a cura di Giacomo Brunetti
Due anni fa, tutte le squadre giovanili del Barcellona che giocano a 11 hanno vinto il loro campionato.
Non esiste una ricetta perfetta. Anche quella segreta della Coca-Cola non è identica in tutto il mondo, ci sarà sempre la lattina un po’ meno gassata. Per lo stesso motivo, non tutti i ragazzi del Barcellona sono fenomeni. Sicuramente, alcuni sono molto più forti degli altri in tutto il mondo e nelle stanze de La Masia ci tengono a sottolinearlo.
Oggi è Marc Guiu ad aver esordito a 17 anni ne LaLiga e segnato dopo 33 secondi, con due tocchi: uno per il controllo, uno per superare Unai Simón dell’Athletic. Tra campo e panchina c’erano 8 canterani su 19 totali. Nell’aprile 2018, nel momento più potente dell’era Bartomeu, per la prima volta dal 2002 i blaugrana erano scesi in campo senza prodotti del settore giovanile dal primo minuto, scrivendo il record di 33 gare senza sconfitte in campionato. Un record amaro, che metteva in mostra una squadra funzionale, ma che non rispecchiava il dna storico della società. Nel 2021, con il ritorno di Laporta (il presidente del primo Barça di Guardiola), la situazione finanziaria dovuta alla precedente creazione di un instant team era disastrosa. Debiti, la partenza di Messi, la produttività della cantera messa in secondo piano.
Ma proprio dai campi de La Masia si è ricominciato. Produrre il talento. Era arrivato Pedri dalle isole Canarie a fare da monito: torneranno i giovani. E ora sono di nuovo loro a finire in copertina. Dai 16 anni di Lamine Yamal ai 20 di Alejandro Baldé: Gavi, Guiu, Fermin. L’elenco prosegue spedito guardando alla squadra B.
Parlavamo di una ricetta, che come tale non è applicabile senza margine di errore, ma che fa parlare il campo. Come fa il Barcellona a buttare dentro 16enni su certi palcoscenici, e vincere la scommessa nella maggior parte dei casi? Come fa Guiu a entrare ed essere subito incisivo? Certo, una parte la fanno anche il caso e l’imprevedibilità di trovarsi in una formazione di fenomeni. Ma da La Masia, la spiegazione è chiara. La formazione dei calciatori è mirata ad arrivare in Prima Squadra: nel loro sistema devi saper giocare a calcio. In Italia, nei settori giovanili, lo studio della squadra avversaria è soggettivo: dipende dall’allenatore che affronti, non esiste una filosofia oggettiva contro cui scontrarsi.
La Masia vuole creare giocatori per farli restare. Se il Barcellona mette in campo un 16enne come Lamine Yamal incontrando subito un potenziale fenomeno, è per due semplici motivi: il primo, perché le qualità sono essenzialmente fuori portata per la sua età; il secondo, perché Lamine si allena con i metodi e la visione della Prima Squadra fin da piccolo, ogni giorno, e ogni ragazzo del settore giovanile come lui sa perfettamente cosa fare in ogni situazione. Dall’Infantil fino all’undici di partenza de LaLiga, tutti si allenano con le stesse richieste. Ed è più facile per un ragazzo, inserirsi in un contesto dove sa già cosa fare, come ragionare, come muoversi.
Marc Guiu sapeva già che João Félix gliel’avrebbe messa lì. Magari un po’ peggio – perché il filtrante di João è puramente clamoroso – ma comunque lì.
Nella stagione 2021/2022, ogni squadra del Barcellona che gioca nel calcio a 11 ha vinto la propria divisione regionale. Alcune di loro, come l’under-14A e l’under-14B, hanno primeggiato con oltre 13 punti sulla seconda, e addirittura l’under-16B non ha mai perso. Il capolavoro è arrivato dall’under-19A che, nella División de Honor, ha trionfato per poi vincere lo scudetto nella Copa de Campeones de Juvenil, una sorta di play-off.
