Giugliano: «Io la prima italiana della storia in corsa per il Pallone d’Oro»

by Alessandro Lunari

Mancano pochissimi giorni all’assegnazione del Pallone d’Oro: lunedì 28 ottobre al Théâtre du Châtelet di Parigi ci sarà la consueta cerimonia che premierà i migliori calciatori al mondo. Ci sarà anche l’Italia: a tenere alto il valore del nostro calcio toccherà a Manuela Giugliano, capitano e numero 10 della Roma. È lei l’unica rappresentante del nostro Paese.

La prima calciatrice italiana della storia a essere fra le 30 candidate al Pallone d’Oro. Già così è da brividi: «Che effetto fa? Eh, bella domanda. Sicuramente è stato inaspettato. Non avrei mai immaginato di rientrare fra le prime 30 al mondo. Dentro è una sensazione indescrivibile, un piccolo grande sogno che si è realizzato che aspetta però di ricevere qualcosa in più… magari non arrivare 30a, anche 29a va bene». E perché non un po’ più su in classifica?

 

«All’inizio non capivo neanche se fosse vero»

La scalata di Manuela parte da lontano. Da Castelfranco Veneto, un paese in provincia di Treviso, e arriva fino a Roma. Anzi, in realtà, arriva fino alla lista delle 30 migliori al mondo. Una stagione super, con tanto di 2° Scudetto di fila e Coppa Italia, coronata da questo traguardo «arrivato un po’ a sorpresa». Ce lo ha detto lei d’altronde: «L’ho scoperto prima di entrare in un ristorante dove avevamo organizzato già da un po’ di tempo una cena di squadra. Avevo intravisto su Instagram un post di un ragazzo e un secondo dopo mi è arrivata la telefonata dell’ufficio stampa della Roma Femminile: ‘Manu, guarda che sei fra le candidate al Pallone d’Oro’. Io non capivo se fosse vero o meno».

L’emozione ha preso il sopravvento. Nei suoi occhi si intravede l’orgoglio, ma anche la timidezza di fronte a un riconoscimento del genere: «Ho tentennato nel dirlo alle mie compagne. Poi ho parlato con Valentina Giacinti, la mia migliore amica, – anche lei calciatrice della Roma – era emozionatissima per me. Così durante la cena l’ho detto alle altre. Mi hanno riempito di complimenti, ma sono io a doverle ringraziare: è anche merito loro se sono arrivata fin qui. Ci tengo a dirlo perché è vero».

Una stagione fenomenale condita da 39 presenze, 16 gol e 2 trofei. E un importantissimo riconoscimento personale: Giugliano, infatti, al termine della passata annata ha vinto il premio di ‘Miglior calciatrice della Serie A 2023/24’. Come se non bastasse, ora è arrivata anche la nomination più importante di tutte: «Cosa dico alla Manuela bambina? Brava, sicuramente. Brava perché nei momenti di difficoltà da piccolina sei sempre andata oltre. Sappiamo benissimo che il nostro mondo non viene ancora proprio accettato e questo in passato un pochino mi frenava. Però sono sempre andata avanti, grazie alla mia famiglia e a me stessa. Quindi, brava perché ci hai sempre creduto».

 

Da Totti a Giugliano, l’ultimo 10 della Roma a giocare all’Olimpico

Ormai da qualche stagione a Roma c’è un nuovo 10. Se la maglia della squadra maschile è ancora intoccabile, Manuela indossa con fierezza quella della Roma Femminile: «Da piccolina ho sempre sognato in indossare la 10 e la fascia da capitano. È la realizzazione di un altro sogno raggiunto indossando una maglia pesante: Totti è stato il re di tutto». Giugliano aveva già indossato la 10 nella sua carriera in altre società in cui è passata, ma a Roma si sa ha un peso e un sapore differente. Così come la fascia da capitano: «Che tu abbia il 10 o meno, con la fascia il peso c’è a prescindere: ti porta positività, crescita e ti dà consapevolezza. Io l’ho sempre presa in questo modo. Ogni giorno cerco di onorarla e meritarla perché non è detto che possa indossarla sempre».

Sono passati più di 7 anni dal ritiro di Francesco Totti: era il 28 maggio 2017. Da quel giorno, nessun calciatore della Roma ha mai vestito la 10 né tantomeno calcato il prato dell’Olimpico con quella maglia. Fino al 22 marzo 2023: davanti a poco meno di 40mila persone, la Roma Femminile gioca per la prima volta nella sua storia un quarto di finale di Champions League. Davanti c’è il Barcellona, la squadra più forte al mondo.

