a cura di Francesco Pietrella
Guglielmo Stendardo è l’allenatore della LUISS, Ettore Mendicino la sua stella
Li abbiamo intervistati tra un allenamento e l’altro. Chi dalla Serie A ha scelto di sposare lo studio e la causa della LUISS
Dottor Stendardo e mister Guglielmo. O viceversa, fate voi, tanto alla fine vanno bene entrambi. ‘Dottore’ per la laurea in giurisprudenza conseguita ai tempi dell’Atalanta una decina di anni fa, così ligio al dovere che pur di dare un esame saltò persino una partita; mister Guglielmo, invece, per via del presente da allenatore della LUISS. «Con i miei giocatori parlo di schemi, di calcio, di vita e di diritto privato».
Magari non in campo, ma è tutto vero, perché Stendardo è docente a contratto di un corso chiamato «Il giurista entra in campo», complementare a quello di diritto sportivo. Inoltre legge Cartesio e ama la Divina Commedia di Dante. Il V Canto dell’Inferno è uno dei suoi preferiti. Lo sa quasi a memoria. «Quando inizi a giocare a calcio firmi un contratto a tempo determinato, perché poi a un certo punto finisce. La cultura, invece, è immortale. Come lo studio e la conoscenza». La missione di Stendardo è la seguente: divertirsi e formare i ragazzi. «La LUISS investe nello sport e nei suoi valori. L’obiettivo non è vincere ma trasmettere il senso del dovere, delle regole, degli orari. Il sacrificio».
Per questo in campo si trasforma. Mentre chiacchieriamo a bordocampo, con un occhio vigile agli esercizi dei suoi, parla di borse di studio, filosofia e meriti sportivi; ricorda quel Lazio-Real in Champions «come l’apice della sua carriera» e un paio di punti di riferimento come Sarri e Gasperini, poi prende il fischietto e si trasforma. Da Dottor Stendardo a Mister Guglielmo. Un martello alla Conte che sprona i diciottenni a dare il massimo e i più ‘anziani’ a essere leader. Se il portiere è troppo lento a rinviare lo bastona, prende la palla e gli fa vedere come si fa, e se nota qualcuno svogliato lo prende da parte e gli fa capire qual è la via. «Il gruppo viene prima di tutto. Con i giocatori approfondisco anche i temi giuridici, ma quando si lavora bisogna dare il massimo». Come ha fatto lui in quel Lazio-Real Madrid del 2007: «L’assist a Pandev, di testa, resta il ricordo più bello della mia carriera». Quello di un ragazzo di Napoli cresciuto con il mito dello studio, madre medico e padre sociologo, con Cartesio sul comodino. In mezzo a libri di tattica.
«Scelta di vita». La chiama così. Ettore Mendicino si è rimesso in gioco a 32 anni in una realtà diversa. Ha detto basta con il calcio professionistico per avventurarsi in un progetto nuovo. «Avevo un’offerta dalla Serie C e quattro dalla Serie D, ma ne avevo abbastanza di quel mondo». Colpa di una retrocessione a tavolino con il Rimini nel 2020. «A trent’anni mi sono trovato per la prima volta senza contratto, così ho iniziato a pensare a come uscirne. In questo calcio non mi vedevo più». Da qui l’idea di entrare a far parte del progetto Dual Career della LUISS, punta della prima squadra in Eccellenza nel pomeriggio e “talent scout” di profili sportivi di mattina. «Ora mi diverto molto di più».
Lui e Stendardo si sono conosciuti ai tempi della Lazio. Mendicino era un diciassettenne che si affacciava in prima squadra, Guglielmo un centrale difensivo tosto con il compito di randellare quelli giovani. Tackle formativi. «In ritiro davo una mano a raccogliere i palloni», scherza Ettore. «Nel 2009 ho debuttato in Serie A con Delio Rossi in una squadra fortissima, al Franchi contro la Fiorentina. C’erano Zarate, Pandev, Lichtsteiner. Simone Inzaghi fu mandato in tribuna per scelta tecnica, quindi pensai che forse avrei avuto un’occasione». Così è stato. «La nostra Primavera era molto forte, molti hanno fatto una bella carriera. Tuia gioca in Serie A con il Lecce, Iannarilli è in B con la Ternana, poi Kozak, Luciani, io e Perpetuini, che ora fa il dentista!».
Il più bel ricordo legato alla Lazio resta un gol annullato ad Anfield in amichevole: «Tutta colpa di Diakitè. Lui era in fuorigioco, io no. Era il 2007, sono passati quindici anni ma gli amici me lo ricordano ancora. Ero un ragazzo come tanti che aveva appena segnato al Liverpool, mi sentivo al centro del mondo. E quel gol resta valido». Mendicino ha girato l’Italia per diversi anni: Crotone, Ascoli, Gubbio, Salernitana (14 gol in due stagioni, più la promozione in Serie B), Taranto, Siena, Cosenza, Monopoli, fino a Ravenna, l’ultima tappa da professionista nel 2020/21, tre gol in Serie C. «Qui ho trovato un ambiente la top. Stendardo è una garanzia poi, in Serie B o in C non ne trovi come lui. Mi sono laureato nel 2016 in Scienze della Comunicazione, non è stato facile conciliare studio e calcio, ma resta un grande orgoglio». Come l’aver cambiato vita, senza rimpianti. La Luiss aspetta i suoi gol.