Goycochea ed il suo Mondiale italiano: «Urinavo in campo e portava bene»

by Redazione Cronache

Sergio Goycochea, portiere argentino che si è regalato delle vere notti magiche nel Mondiale italiano nel 1990, parando 4 rigori in 2 partite contro Jugoslavia ed Italia, ha rilasciato una lunga intervista a Gianlucadimarzio.com. 

ARGENTINA – «In quel Mondiale è cambiata la mia vita. L’Argentina arrivava da campione in carica e c’era già grande soddisfazione nel far parte di quella rosa. Con il tempo poi pensi a quello che era accaduto prima, le accuse che mi erano state rivolte sulla mia salute. L’unico punto a mio favore era il tempo che passava: due anni dopo il calcio mi ha dato una rivincita, nel miglior scenario possibile».

CONVOCAZIONE – «Ricordo che il ct Bilardo parlava velocissimo. Quando mi comunicò che sarei entrato nella lista dei convocati iniziò a parlarmi di Falcioni. Non so perché, ma avrebbe potuto dirmi ‘vai te’ e poi darmi tutte le spiegazioni, invece fece il contrario. Temevo di non essere convocato. Ma Bilardo ha rappresentato tante cose per me. Mi ha trasmesso l’amore, il senso di appartenenza, il significato di avere la maglia della nazionale sul petto e rappresentare il paese con questi colori»

PARATE DECISIVE – «Non credo di aver salvato Diego. Non veniva eliminato Maradona, ma l’Argentina. Non l’ho mai interpretata in modo diverso. In quella partita feci una cosa particolare. Nacque per una questione di necessità: dopo i tempi supplementari dovevo urinare, ma non potevo tornare negli spogliatoi. Avevamo giocato in tardo pomeriggio con 25° e avevo bevuto un litro e mezzo d’acqua, così urinai in campo e vincemmo. Nella partita successiva con l’Italia non ne avevo bisogno, ma lo feci lo stesso e funzionò».

ITALIA – «Di tutte le sedi che c’erano per giocare contro l’Italia, sicuramente avrei scelto Napoli per Diego. Non è che giocassimo in casa, ma era lo stadio più neutrale di tutti. Durante la partita spesso si sentivano gli applausi per lui e almeno non lo insultavano come da altre parti. Era una posizione difficile anche per i napoletani».

RIGORI – «Il grande segreto per pararli è andare nella stessa direzione della palla. Non ci sono segreti, ma tecniche che hanno a che fare con l’intuizione, la potenza nelle gambe. Un qualcosa che non si spiega, come guardare il corpo di quello che sta per calciare per provare a intuire il tiro. Un po’ come quando il tennista guarda l’inclinazione e poi va a cercare la palla. Facevo sempre così, sia con quelli parati che con quelli subiti: non è una questione di fortuna».

GIOCARE IN EUROPA – «Era un altro calciomercato. Non c’erano così tanti argentini in Europa e soprattutto non c’era un grande mercato dei portieri. Se avessi potuto scegliere però, mi sarebbe piaciuto giocare nel Napoli. Oggi in Italia c’è Musso, un portiere con qualità molto buone. Alla sua età è molto importante avere continuità e il fatto che sia stato chiamato in nazionale dimostra la sua crescita. Credo che avrà un grande futuro davanti a sè».