«Dopo pranzo insieme a mio fratello prendiamo un bicchiere di gin e iniziamo a ricordare gli anni vissuti in Nazionale. Potremmo scrivere un libro». Nel novembre 1997, la Nazionale di Andorra era 185a nel ranking FIFA. Oggi, 26 anni dopo, è balzata al 153° posto. In questi (quasi) tre decenni, soltanto una cosa non è cambiata: la presenza in campo di Ildefons Lima, bandiera appena ritiratasi a settembre.
Lo abbiamo chiamato a poche ore dall’addio. Cos’è cambiato in questi anni? «Ai giocatori di oggi lo ripeto sempre, rispetto a quando ho esordito in Nazionale, oggi è Disneyland». Nei primi anni di Nazionale, Andorra era considerata una vera e propria squadra materasso: «Se giocavamo in Estonia, partivamo senza sapere niente, con trasferte interminabili. Oggi sai tutto degli avversari».
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«Se prendevamo una botta – prosegue Lima – mica avevamo tutti i fisioterapisti di oggi!», perché come ci ha ripetuto «non è cambiato il calcio andorrano: è cambiato il mondo». Fino ai primi anni duemila, per le Nazionali più piccole i disagi – oltre a quello tecnico – erano molti e riuscire a essere competitive era una vera e propria impresa. Ma adesso è diverso: «L’emozione più bella è stata la vittoria contro l’Ungheria nel 2017, un’impresa». Per le squadra di fascia media, non è così scontato passare ad Andorra. E poi gli avversari: «Quando ho iniziato, il più forte era Ronaldo. L’ho affrontato prima del Mondiale di Francia ’98 in amichevole, la mia prima grande partita con la Nazionale. Oggi, sicuramente Mbappé».
Si è ritirato a 44 anni, dopo aver totalizzato la striscia più lunga della storia con una Nazionale (26 anni, 81 giorni). Per 12 anni ha giocato insieme al fratello Toni, che ha esordito il suo stesso giorno: «Ho ricevuto centinaia di messaggi per il mio ritiro, da Puyol a Piqué, fino a Capdevila». Lasciare era il momento giusto: «Ho 44 anni e il recupero stava diventando difficile. Per ora non mi manca. Spero di vedere sempre più calciatori andorrani nel nostro campionato, siamo 30mila con il passaporto e devi sempre giocare per vincere, per provare il miracolo. Siamo Andorra, perdere è quasi logico». Lima per 4 anni ha giocato anche in Italia, alla Triestina: «Arrivai dal Rayo Vallecano, ma l’allenatore non mi vedeva. Chiesi di andare in Primavera, almeno non avrei perso la Nazionale. Giocai una partita con i giovani, da attaccante per una serie di motivi. E feci bene, tanto che tornai in prima squadra da centravanti accanto a Godeas. I tifosi mi stimavano perché avrei giocato ovunque».