Il talento in Premier League parla anche italiano. E lo fa attraverso una storia che inizia in Benin, prosegue in Togo, trova il proprio habitat perfetto in provincia di Lecco e infine cambia ancora, stabilizzandosi a Manchester. È il racconto della vita di Halid Djankpata, che in Togo ci è nato da genitori nativi del Benin, e che in Italia si è trasferito quando aveva soltanto 9 mesi: «Sono davvero felice perché la FIGC ha inviato alcune mail al mio procuratore dove affermava di aver mandato alcuni osservatori a visionarmi per potermi convocare in Nazionale».
La storia di Halid Djankpata, l’Everton e la Nazionale
Halid Djankpata è uno dei prospetti più interessanti del vivaio dell’Everton, dove gioca centrocampista. Frank Lampard lo ha perfino convocato in Prima Squadra: «Complimenti, sei bravo. Ci vediamo domani». Poche parole che ti riempiono l’orgoglio. Come quando Halid ci risponde in videochiamata dall’India, dove si trova per un torneo con i Toffees: il giorno prima ha servito un assist micidiale. Tutto è partito dall’Usmate Velate, società dilettantistica brianzola. Aveva 4 anni. A 8 affrontava quelli di 12. Segnava un sacco. «Vennero a vedermi gli scout di Juventus, Atalanta e Brescia – ci racconta Djankpata in esclusiva – per offrirmi un provino. A causa della distanza rifiutai le 3 destinazioni, i miei genitori non potevano accompagnarmi», ma nel 2016 arriva il trasferimento in Inghilterra per il lavoro dei suoi familiari: Halid, nato nel 2005, all’epoca aveva 11 anni. La famiglia cambia vita: è tutto diverso, dal lavoro alla scuola. Prosegue con il calcio, nella squadra del suo college, prima di firmare con l’Droylsden Fc.
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Gli osservatori inglesi lo vogliono nelle big
«In Italia facevo l’attaccante e segnavo un botto di gol a partita, in Inghilterra il calcio è estremamente più fisico e sono stato arretrato a centrocampo». La svolta: gli osservatori dei grandi club d’oltremanica fanno a gara per prenderlo. Dal Liverpool al Manchester City: «A fine provino, mentre andavo via, mi scambiai nel parcheggio con Salah». A spuntarla, però, è l’Everton: «Cercavo un posto in cui esprimermi, non volevo andare in uno dei top per rischiare di bruciarmi». La scelta paga: diventa anche capitano. In questa stagione si è suddiviso tra u-18 e quella che in Italia chiameremmo ‘Primavera’, dove all’esordio è entrato e ha deciso la sfida contro il West Ham.
Il legame con l’Italia è forte: «Credo che fino all’inizio di questa stagione, nessuno sapesse della mia esistenza in Federazione». Il sogno «è quello di giocare con la maglia della Nazionale, spero sia il primo che riuscirò a realizzare in ordine di tempo». Il prossimo anno rimarrà all’Everton, tra ‘Primavera’ e Prima Squadra. Qualche squadra ha provato a riportarlo in Italia negli scorsi anni, ma nessun discorso concreto. Halid si gode l’Inghilterra con il suo Everton, switchando perfettamente tra italiano e inglese.
Da Casadei a Kean, quanti azzurri
«Qui ci alleniamo duramente, il diktat è ’Ti alleni come giochi’, quindi l’intensità e la modalità dev’essere la stessa che applichi poi in partita» e si è dovuto adattare rispetto al modello nostrano. Ha incontrato Casadei (che gli ha anche segnato), giocandoci contro quando ha affrontato il Chelsea: «Solo dopo ho saputo che fosse italiano e sono andato a cercarlo su Instagram, non lo conoscevo».
E ha condiviso dei momenti anche con Kean, all’Everton: «Abbiamo parlato quando era qui due o tre volte, della nostra storia e del nostro modo di giocare». Il suo giocatore preferito è sempre stato Paul Pogba, mentre in Prima Squadra «il pallone gira velocissimo, nei primi allenamenti ero davvero timido, non ero al 100% dal punto di vista emotivo. Al terzo allenamento ero già a regime, i giocatori sono disponibili. Ma la palla va…». Apprezza i giovani: ci consiglia Owen Barker e Ishé Samuels-Smith, suoi compagni di squadra, e Kevin Zeroli del Milan, con il quale si sente tramite Instagram.
Halid Djankpata è un altro di quei ragazzi che vuol farsi strada in azzurro. Andato via dal nostro Paese, ma tenendolo sempre nel cuore. Tra college, bilinguismo e la crescita in un contesto che lo ha arricchito. Ma non vede l’ora di conquistare la maglia azzurra.