“Immagina di avere chiesto a Dio di essere il miglior giocatore del mondo. E che Dio ti abbia ascoltato.”
Avere il mondo ai propri piedi, a 21 anni. Un sogno che diventa realtà. Chi ha avuto la fortuna di assistere alle giocate di Ronaldo nel 1997, si sarà reso conto di aver condiviso l’annata più spettacolare del Fenomeno. Uomo copertina, conteso tra i più grandi sponsor del pianeta, e incubo di ogni difensore. Incontenibile, troppo veloce anche per le logiche commerciali dell’epoca: la Nike costruisce intorno alla sua immagine una serie di spot televisivi che sono entrati di diritto nella storia della comunicazione, investendo una pioggia di miliardi. Il Fenomeno è imprendibile.
Ma ecco l’appuntamento che avrebbe consacrato Ronaldo in maniera definitiva, iscrivendolo di diritto nell’Olimpo degli immortali del football: la Coppa del Mondo in Francia, anno 1998. Luis Nazario da Lima si presenta alla competizione poco più di un mese dopo aver strapazzato la Lazio nella finale di Coppa Uefa di Parigi, trascinando l’Inter al successo europeo. Il doppio passo per superare Marchegiani è una pagina di storia, vera e propria pornografia calcistica.
Cominciano i Mondiali e Ronnie è uno spettacolo da ammirare, anche se non appare al massimo della forma. Come dire, vederlo appaga gli occhi di ogni amante del calcio, però si percepisce che qualcosa in lui comincia a scricchiolare. Molte volte durante i match arranca a testa bassa, ciondola per il campo. Davvero inusuale per un mostro di atletismo del suo calibro. In ogni caso, il Fenomeno mette a segno 4 reti in 6 partite e porta la Seleçao in finale contro la Francia di Zinedine Zidane, il 12 luglio 1998.
72 minuti prima del fischio d’inizio della partita più attesa, all’atto di trasmettere alla FIFA le formazioni ufficiali, il nome di Ronaldo non figura tra i titolari. Ma il panico dura solo qualche minuto: al momento di andare a fare il riscaldamento, Ronaldo si presenta negli spogliatoi sorridente dicendo: «Gioco. Dov’è la mia roba? Devo giocare». Sembra pronto, sembra tutto normale. Ma il campo dirà tutt’altro. La prestazione di è sconcertante, vaga come un’anima in pena senza nerbo. Il Brasile perde malamente e il mistero si infittisce. Cosa è successo il pomeriggio prima del match? Ecco le dichiarazioni allucinanti di Edmundo, suo compagno di Nazionale:
«Fui il primo a vederlo nell’hotel quel pomeriggio. Stavamo in stanze attigue, separate solo da una porta. Mi alzai da tavola dopo il pranzo per andare in bagno. In quel momento attraverso la porta aperta vidi Ronaldo con le convulsioni. Era sdraiato e Roberto Carlos era sul letto a fianco con la TV accesa. Aveva le cuffie e non si era accorto di niente. Ronaldo era viola, con la bava alla bocca e il corpo che si contraeva. Uscii di corsa a cercare il medico, che stava in un’altra parte dell’albergo. Tornai ancora di corsa e insieme a Cesar Sampaio riuscii a toglierli la lingua dalla gola per farlo respirare. Quando arrivarono i medici, l’immagine non era più così scioccante. Zagallo e Lidio Toledo accorsero molto dopo, per questo lo fecero giocare lo stesso in finale: non videro come stava prima».
Paul Chevalier, il direttore dell’albergo addirittura dichiarerà che: “Dalla finestra vedevo tanta gente nella camera di Ronaldo, ho sentito gridare più volte la parola: morto, morto, morto. C’è stato un parapiglia pazzesco: Ronaldo aveva avuto un malore.”
Troppe iniezioni per tenere a bada la tendinopatia bilaterale che tormentava il ginocchio sinistro del campione? Cosa ha fatto davvero precipitare la situazione? Un paio d’anni fa il cardiologo italiano Bruno Carù, specialista di fama mondiale, dopo averne visionato la cartella clinica, spiegò che Ronaldo quel pomeriggio non sarebbe stato vittima di un attacco epilettico ma di un problema cardiaco causato dalla compressione del glomo carotideo, un piccolo organo che comanda frequenza cardiaca e pressione. Tutto perché stava guardando il gran premio in televisione, sdraiato sul letto in una posizione anomala.
Quale verità scegliere? Probabilmente non lo sapremo mai. Resta solo il rimpianto di non essersi goduti il vero Fenomeno in quella partita stellare. Il Fenomeno che, dopo quell’estate (seppur dimostrando di essere ancora una meraviglia), si incamminò in una strada che pian piano lo condusse ad un lento ed inesorabile declino.