismatico che avrebbe meritato molto di più in carriera. Insieme abbiamo vinto l’Europeo e conquistato il bronzo ad Atene. Un 2004 meraviglioso».
PUBALGIA– «Arrivai al Milan con la pubalgia, giocai per mesi con il dolore. Nonostante tutti feci una grandissima stagione, segnando 17 gol»
RONALDO- «Giocatore incredibile, il più forte che ho mai visto e con cui ho giocato. Un fenomeno. Peccato che era alla fine della carriera, ma anche in allenamento quando partita palla al piede e ti faceva il doppio passo non lo prendevi mai».
KAKÀ – «Ricardo andava più veloce del pallone. Talento e fisicità incedibile, al Milan è cresciuto in maniera esponenziale. Uno dei più forti con cui ho giocato».
LIPPI – «Un uomo vero. Un grandissimo allenatore, bravissimo a compattare e cementare il gruppo in quel mese fantastico culminato nella vittoria del Mondiale. Mi sento molto legato a lui: ho giocato due Mondiali con Lippi allenatore».
PIRLO – «Se riuscirà a trasmettere le sue idee e i suoi valori, diventerà un grandissimo allenatore. Affrontarlo in Pro Vercelli-Juve U23? Sarebbe speciale».
ADDIO MILAN – «Al Milan l’ultimo anno ebbi qualche difficoltà a giocare. Stavo bene, ero giovane, volevo giocare. Feci la scelta di Firenze per questo motivo: stare in panchina non mi piaceva, Prandelli mi chiamò diverse volte, Corvino anche. Aprimmo un ciclo, in una piazza come Firenze che vive per la Fiorentina, amano il calcio più di ogni altra cosa. Avevamo un grande gruppo e abbiamo fatto grandissime cose. Andavamo molto d’accordo, quello ti aiuta tanto per raggiungere grandi risultati».
GRUPPO VIOLA – «Eravamo un grande gruppo. Io, Frey, Vargas, Gobbi, Marchionni, Semioli, Donadel: abbiamo fatto grandissime cose. C’era un feeling fortissimo. Ogni giorno stuzzicavo Semioli che rompeva le scatole a Vargas: ogni tanto Juan qualcuno di noi lo faceva volare in piscina…».
SOGNO DA ALLENATORE – «In panchina si amplifica tutto. Conta tanto anche la testa: cerco di dare ai ragazzi uno stimolo mentale forte. Cerco di trasmettere il senso del gruppo: individualità possono migliorare il gruppo, ma si vince tutti insieme. Un passo alla volta voglio scalare le categorie: mi piacerebbe arrivare tra qualche anno in A anche da allenatore».
MODELLI – «Mi piace molto Klopp per come gioca il Liverpool ma anche per la gestione che ha con i suoi giocatori».
BAYERN-FIORENTINA: «In trasferta fu una partita anomala, ci arrabbiammo molto per l’arbitraggio, non posso negarlo. Eravamo convinti di passare…».
DIFENSORE PIÙ FORTE – «Walter Samuel e Sandro Nesta».
DEBUTTO IN A – «Era il 6 gennaio del 2000 e Gigi Simoni mi fece esordire contro il Milan di Maldini e Costacurta, con Billy che mi disse “Da dove spunti tu?”».
PRIMO GOL IN A – «Piacenza-Venezia del 27 marzo 2000. È stato uno dei pochi gol che ho fatto da fuori area. Passaggio dalla destra di Buso e ho tirato di prima intenzione. Una gioia fortissima quel gol così come gli altri due che segnai in quella stagione, uno al Bari quando sbagliai anche un rigore, e al Toro».
BOLOGNA – «Sono stato benissimo, lì è nata la mia terza figlia Giulia. Sarei rimasto volentieri dopo la grande annata, ma non c’è stata la possibilità».
EMPOLI – «Un matrimonio mai decollato e finito subito. Le colpe non erano di nessuno, succede e basta».
PESCARA – «Scelsi di andare in Abruzzo per la presenza di Massimo Oddo, ma purtroppo mi feci male subito e non riuscii a dare un contributo importante. Poi ho lavorato con Zeman: i suoi allenamenti erano durissimi, glielo dico sempre ogni volta che lo vedo».
GOL PIÙ SPETTACOLARE- «In Fiorentina-Genoa. Una palla che rimbalzava in area di rigore, l’ho controllata di testa e in mezzo a tre difensori mi sono girato calciando al volo di sinistro che non era il mio piede».
GUANGZHOU- «Esperienza rapida ma intensa. Forse avrei fatto qualche mese o un anno in più. Andai lì per la presenza di Lippi».
