Hauge: «Haaland mi ha consigliato di andare al Milan. Ecco la prima cosa che mi ha detto Ibrahimovic»

by Redazione Cronache

L’esterno d’attacco del Milan, Jens Petter Hauge, ha parlato dei suoi primi mesi in rossonero ai microfoni di CBS Sport.

LA GARA DELLA SVOLTA CONTRO IL MILAN – «Mi ricordi i giorni prima della partita, ero molto concentrato e volevo fare bene perché so come funziona nel calcio e una partita ti può aprire tante porte. Mi sono preparato bene e la sera prima, parlando con il mio migliore amico e capitano della squadra, dicevo quanto fosse un grande club il Milan. La prima volta che sono entrato a San Siro mi sono guardato intorno ed ero molto contento. Pensavo che potesse essere un bel posto dove giocare».

LA CHIAMATA – «Quando i miei agenti mi chiamarono ero davvero emozionato. Mi sentivo pronto. Dovevo solo giocare un ultimo match con il Bodo e poi la trattativa sarebbe iniziata. Mi sentivo pronto per lasciare la Norvegia, volevo andare a giocare all’esterno e avere una nuova sfida».

GIUDIZIO SULLA STAGIONE – «Stiamo facendo bene in campionato, ma ci sono ancora tanti punti in palio. Anche in Europa League abbiamo chance per andare avanti. Possiamo battere chiunque. Ovviamente ci sono tante grandi squadre ancora in corsa, specialmente le inglesi che sono molto solide».

HAALAND – «Parliamo molto. Ero nel mirino di un club belga, ma lui mi disse di rifiutare l’offerta e aspettarne una migliore. Dopo la partita contro il Milan mi disse: ‘Andrà tutto bene. Giocare per il Milan non sarà facile ovviamente, dovrai lavorare tanto e imparare la lingua, ma penso che le cose andranno bene‘. E ora sono molto felice di aver scelto i rossoneri».

IBRAHIMOVIC – «Mi ricordo che sono entrato nello spogliatoio con un capello in testa e Zlatan mi disse: ‘Porti in giro le pizze o giochi a calcio?‘. Mi piace le persone che scherzano. Ibra mi ha aiutato tanto visto che parliamo la stessa lingua».

LA STORIA DEL MILAN – «Qui ci sono grandi leggende come Paolo Maldini. Lui è una leggenda, non solo nel Milan ma in tutto il mondo. Poi c’è Pioli che è simile all’allenatore che avevo in Norvegia per lo stile di gioco e per quello che chiede ai giocatori. Ora so cosa vuole da me sia quando ho la palla, sia quando non ce l’ho».