Per Manuela è un sogno ad occhi aperti: «Sinceramente non ci credevo. Non pensavo di avere il Barça davanti, ma di avere 40mila persone tutte lì a vederci. I nostri tifosi ci sostengono sempre e ovunque, sono pazzeschi. Quella sera l’ho vissuta in maniera serena, volevo solo godermela. È stato un momento unico, che non dimenticherò mai nella mia vita. Come potrei mai? Una partita così bella, con tutta quella gente, contro il Barcellona nei quarti di finale di Champions League, dopo che hai fatto un percorso così importante… impossibile da scordare».

Totti e Giugliano. Da 10 a 10. E la leggenda del club giallorosso, in occasione del 1° storico Scudetto conquistato dalla Roma Femminile al termine della stagione 2022/2023 non ha risparmiato i complimenti per Manuela. Già qualche anno prima, in occasione del Mondiale del 2019, Totti aveva posato con la 10 di Giugliano: «Vedere lui con la mia maglia fra le mani è stato bellissimo. Ho avuto la fortuna di poterlo sentire e ringraziarlo. C’eravamo promessi di organizzare una cena insieme, ancora non ce l’abbiamo fatta. Ma ci riusciremo».

 

«Il problema non erano i compagni di squadra, ma i genitori fuori»

L’amore di Manuela per il calcio nasce in famiglia, da suo padre e suo fratello. Anzi, forse ancora prima: «Mia mamma mi ripete sempre che la facevo dannare quando ero nella sua pancia perché scalciavo. E pure forte. È tutto iniziato da lì: ce l’avevo nel sangue». Se negli ultimi anni il calcio femminile ha acquisito rilevanza e rispetto, quando Manuela – che è una classe ’97 – si è avvicinata al mondo del pallone di certo non era così: «Ci sono stati alcuni episodi spiacevoli, ma non tanto dai miei compagni di squadra. Per quello che mi dicevano, ero così forte che non davo fastidio, anzi. Il problema erano i genitori fuori: ero una bambina, quindi secondo loro non potevo giocare a calcio. Ma sono riuscita sempre ad andare avanti, ero piccolina, non capivo ancora bene come stavano le cose».

Nei primi anni Duemila, infatti, Manuela inizia a giocare a calcio in una squadra maschile: «Ho fatto una trafila importante fino all’ultimo anno in cui potevo giocare con loro, verso i 13-14 anni. Mio padre e mio fratello mi hanno subito indirizzato verso il calcio, mia madre era più restia infatti mi aveva iscritto a pallavolo… il problema era che giocavo con i piedi anziché che con le mani. Ricordo che l’allenatore disse ai miei: ‘Guardate, forse è meglio che Manuela cambi sport. È giusto che faccia altro’». Diciamo che il tempo ha messo tutti d’accordo.

 

Dal bisogno di un piano B al Mondiale che ha cambiato tutto

Dal 1° luglio 2022 il calcio femminile italiano è entrato nel professionismo. Un passo avanti importante, che ha dato riconoscimenti, garanzie e diritti alle atlete. Una vittoria totale, capace di illuminare il percorso per tutte le ragazze che sognano di diventare delle calciatrici. Manuela ci è passata, ha vissuto tutta la fase di transizione fra gioie e paure: «Sono sincera: io nel mio 1° anno di Serie A mi ero creata un piano B. Se non mi fossi riuscita a mantenere, avrei continuato a studiare per lavorare con i bambini. Ora è rimasto tutto in sospeso, ma in quei momenti non avevo ancora quella sensazione che il calcio potesse essere la mia vita».

Dopo il settore giovanile nell’Istriana, Manuela lascia casa nel 2013 per trasferirsi al Graphistudio Pordenone. Un anno dopo vola in Sardegna, alla Torres, mentre è ancora minorenne: «Ho avuto un percorso particolare: sono andata via di casa molto presto e non proprio vicinissimo. Dal Veneto alla Sardegna non è un attimo. Ma io avevo un obiettivo chiaro in testa: andavo dritta per la mia strada perché era ciò che volevo fare. Sfido chiunque a non prendere una scelta del genere quando ti si crea l’opportunità».

Nella vita di Manuela e di tutte le atlete italiane c’è una tappa che di fatto cambia le cose: il Mondiale del 2019, giocatosi in Francia. L’Italia torna a disputare una Coppa del Mondo femminile a distanza di 20 anni dall’ultima volta. Ed è un successo per tutti.