Cosa sono tutte queste lettere? L’under-19A è la massima selezione giovanile del Barcellona, la nostra Primavera. Ci giocano i ragazzi dai 17 ai 19 anni. Nell’under-19B, invece, dai 16 ai 17 anni. E così via, a scendere. Nell’under-19A due anni fa c’erano Gavi e Fermin, oggi in Prima Squadra. Quest’ultimo è stato eletto alcune settimane fa da Pedri come «il prossimo talento che il mondo scoprirà presto». Detto, fatto.
Siamo partiti nella ricerca per questo articolo cercando una correlazione tra il risultato e l’affermazione del talento in Spagna. Ovvero se nella concezione italiana di cercare il successo anche nei vivai, ci fosse una corrispondenza nel metodo spagnolo, e se i goldenboy blaugrana che giocano serenamente in Champions League a 16 anni siano effettivamente figli di un sistema vincente anche nell’ottica dei 3 punti.
Prendendo in analisi i risultati dal 2000 in poi, la Juvenil (under-19A, che inoltre è quella che partecipa alla Youth League) ha vinto 4 volte lo Scudetto e per 2 volte lo ha perso in finale. Complessivamente, da quando il torneo è impostato come quello che si svolge attualmente, ovvero dagli anni ’80, il Real Madrid lo ha alzato in 12 occasioni, mentre il Barça solo in 5 (4, appunto, solo negli ultime 25 stagioni). A livello regionale, invece, il Barcellona e il Real Madrid hanno trionfato per 19 volte: la División de Honor – la fase che come precedentemente detto, fa qualificare a quella finale – è la massima espressione del calcio giovanile spagnolo ed è suddivisa in 7 gironi da 16 società, ognuno relativo a una porzione di territorio. Meglio dei 19 trionfi delle due big, ha fatto solo il Las Palmas, che però milita in un girone comprendente solo squadre delle Canarie (per ovvie limitazioni geografiche), dove la fa da padrone.
Rispetto alla media italiana, il Barcellona cura chirurgicamente il proprio vivaio. Ci si allena al mattino, mentre il pomeriggio è obbligatorio frequentare la scuola. Viene proposta proprio da La Masia, con percorsi specifici. Lo studio è un fondamento. Chi abita entro i 150km ha un sistema di 15 taxi pronti per portarlo al centro. Gli altri, nel convitto. L’80% dei talenti del calcio di base proviene dalla Catalogna. Il modello prepara i ragazzi ad affrontare tutto: se sei bravo, al Club non interessa quanti anni hai. Entri e basta. Non si tende a proteggere il calciatore, ma a farlo esprimere secondo il suo valore assoluto.
Mediaticamente non si parla molto dei ragazzini. Non vengono dipinti come fenomeni in tenera età, non vengono caricati di pressioni. Lamine Yamal ha 16 anni, ma non per questo qualcuno gli ha mai precluso di essere titolare in Prima Squadra. Nella División de Honor, il livello giovanile è altissimo: non ci sono solo le squadre professionistiche, ma anche semplici accademie. Il Damm, ad esempio, è una delle più grandi antagoniste del Barcellona nella propria area. Fondata e partecipata dalla nota azienda di birra, vende ogni anno i migliori prospetti alle più importanti squadre del Paese. Nell’ultima stagione ha scovato in quinta serie un attaccante, Fran Garcia Pena del Badalona, e lo ha preso: ora è il capocannoniere del girone.
Questo è il livello con cui si misurano i giovani del Barça ogni anno. Un livello alto.
I più forti, i predestinati, come Balde, Gavi o Yamal, fanno il salto. Gli altri fanno un passaggio intermedio, nel Barcellona B, oggi in terza divisione. A partire dal 2010, anno in cui ha salutato Luis Enrique (che era subentrato a Guardiola, che aveva riportato la squadra in seconda), sono stati 6 volte in Segunda División e dal 2018 sono in Segunda División B, la terza serie appunto.
L’imprinting è solo e soltanto uno fin da piccoli. Per questo Marc Guiu, appena entrato, era certo che João Félix gliel’avrebbe passata.