Dicono di lui. «Personalità, carattere, leadership». Così incline alla battaglia che una volta allontanò perfino il traduttore. Questi i fatti: aprile 2021, Lecce-Salernitana, Serie B. Morten Hjulmand, biondino danese scoperto dal solito Corvino, vive in Salento da un paio di mesi e non ha ancora imparato l’italiano. Ha bisogno di un traduttore che gli spieghi i concetti più importanti dei discorsi pre partita di Corini, uno che quando incita alza il tono di voce, trasmette energia, ti fa sentire dentro la partita già nello spogliatoio. La sfida con la Salernitana è tosta, il mister ci dà dentro, così il traduttore si avvicina a Hjulmand per spiegargli cosa ha detto. Lui, spavaldo e carico, gli dice «tranquillo, non c’è bisogno, mi ha convinto dall’atteggiamento». Il Lecce entra in campo e vince 2-0. Morten è uno dei migliori.
Orecchiette e zuppa di pesce
Ora Hjulmand si è «leccesizzato». Conosce il dialetto. Quando chiama i compagni dice compà, ha imparato a cucinare le orecchiette e non può farne a meno, con un occhio vigile alla linea. Chi lo conosce bene dice che il suo posto preferito è Santa Caterina, un paesino con vista sullo Ionio da mille abitanti scarsi, vicino Lecce. Il luogo perfetto dove staccare un po’ e mangiare Lu Quataru, la zuppa di pesce. «Quando sono arrivato in Italia ho scoperto il mare». Questo mare. Amore a prima vista. Arrivato in punta di piedi a gennaio 2021, fin qui ha sempre fatto il titolare. In estate, dopo l’addio di Lucioni, è diventato anche capitano. Del resto ne aveva parlato un mesetto prima: «Mi piacerebbe indossare la fascia…». Una di quelle cose che dici sottovoce, senza far rumore, ma che dentro di te brami come l’anello del potere.
Il destino: in Italia già nel 2017
Nato e cresciuto a Copenaghen, una vita nelle giovanili, forse l’Italia era nel destino. Il suo profilo Instagram ha poche foto, quasi tutte di campo o con la fidanzata. La prima, però, risale al 2017 e ritrae un paesino sperduto della Toscana. La didascalia è intuitiva: «Tutte le strade portano a Roma». Tant’è che nel post successivo spunta il Colosseo. Hjulmand, 23 anni, ha vistato il Bel Paese da neo maggiorenne. Si è fatto un giro con i genitori e forse ha detto «chissà, non è male, potrei anche giocare qui». Corvino l’ha piazzato nella top 3 delle sue migliori scoperte degli ultimi dieci anni, secondo solo a Vlahovic. Morten giocava nell’Admira Wacker in Bundesliga austriaca. A gennaio 2021 era ultimo in classifica. Oggi ha una pepita d’oro tra le mani: «Con il Napoli c’è stato qualcosa, Giuntoli mi ha chiamato».
Futuro con la Danimarca?
Hjulmand è mister 6,5. Quello dalla giocata sicura, il ‘randellatore’ di centrocampo monitorato anche dalla Danimarca. A giugno 2022, dopo un’annata da titolare a Lecce con 37 presenze in Serie B, è stato convocato per due partite di Nations League. Non ha esordito, ma il tempo è dalla sua. Intanto ha collezionato nove presenze con l’Under 21. Spontaneo, sincero, a modo. Fissato con il mare e la Playstation. Dopo la promozione in Serie A ha detto che aspettava solo di usare il suo avatar. Tra qualche giorno scoprirà l’overall di Fifa 23. Da bambino seguiva la Premier e impazziva per Vieira, uno degli invincibili dell’Arsenal, ma tra i suoi riferimenti c’è anche la Mamba Mentality di Kobe. Allenamento, volontà.
Forse era destino
Unica pecca: i gol. In carriera ne ha siglato solo uno con l’ Admira Wacker, più un guizzo con la Danimarca Under 19. Ha altri compiti, Baroni gli chiede di giocare da play e sfornare qualche assist (già due quest’anno). Ultima curiosità: il suo debutto con le giovanili danesi è arrivato contro l’Italia di Paolo Nicolato. Marzo 2017, U18, 4-4. Negli azzurrini c’erano Scamacca (doppietta) e Zerbin, ma anche Birindelli del Monza e il suo ex compagno Gianluca Frabotta. E allora sì, era destino.