Da questa baia sull’oceano provengono i grandi allenatori spagnoli

by Lorenzo Lombardi
Gipuzkoa

In panorama sportivo sempre più globalizzato, c’è una piccola oasi, nel nord della Spagna, capace di produrre una quantità irreale di talenti, in campo come in panchina. Parliamo di Gipuzkoa, la provincia più piccola della Spagna, che conta ‘solo’ 725.000 abitanti. Immersa tra il verde delle colline e l’azzurro dell’oceano, questa piccola striscia di terra da anni domina il panorama calcistico europeo. La sua capitale è Donostia-San Sebastián, una città affascinante, e nel territorio basco sono cresciuti allenatori come Andoni Iraola, Unai Emery, Julen Lopetegui, Mikel Arteta e Xabi Alonso. Oggi fanno parte dell’élite e sono tra i manager più interessanti, per idee e filosofie di gioco, del calcio europeo.

Da Gipuzkoa al grande calcio

La squadra più importante della provincia è la Real Sociedad, il cui allenatore Imanol Alguacil è originario di Gipuzkoa. Ha lavorato con Xabi Alonso quando era allenatore della Real Sociedad B. L’ex centrocampista del Liverpool e del Real Madrid, ora è alla guida del Bayer Leverkusen con cui sta proseguendo un importante percorso di crescita.

Anche il tecnico dell’Arsenal, Mikel Arteta, ha iniziato all’Antiguoko, un piccolo club che spesso si allenava sulla famosa spiaggia ‘La Concha’ di San Sebastian. Nato a San Sebastiàn, in Spagna, muove i suoi primi passi nel calcio dei professionisti nella squadra B del Barcellona, per poi vestire negli anni successivi le maglie di PSG, Rangers, Real Sociedad, Everton e Arsenal.

Unai Emery, oggi alla guida dell’Aston Villa, è di Gipuzkoa. Anche lui ha iniziato alla Real Sociedad, e dopo aver impressionato col Villarreal si è guadagnato il passaggio nell’ambiziosa compagine inglese.

Stesso percorso per l’ex allenatore dei Wolves Julen Lopetegui, partito anche lui dalle giovanili della Real Sociedad, addirittura da calciatore. Dopo tante esperienze, alla guida di diversi club spagnoli e non (Rayo Vallecano, Porto, Siviglia), è diventato uno degli allenatori più stimati di Spagna, arrivando fino sulla panchina di Real Madrid e del Wolverhampton.

L’ultimo manager, così come direbbero gli inglesi, approdato in Premier League, proveniente dalla piccola Gipuzkoa, è Andoni Iraola, nuovo allenatore del Bournemouth. Dopo l’ottimo lavoro con il Rayo Vallecano è chiamato a ripetersi e a portare alla salvezza i suoi ragazzi. Tutti ottimi allenatori insomma, nati e cresciuti in una zona dove, per citare l’allenatore catalano Manolo Marquez, «il calcio è una religione». Lo stesso Marquez ha aggiunto: «Iraola è calmo durante la settimana quanto focoso durante la partita. Lopetegui e Unai Emery sono assolutamente ossessionati dal calcio. E ricordo di aver visitato Pep Guardiola a Manchester nel 2018, quando mi disse che sia Arteta che Xabi Alonso sarebbero diventati dei grandi allenatori».

Il calcio nel sangue

L’area basca avrà quattro squadre ne LaLiga durante la prossima stagione: Real Sociedad, Atletico Bilbao, Alaves e Osasuna.  Proprio la squadra della capitale, la Real Sociedad, è un modello e un punto di riferimento per tutto il movimento calcistico spagnolo. Dal 2018 la squadra è allenata dal tecnico basco Imanol Alguacil che ha passato quasi tutta la carriera con i colori Txuri-urdin cuciti sulla pelle. Grazie ad una programmazione attenta, la squadra ha spesso occupato le zone alte de LaLiga, oltre a partecipare alle competizioni europee, mettendo in mostra i suoi ‘Enfants Terribles’. Gli investimenti mirati hanno reso la cantera di Zubieta una delle più produttive dell’intero panorama spagnolo. Nati sui campi affacciati sul fiume Oria, Antoine GriezmannAsier Illarramendi e Mikel Oyarzabal, rappresentano solo alcuni esempi di cosa abbia saputo produrre negli ultimi anni il settore giovanile basco.

Alla base del loro lavoro c’è l’identità locale e i legami con Gipuzkoa. Presentato come un modello di stabilità, per promuovere i giocatori delle squadre giovanili, il modello della Real Sociedad parte dal basso e prevede che l’80% dei giocatori delle loro squadre giovanili provenga dalla loro regione. Il club, da sempre, può contare almeno su un giocatore di origine ‘Gipuzkoana’ in ogni formazione titolare e, per più della metà delle loro partite totali, nove o più giocatori cresciuti in casa sono stati utilizzati.

Per il direttore sportivo della Real Sociedad, Robert Olab «la nostra regione è fondamentale e le sue caratteristiche sono instillate in tutte le aree del club. Anche i nuovi, si rendono conto di quanto sia forte questa filosofia e finiscono per condividerla».

La Real Sociedad non ingaggia giocatori prima dei 12 anni; nessun altro club de LaLiga aspetta così a lungo. Spesso questi rimangono poi nel club per oltre un decennio. La squadra B, in passato allenata anche da Xabi Alonso, gioca nella seconda divisione spagnola e, la scorsa stagione, era composta da molti giocatori locali.

Club orgogliosi delle proprie origini

Questo legame ovviamente si estende anche alla prima squadra. Nel derby basco dello scorso campionato, contro i rivali locali dell’Atletico Bilbao, 21 giocatori in campo erano baschi, con 19 di loro che provenivano da uno dei due settori giovanili.

Questa regione non solo produce un livello maggiore di giocatori di alto livello rispetto a qualsiasi altra parte d’Europa, ma ha anche club importanti che sono orgogliosi di rappresentare il proprio territorio.

Secondo lo statuto della Real Sociedad, nessun individuo può detenere più del 2% del suo capitale, con 14.000 azioni distribuite tra migliaia di tifosi e investitori. Il direttore sportivo Olabe ha riassunto in poche parole l’identità del club: «Vogliamo che la Real Sociedad appartenga a tutti».

Oggi conta 38.000 abbonati, il 20% della popolazione di San Sebastián, con altri 1.500 in lista d’attesa. L’Anoeta, stadio e casa del club, è quasi sempre sold-out.

La Real Sociedad sta dimostrando che i successi sul campo dipendono dall’organizzazione e dal coraggio che si dimostra al di fuori del rettangolo verde. La popolazione di Gipuzkoa ne è un esempio e i suoi ‘figli’ ne stanno raccogliendo i frutti, lasciando il segno nel calcio che conta.