La Nazionale riesce ad avere una grande seguito sia dal vivo che in tv. L’entusiasmo si percepisce dentro e fuori dal campo: le Azzurre di Milena Bertolini buttano fuori Australia e Brasile nel girone, superano la Cina agli ottavi e vengono fermate solo dall’Olanda ai quarti. Manuela e le compagne tornano a casa dispiaciute, ma con la grande convinzione di aver scritto una pagina di storia. E di fatto, è così: «Quello è stato un Mondiale pazzesco sotto tutti i punti di vista. Ha davvero cambiato le cose». La svolta nella vita di Manuela è arrivata proprio con l’Italia, dove ad oggi conta più di 80 presenze e 11 gol. Ci è arrivata dopo esser passata in U15 e U19: «Quando andavo in Nazionale, mi rendevo conto che il movimento femminile stava crescendo sempre di più, di giorno in giorno. Qualche accenno di poter fare del calcio la mia vita ho iniziato ad avercelo. Dal Mondiale del 2019 abbiamo compreso che potevamo continuare a lottare e che questo sport, non solo per me, ma soprattutto per le bambine, potesse essere un lavoro».

La Nazionale ha un po’ rallentato nelle ultime due manifestazioni con le eliminazioni ai gironi nell’Europeo del 2022 e nella Coppa del Mondo del 2023, ma il movimento è in costante crescita. E le Azzurre si stanno riprendendo: «Quando passano gli anni, crei delle basi e compi dei passi importanti, io credo che sia anche giusto accettare qualche battuta d’arresto successiva. Non è detto che si possa andare bene ogni anno. Quando fai le cose per bene, cerchi di arrivare all’apice. È stato un momento di ‘debolezza’, ma tutte insieme abbiamo cercato delle soluzioni. Siamo tornate ad essere un gruppo unito, che ha voglia di vincere con la qualità che ha. E questa è la cosa più importante».

 

«Sono passata dal cambiarmi in un bunker ad avere una poltrona col mio nome»

Manuela è alla Roma dal 2019. Nella sua carriera non le era mai capitato di fermarsi per così tanto tempo in una squadra. Dopo la Torres, era passata per il Mozzanica, l’Atlético, l’AGSM Verona, il Brescia e il Milan. Anno dopo anno. Il giallo e il rosso hanno cambiato tutto: «Quando sono arrivata a Roma, avevo un po’ paura perché venivo da città piccole o comunque non così caotiche. Ci ho messo un po’ a trovare la mia stabilità, ma vivere a Roma è come vivere in una grandissima famiglia. Quando ti senti bene, supportata da tutti, dentro e fuori il club, qualsiasi cosa diventa più semplice. E poi è complicato cambiare: per questo sono qui».

Negli anni Manuela è diventata anche la miglior marcatrice nella storia della Roma Femminile con 46 gol ed è a -1 dal record di presenze in maglia giallorossa (158) di Giada Greggi. E a questo si aggiungono i 5 trofei: i 2 Scudetti, le 2 Coppa Italia e la Supercoppa Italiana.

Il primo successo risale alla Coppa Italia 2020/21, vinta contro il Milan, che ha cambiato di fatto il calcio femminile a Roma: «Il significato di quel trofeo è indescrivibile: è stato il primo nella storia della Roma Femminile. È difficile da dimenticare. Ero contentissima, ho vinto contro Valentina Giacinti… ho un po’ tentennato ad esultare vicino a lei. Ora ce l’abbiamo fatta a portarla qui a Roma, diciamo che se n’è dimenticata dai. Quel trofeo ha aperto la strada alla crescita della squadra: la società ha iniziato ad investire costantemente. Io mi reputo fortunata ad essere qui perché vedo ogni giorno quanto la famiglia Friedkin e il club abbiano voglia di investire. Mi sento al sicuro. E l’unico modo per ripagarli è portando trofei».

Manuela ha vissuto tutta la transizione del calcio femminile. Partendo dal basso fino ad arrivare a vincere campionati, coppe e alla lista del Pallone d’Oro: «In passato mi cambiavo sotto in un bunker. Adesso ho delle poltrone col mio nome: è un esempio stupido, ma fa capire quanto sia cambiato tutto. Sono passata dall’avere 10 persone a guardare la partita ad averne 4mila: è completamente diverso. E questo ha fatto sì che le persone si appassionassero al nostro calcio: per noi è una piccola conquista perché nessuno ci calcolava. Abbiamo fatto cambiare idea a molta gente e questo è super importante».

