Parlare di Gresko e dribblare il 5 maggio è tosta, ma ci proviamo. Almeno all’inizio. «Anche perché dopo vent’anni basta, no?». In effetti ha ragione Vratislav, che risponde da Banska Bystrica in un italiano semi perfetto. «Ho molti amici lì. Non torno da due anni per colpa della pandemia, ma mi piacerebbe camminare di nuovo per Milano». Stavolta senza rischi. «Ti riferisci alle parole di Nicola Ventola, vero? Di quando ha detto che il 6 maggio sono uscito in centro a fare shopping. E che se non ci fosse stata la polizia avrei preso qualche schiaffo dai tifosi. Beh, non è vero. Non so dove l’ha sentita». Il vecchio terzino sinistro nerazzurro lo chiarisce a voce alta, ed è l’unica volta in cui si infastidisce un po’. Poi torna il sereno. «Amo l’Italia, sono stato benissimo. In più il sogno di mio figlio è giocare in Serie A».
L’Inter in tv
Samuel Gresko ha 16 anni e fa il centrocampista. Gioca nelle giovanili del Bjanka Bistrica e lo allena… papà. «Sono severo con lui, sa bene che non sono il tipo da favoritismi. Deve guadagnarsi il posto ogni partita. Dico solo una cosa però: alla sua età non ero così forte». Vratislav lo protegge: «È bravino. A volte, quando se lo merita, lo faccio giocare con la 10». Qualche settimana fa erano insieme davanti la tv a vedere l’Inter. «Il suo obiettivo è l’Italia. Se giocasse nei nerazzurri sarei contento!». Nessun rimpianto, anzi: «Sono stati due anni tosti pieni di problemi, ma giocare accanto a Ronaldo, Vieri, Recoba, Zanetti e gli altri è stato un privilegio. Ronnie abitava sopra di me, Bobo era uno spasso. Io ero più tranquillo, ma ho riso parecchio. C’erano sempre vari scherzi. Con Toldo e Javier mi scambio ancora qualche messaggio, ogni tanto».
Gresko, teatro e pallone
Il pallone sempre in testa, i libri sul tavolo: «Sto studiando per prendere il patentino, così posso prendere in mano una squadra di grandi». Nel frattempo coltiva l’hobby del teatro. «Non sono un attore eh, ci sono i professionisti. Ho solo investito in un’idea. Volevano buttare giù un edificio, così io l’ho comprato, ristrutturato e fatto diventare un teatro di successo». Chiuso da due anni per colpa del Covid: «Bisogna tenere botta, poi quando riaprirà torneremo a far sorridere gli slovacchi».
«Il 5 maggio? Basta»
Gresko segue l’Inter da lontano: «Inzaghi è bravo, spero vinca lo scudetto». Sfuggito a Vratislav vent’anni fa, il 5 maggio 2002. La Lazio, Poborsky, le lacrime di Ronaldo. Silenzio. «Bisogna andare avanti. Inutile parlare di cosa poteva essere, di chi ha sbagliato. Due gol sono stati colpa mia, e quindi? Potremmo parlare ore di ciò che è successo quel giorno. Continuo a dire che quel titolo ci è sfuggito prima, con la sconfitta contro l’Atalanta in casa e con il pareggio al Bentegodi con il Chievo. Ma non mi importa più nulla, davvero». In Italia ancora se ne parla: «Una caccia al colpevole mai vista, anche perché purtroppo, in carriera, ho perso altri due scudetti all’ultima giornata. Il primo in Slovacchia, il secondo in Germania con il Bayer Leverkusen. Perdemmo 2-0 contro l’Unterhaching, una squadra che oggi gioca in C. Il 5 maggio è il mio passato, ora vado avanti. Anche perché nessuno dei compagni mi ha detto qualcosa quel giorno, anzi. Ognuno ha la sua versione».
«Chi se ne frega»
Dopo l’Inter la carriera continua. Sei mesi a Parma senza guizzi nel 2002: «Sono andato via appena ho potuto. I Tanzi avevano ben altri problemi, la Parmalat sarebbe andata incontro al famoso crac da lì a poco tempo. C’erano grandi giocatori come Adriano, Gilardino, Mutu, ma ormai era finito un ciclo». O forse solo i soldi. Dopo il Blackburn e un grave infortunio al ginocchio, Gresko spezza la maledizione trofei grazie al Norimberga, che nel 2007 vince la Coppa di Germania dopo 44 anni. «Non giocai la finale, ma resta una delle soddisfazioni più belle di sempre». Processo finito. Forse una liberazione, per scacciare via la Spada di Damocle di «ragazzo sfortunato». Nomea di cui ancora si parla tra l’altro, ma Gresko se la ride. «Il bello sai qual è? Non me n’è mai fregato niente». Felice così. In attesa di riaprire il teatro.