Diciotto anni sono pochi, sono quasi niente: tutta la vita davanti, la consapevolezza di avere ancora la possibilità di sbagliare e rimediare e magari di sbagliare e rimediare di nuovo.
La leggerezza, la libertà, la spensieratezza di quell’età sono qualcosa di impagabile e inestimabilmente prezioso. Gigio, è vero, di questi privilegi tu non puoi godere, ma ne avevi uno ben più grande e raro: avevi in mano il sogno di molti e lo hai buttato via. Hai spezzato il sogno di tutti i bambini che ogni giorno si legano gli scarpini e si infilano i guantoni sperando di indossare quei colori, quella maglia che tu prima baci e poi calpesti. Il calcio vero, quello che tifiamo, è fatto di lealtà e rispetto.
Tu decidi deliberatamente, ma forse non altrettanto autonomamente, di voltare le spalle al calcio e prendere la strada di quello che calcio non è. Ma va bene così. Va bene così perché ci sono momenti in cui le maglie pesano e non tutti sono disposti ad indossarle, va bene così perché purtroppo non sei il primo e non sarai l’ultimo. Va bene così perché a sbagliare siamo noi, non tu. Sbagliamo noi che ingenuamente ancora crediamo nel calcio che vorremmo, noi che se potessimo per quei colori ci moriremmo, noi che viviamo su campi dove i tuoi milioni non arriveranno mai, noi che, memori e ormai privi delle vecchie bandiere, vi innalziamo ad eroi quando in realtà siete solo ragazzini che, come molti a quell’età, prendono decisioni sbagliate che poco dopo vorrebbero ritrattare.
Hai solo 18 anni Gigio, forse sei ancora in tempo.