Attenzione dei media, strutture migliori, trasmissione delle partite: anche l’Italia si è accorta del calcio femminile. Finalmente. Anche se il gap con l’estero c’è ancora: «C’è tanto da poter migliorare o ‘rubare’ dagli altri Paesi. Contro il Chelsea ho visto delle strutture ottime, dove non mancava nulla. Io mi reputo fortunata ad essere alla Roma perché anche qui è così e mi sono sentita una professionista sin da subito, ma è chiaro che le piccole realtà debbano ancora fare questo step. Bisogna investire su staff competenti e portare calciatrici forti in Italia: queste sono le chiavi per far sì che il movimento cresca ancora di più».

 

Fra Lego, tatuaggi, scaramanzia e serie tv. E non parlate più solo di ‘Dybala Mask’

A Manuela la personalità in campo non è mai mancata. Come tutti i veri numeri 10: «Quando entrano in campo i numeri 10 si godono il momento. Ce l’hanno proprio dentro. Non penso a ciò che succede fuori: cerco di creare e inventare qualcosa sul momento». Trasmette sicurezza dietro a quel sorriso e quella timidezza che lei stessa ammette di avere: «Manuela ha due parti fondamentali: una molto timida e l’altra che cerca di nascondere facendo ridere. Nei momenti di difficoltà, tendo sempre a scherzare, far sorridere e trovare una soluzione per tirare su di morale gli altri. Quando poi tutto va bene, cerco di restare nel mio, di rimanere pacata».

Nella sua carriera c’è sempre stata una costante: Valentina Giacinti. Si sono conosciute al Mozzanica, hanno giocato insieme al Brescia e al Milan e ora si sono ritrovate alla Roma: «Penso si noti che è una delle mie migliore amiche. È partito tutto dal campo: ero quella che già al Mozzanica riusciva a capirla senza guardarla, a farle i passaggi che voleva. Poi quando hai sintonia in campo, il resto viene da sé. Abbiamo condiviso molto momenti importanti della nostra vita. Mi reputo fortunata: ritrovarsi una persona così, un supporto, in campo e fuori, è un grande aiuto». Insieme sono super scaramantiche. C’è un video che riprende tutti i loro riti.

E l’esultanza di Manuela, la ‘Giugliano Mask’, ispirata a Dybala, è nata così: «Tutto è iniziato in un momento di down. Parlavo con Vale: ‘Non sto segnando più, non creo occasioni. Non mi viene nulla. C’è qualcosa che non va, devo cambiare’. Io e la Giacinti siamo molto scaramantiche, ma davvero tanto. Così abbiamo deciso di partire con un’esultanza diversa. Ho detto: ‘Paulo è forte, fa gol, gioca più o meno nel mio stesso ruolo. La Dybala Mask è perfetta’. Gli ho chiesto il permesso, ripeto. Così alla prima partita ha portato subito bene e ho esultato così. Dal momento in cui l’ho fatta e ho segnato, non l’ho più tolta. Per adesso sta andando bene, speriamo che continui così. Siamo arrivati alla lista del Pallone d’Oro diciamo che ha portato abbastanza fortuna».

E pensare che era tutto iniziato dal divano di casa, insieme a suo papà: «Mi sedevo lì, accanto a lui. Gli chiedevo sempre di Del Piero e Totti: per me erano dei fenomeni. Gli dicevo: ‘Magari arrivare a giocare con tutte quelle persone’». 40mila all’Olimpico, intanto, Manuela li ha già conquistati.

Sempre col sorriso. «Sono una che si fa scivolare le cose di dosso. Dentro e fuori dal campo, non sento la pressione. Cerco di far ridere tutti, faccio la stupida. Ma poi c’è anche la Manuela che torna a casa e si butta sul divano a guardare le serie tv. Sono ossessionata. Ho tante altre piccole passioni: i tatuaggi, ma solo per i momenti importanti della mia vita. E amo cucinare, anche se quando torno dall’allenamento non è che abbia tutta questa voglia. Ma c’è un’altra grande passione al pari del calcio: i Lego. Ne ho tantissimi fin da quando sono bambina. Io e mio fratello chiedevamo solo quelli. Ah, e naturalmente il pallone. Quello non mancava mai». Dal pallone in camera al possibile Pallone d’Oro. Manuela Giugliano la sua storia l’ha già scritta. A fare il tifo per lei, c’è tutta Italia.