JUVENTUS- «L’ho sfiorata almeno tre volte. Ero stato vicino dopo Parma e quando lasciai Firenze. Nel 2013 l’ultimo giorno saltò il giro che prevedeva me alla Juve, Quagliarella alla Lazio e Borriello al Genoa».
NAPOLI – «Quando c’era Higuain ci fu una possibilità per il mio passaggio in azzurro come vice del Pipita, ma poi non se ne è fatto nulla».
PALERMO – «La prima e unica esperienza al Sud: una avventura indimenticabile. Un rapporto speciale con la piazza e la tifoseria. Quell’anno Zamparini cambiò 8-9 allenatori e ci salvammo all’ultimo respiro battendo in casa il Verona anche grazie a un mio gol. Fu decisivo il gruppo di italiani: Sorrentino, Maresca, Vitiello ecc. Sono stato benissimo a Palermo».
DIAMANTI – «Giocatore talentuosissimo. Quando stava in giornata faceva quello che voleva».
RECORD – «Uno ai quali sono più legato è stato bello di essere stato il primo italiano e ad aver superato i 100 gol in A avendo meno di 27 anni».
CHI TI PIACEREBBE ALLENARE? «Sensi e Barella, due grandi talenti destinati a diventare fortissimi».
TALENTI PERDUTI – «Adriano e Pato. L’Adriano di Parma era devastante: un animale da campo, aveva dieci chili in meno e faceva la differenza. Pato aveva una qualità nei gesti tecnici abbinati a una velocità incredibile. Avrebbero potuto fare molto di più. Un altro fenomeno era Mimmo Morfeo: per la classe pura avrebbe dovuto giocare 10 anni in squadre da scudetto».
GENOA – «Prima esperienza complicata: la squadra era nelle zone calde e ci fu l’episodio delle maglie restituite in Genoa-Siena. La seconda avventura fu molto bella ed esaltante con 15 gol segnati».
GASPERINI – «Avevo 31 anni ma mi ha insegnato tanto sotto il punto di vista tattico e dell’intensità».
DELUSIONE – «Fu un grande dispiacere la scelta di non andare al Mondiale 2014 dopo i 15 gol segnati. Prandelli preferì fare altre scelte, sicuramente un po’ di delusione ci fu da parte mia».
TEMPO LIBERO – «Ogni tanto bisogna staccare la spina. In questi giorni mi sono guardato la Casa di Carta su Netflix e sto leggendo alcuni libri».
CHIOCCIA – «Ho un bellissimo ricordo di Andrea Tagliaferri, che purtroppo non c’è più a causa di un incidente stradale. Aveva 3-4 anni più di me e mi aiutò tantissimo. Alla fine di ogni allenamento invece Statuto si fermava 30-40 minuti con me a farmi calciare in porta. Poi Buso e Stroppa mi diedero una grandissima mano. Ti faccio sorridere: a tavola mi mettevano sempre con Pietro Vierchowod, che aveva 40 anni ed era un esempio di professionalità in campo e anche a tavola dove mangiava sempre una sogliola il giorno prima delle partite».
SIMONI – «Un galantuomo. Mi ha lanciato e ha fatto debuttare in Serie A a 17 anni. Gli sarò sempre riconoscente così come al suo vice di quell’anno Maurizio Braghin».
MALESANI – «Era molto diretto con i giocatori, aveva un rapporto viscerale con i giocatori. Purtroppo la retrocessione di Verona ha segnato negativamente la sua carriera, cambiandone il destino».
TATUAGGI – «Fino a 30 anni ne avevo zero. Poi ho conosciuto Alino Diamanti a Bologna ed è stata la mia rovina. Mi sono tatuato sull’avambraccio una Peppa Pig per le mie figlie che guardavano sempre il cartone».
TOP 11 EX COMPAGNI – «Come modulo scelgo il 4-3-3. In porta Seba Frey e come dodicesimo Stefano Sorrentino. Daniele Bonera a destra, centrali Nesta e Dainelli, a sinistra Luca Antonelli. Play metto Pirlo con mezzali Enzo Maresca e Marek Jankulovski. La sto facendo anche un pò di cuore scegliendo tanti amici. Davanti l’Adriano di Parma centravanti con Adrian Mutu a sinistra e Alino Diamanti a destra. In panchina mi porto Barone, Seedorf, Gattuso, Vazquez, Jovetic. A pensarci potrei farti 10 squadre. Con una squadra così arriviamo sicuramente almeno in Europa…».