Alzi la mano chi a inizio campionato avrebbe scommesso che i difensori centrali rivelazione della Serie A sarebbero stati due giocatori brasiliani. Del primo, Gleison Bremer del Torino (in questa intervista uno dei suoi primi allenatori lo ha raccontato per Cronache) si è detto molto. Anche perché la sua crescita è iniziata prima ed è stata ben più vertiginosa. Ma anche Igor della Fiorentina non scherza. «Vincenzo Italiano – assicura in una recente intervista al sito ufficiale del club – mi ha cambiato la vita», dandomi «la continuità, il minutaggio, le partite». Insomma, la possibilità di «giocare e migliorare». «Ho avuto due anni un po’ difficili qui a Firenze – ammette – non perché stessi male, ma nel calcio ci sono delle cose fuori dal tuo controllo: devi aspettare il tuo momento e lavorare duro».
Da quando, all’incirca a inizio 2022, ha preso il posto di Martinez Quarta è parso un altro giocatore rispetto a quello che conoscevamo. Più rapido, affidabile, da 11 partite è titolare e la Fiorentina subisce la metà. Anche perché insieme a Milenkovic forma un bel muro. Con lui in campo solo una volta, da febbraio, la squadra ha subito più di un gol: due, contro il Napoli. Osimhen non è stato un cliente semplice, gli ha dato da fare. Mentre nell’andata della semifinale di Coppa Italia era riuscito a fermare l’ex compagno Vlahovic. Mercoledì 20 aprile, nella replica a Torino, dovrà fare altrettanto per continuare a credere nel sogno di riportare un trofeo a Firenze dopo molto tempo. Non sarà facile, ma non lo è stato nemmeno arrivare fin qui.
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Igor, un ex centrocampista
«Sono cresciuto in una città piccola, a Bom Sucesso, nello stato di Minas Gerais, in una famiglia semplice e umile» ha raccontato Igor nella stessa intervista, «nessun altro nella mia città è diventato calciatore professionista. Era il mio sogno, ma c’erano tante difficoltà a casa, mio padre e mia madre hanno lavorato tanto per me. Delle volte non avevamo carne da mangiare a casa, solo riso, fagioli e verdure. Era un periodo difficile».
Fino a 16 anni giocava a centrocampo, poi l’intuizione di un allenatore di arretrarlo si rivela vincente e non si sposta più dalla difesa. Anche per questo il suo primo idolo è stato Ronaldinho, mentre oggi guarda soprattutto van Dijk del Liverpool. Si è sviluppato nelle società dell’universo Red Bull, vere e proprie incubatrici di talenti. Prima il Red Bull Brasil, poi il Salisburgo. «All’inizio è stato difficile abituarsi, con la lingua, il cibo, la gente, il freddo. I primi sei mesi sono stati complicati, ma dopo mi sono abituato, ho portato qui la mia famiglia e loro mi hanno aiutato tanto». Dopo tre stagioni in Austria lo acquista la Spal, finché non arriva la Fiorentina. Oggi ha 24 anni e si sta ritagliando un ruolo da protagonista in Serie A, con la speranza di agguantare la qualificazione a coppa europea da qui alla fine del campionato.
La famiglia e la bici
Dalla sua città viene anche la moglie, così com’è vivo il rapporto con gli amici. Uno, vero, lo ha conosciuto anche a Firenze: Alfred Duncan. «Siamo sempre insieme, parliamo di tutto». Hanno anche un saluto “personalizzato” che si ispira alla canzone “Na Today” di Okese1, rapper di origine ghanese, come il centrocampista viola.
«Non mi piace molto andare in giro – racconta ancora al sito della Fiorentina – preferisco stare tranquillo, sdraiato a casa, a chiacchierare con amici, stare con mio fratello o giocare a FIFA o Call of Duty». L’altra particolarità di Igor è che sta prendendo la patente a Firenze e ama muoversi in bici, fedele compagna di vita. «Quando ero alla Spal facevo tre chilometri di bici per andare e tornare dall’allenamento, è una passione che viene anche dalla mia infanzia. Nella mia città andavo a piedi all’allenamento, erano 4 chilometri. Non è mai stato un problema per me, vengo da una famiglia semplice».